Malattia
cronica, infiammatoria e sistemica che colpisce prevalentemente lo scheletro
assile ma che può interessare anche alcune articolazioni periferiche tra cui
anca e spalle. La sua manifestazione più caratteristica è la sacroileite. La
malattia colpisce prevalentemente soggetti maschi (3:1) e solitamente esordisce
tra i 15 e i 30 anni. L’aplotipo HLA-B27 è presente nel 90% dei pazienti. Il
decorso generalmente è lento e caratterizzato da esacerbazioni e remissioni
prolungate. L’evoluzione è molto variabile, si possono presentare forme molto
lievi quasi asintomatiche fino a forme molto gravi (rare) con anchilosi
completa della colonna.
Le
manifestazioni cliniche comprendono:
·
Manifestazioni articolari
o
Coinvolgimento assiale: il dolore lombare
è il sintomo più frequente e caratteristico. Si tratta di un dolore insidioso con
durata superiore ai 3 mesi di tipo infiammatorio (migliora con FANS e con l’esercizio
ma non con il riposo e spesso si manifesta di notte) accompagnato di sovente da
rigidità mattutina lombare e del rachide. Possono essere colpiti anche i tratti
dorsale e cervicale e, soprattutto, le articolazioni sacroiliache (il coinvolgimento
delle sacroiliache, solitamente bilaterale, si manifesta con dolore gluteo).
o
Entesite: la più frequente riguarda l’inserzione
del tendine di Achille o della fascia plantare sul calcagno. La talalgia, a volte,
può addirittura essere il primo sintomo di malattia e può provocare un dolore
tale da inficiare la deambulazione.
o
Artrite: sono colpite prevalentemente le
articolazioni degli arti inferiori in forma oligoarticolare ed asimmetrica. Spesso
sono coinvolte anche anca e spalle (le articolazioni più vicine allo scheletro
assile).
·
Manifestazioni extra-articolari
o
Uveite anteriore acuta: può precedere la
spondilite ed è la manifestazione extra-articolare più frequente. Solitamente è
unilaterale e si manifesta con dolore, fotofobia, lacrimazione e visione
offuscata. Guarisce senza lasciare esiti ed è recidivante.
o
Manifestazioni cardiovascolari: infiammazione
della radice aortica che può evolvere in insufficienza aortica.
o
Manifestazioni pleuropolmonari: fibrosi
dei lobi superiori (che può andare incontro a colonizzazione da Aspergillus).
o
Manifestazioni neurologiche: in seguito a frattura
e/o lussazione vertebrale.
o
Manifestazioni genitourinarie: prostatite
cronica, nefropatia da IgA.
o
Alterazioni infiammatorie istologiche
(subcliniche) di colon ed ileo: sono molto frequenti (30-60%) e clinicamente
non manifeste (rara è, infatti, la coesistenza di IBD).
o
Amiloidosi secondaria: rara.
La
diagnosi si basa su esame obiettivo, esami di laboratorio e radiologia.
L’esame
obiettivo in fase iniziale (le manifestazioni cliniche possono essere poco
apprezzabili inizialmente) deve essere mirato a riconoscere la presenza di
limitazione alla mobilità della colonna lombare e del torace e la presenza di
sacroileite. A tale scopo ci si può avvalere di varie manovre:
·
Valutazione della mobilità della colonna
lombare: il test di Schober si esegue con il paziente in piedi con le spalle
rivolte all’operatore, si misurano 10 cm al di sopra e 5 cm al di sotto dell’unione
sacro-lombare e si chiede al paziente di flettersi in avanti senza piegare le
ginocchia. Quando la mobilità è conservata la distanza tra i due segmenti aumenta
di più di 5 cm.
·
Valutazione dell’espansione toracica: si
misura la differenza del perimetro toracico che si constata durante l’inspirazione
e l’espirazione forzata.
·
Valutazione della sacroileite: mediante
palpazione diretta delle sacroiliache o con manovre di provocazione (es manovra
di Faber o Patrick invertita) in grado di elicitare dolore.
Gli
esami di laboratorio mostrano HLA-B27 nel 90% dei pazienti (tuttavia la sola
presenza di questo aplotipo non è sufficiente per la diagnosi). VES e PCR sono
elevate solo nel 60% dei soggetti con SA ed il liquido articolare presenta
caratteristiche infiammatorie senza alcuna peculiarità.
L’Rx
tradizionale è di grande utilità per la diagnosi nelle fasi avanzate e per il
follow-up. Mostra sacroileite (assottigliamento della rima articolare,
erosioni, sclerosi dell’osso subcondrale e formazione di ponti ossei anchilosanti)
bilaterale e spondilite (sclerosi ossea, squadratura o “squaring” delle
vertebre, rettilineizzazione della lordosi lombare, presenza di ponti ossei tra
le vertebre in senso verticale denominati sindesmofiti fino all’ossificazione
di legamenti e anchilosi delle articolazioni interapofisarie e, nelle fasi
tardive, aspetto tipico “a canna di bambù”). Nelle fasi precoci di malattia è
invece la RM a rivestire un ruolo cardine per la capacità di identificare la
presenza di edema osseo.
Per
la diagnosi definitiva (non precoce) si usano i criteri di New York modificati.
La
diagnosi differenziale deve essere posta soprattutto con l’iperostosi
anchilosante vertebrale (malattia di Forestier) che tuttavia colpisce individui
di età più avanzata (>50 anni), solitamente asintomatici senza
coinvolgimento delle sacroiliache né delle articolazioni interapofisarie. In
entrambe le malattie si sviluppano ponti ossei che possono provocare una fusione
totale della colonna vertebrale, tuttavia i ponti ossei in corso di SA (sindesmofiti)
sono più grossi ed esuberanti di quelli presenti in corso di iperostosi
anchilosante (sono presenti anche calcificazioni del legamento paraspinale anteriore
a “cera di candela sciolta”).
Per
quanto riguarda il trattamento, questo comprende:
·
Fisioterapia
e riabilitazione: un esercizio adeguato consente di mantenere la mobilità
articolare ed evitare l’atrofia muscolare. Il riposo è invece opportuno nelle
fasi di riacutizzazione.
·
Farmaci
o FANS: sono la base per il trattamento del
coinvolgimento assiale. Occorre somministrare due tipi di FANS differenti, a
dosi piene, prima di dichiarare il fallimento di questi farmaci.
o Glucocorticoidi: normalmente non sono
utilizzati perché non efficaci sul coinvolgimento assiale (si somministrano,
per via orale o intra-articolare, solo nei casi di manifestazioni periferiche
non responsive ai FANS)
o Farmaci modificatori della malattia (DMARDs):
methotrexate (MTX) e sulfasalazina (SSZ) sono inefficaci per il controllo del
coinvolgimento assiale ma possono essere utili in caso di manifestazioni
periferiche.
o Farmaci biologici: i più utilizzati sono
quelli che agiscono come anti-TNFα come infliximab, adalimumab ed etanercept. Questi
agiscono sia sul coinvolgimento periferico che su quello assiale.
·
Chirurgia:
in caso di articolazioni (solitamente l’anca) gravemente danneggiate si può ricorrere
ad artroplastica.
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