Il sistema
renina-angiotensina (renin angiotensin system, RAS) partecipa
significativamente alla fisiopatologia dell’ipertensione, dell’infarto
miocardico e della nefropatia diabetica.
Punto di partenza di questo
sistema è l’angiotensinogeno, una glicoproteina sintetizzata principalmente, ed
in maniera continua, dal fegato (ma anche dal tessuto adiposo, dal SNC e dal
rene). La sintesi di angiotensinogeno è stimolata dai processi infiammatori,
dall’angiotensina II, dagli estrogeni (durante la gravidanza, sotto l’influenza
degli estrogeni, i livelli di angiotensinogeno aumentano notevolmente),
dall’insulina, dai glucocorticoidi e dall’ormone tiroideo. L’angiotensinogeno
viene poi convertito in angiotensina I ad opera della renina e questa viene
convertita a sua volta in angiotensina II dall’enzima ACE (l’angiotensina II è
il vero mediatore attivo del sistema renina-angiotensina).
La renina è il principale
determinante della velocità di sintesi dell’angiotensina II (ATII). Si tratta
di un aspartilproteasi sintetizzata, accumulata e secreta per esocitosi dalle
cellule iuxtaglomerulari del rene. La renina viene sintetizzata sotto forma di
preproenzima, successivamente elaborato a formare prorenina. L’attivazione della
prorenina a renina può avvenire per via proteolitica (la più comune) mediante
proconvertasi I o da enzimi della catepsina B (che ne tagliano dei residui
scoprendo il sito attivo) oppure per via non proteolitica (la prorenina lega il
recettore prorenina/renina ed il legame ne determina delle modificazioni
conformazionali che espongono il sito catalitico dell’enzima). Prorenina e
renina vengono comunque entrambe rilasciate (la prorenina ha una concentrazione
ematica 10 volte superiore) in circolo (la renina ha un’emivita di 15 minuti).
Il controllo della secrezione
reninica è effettuato mediante tre meccanismi:
·
La via della
macula densa
o
La macula densa è
una struttura, adiacente alle cellule iuxtaglomerulari, costituita da cellule
epiteliali colonnari in grado di assorbire NaCl e di trasmettere segnali
chimici alle cellule iuxtaglomerulari adiacenti. In generale, l’aumentato
assorbimento di NaCl da parte delle cellule della macula densa determina uno
stimolo inibitorio diretto alle cellule iuxtaglomerulari (e conseguente
riduzione del rilascio di renina), al contrario, l’assorbimento da parte della
macula densa di una ridotta quantità di NaCl stimola la produzione reninica (la
regolazione della macula densa dipende più dalla concentrazione di Cl-
che da quella di Na+). I diuretici dell’ansa stimolano il rilascio
di renina in parte attraverso il blocco del riassorbimento di NaCl a livello
della macula densa. La via di segnale delle cellule della macula densa è
mediata sia dall’ATP (l’ATP lega il recettore purinergico P2Y sulle cellule
iuxtaglomerulari e determina un aumento di Ca2+ che provoca la
riduzione del rilascio di renina), sia dall’adenosina e dalle prostaglandine. Più
nel dettaglio:
§ NaCl viene assorbito mediante trasporto attivo con
conseguente degradazione di ATP e formazione di ADP e successivamente
adenosina. L’adenosina va ad agire su specifici recettori associati a proteine
G ed inibisce l’adenilato ciclasi. La conseguente riduzione di cAMP determina
la riduzione del rilascio di renina
§ Un basso assorbimento di NaCl determina
l’upregolazione di nNOS, la quale stimola la COX-2 inducibile (stimolata
comunque anche dal ridotto assorbimento di NaCl). La COX-2 determina quindi un’aumentata
produzione di prostaglandine che attivano la guanilato ciclasi con conseguente
aumento di cAMP e aumento del rilascio di renina (i FANS, inibendo la sintesi
di prostaglandine, riducono la sintesi di renina)
·
La via del
barocettore intrarenale
o
Aumenti o
diminuzioni della pressione arteriosa o della pressione di perfusione renale
inibiscono o stimolano, rispettivamente, il rilascio di renina (si ritiene che
il primo stimolo per la secrezione dell’enzima sia rappresentato da una minore
tensione della parete arteriosa dell’arteriola afferente). L’aumento della
pressione arteriosa infatti determina lo stiramento delle cellule dei vasi
preglomerulari con conseguente riduzione del rilascio di prostaglandine e
quindi di renina
·
La via del
recettore β-adrenergico
o
L’attivazione dei
recettori β1 delle cellule dell’apparato iuxtaglomerulare aumenta il
rilascio di renina (mediante l’aumento del cAMP). La riduzione della pressione
arteriosa infatti, fa sì che i barocettori inviino segnali a livello centrale
con conseguente aumento del rilascio di noradrenalina (anche a livello renale).
La noradrenalina attiva i recettori β adrenergici delle cellule
iuxtaglomerulari stimolandole a rilasciare renina. I simpaticolitici ad azione
centrale, come i β-bloccanti, riducono la secrezione di renina diminuendo
l’attivazione dei recettori β sulle cellule iuxtaglomerulari
A queste tre vie si
aggiungono poi i meccanismi di feedback (ACE-inibitori, bloccanti del recettore
dell’angiotensina e inibitori diretti della renina interrompono entrambi i
meccanismi di feedback), divisi in
·
Feedback negativo
a corto raggio: l’aumento della produzione di renina potenzia la formazione di
angiotensina II che stimola il sottotipo 1 dei recettori per l’angiotensina (AT1)
presenti sulle cellule dell’apparato iuxtaglomerulare al fine di inibire il
rilascio di renina (mediante l’aumento di Ca2+)
·
Feedback negativo
a lungo raggio: mediante la stimolazione di AT1, l’ATII incrementa
la pressione arteriosa, la quale inibisce il rilascio di renina in quanto
o
Attiva i
barocettori sensibili alla pressione elevata, riducendo il tono simpatico
renale
o
Determina un
aumento della pressione nei vasi preglomerulari
o
Riduce il
riassorbimento di NaCl nel tubulo prossimale determinando un aumento del carico
salino in arrivo alla macula densa
L’enzima ACE è una
glicoproteina relativamente aspecifica presente sulla membrana delle cellule
endoteliali (soprattutto dei vasi polmonari). Questo enzima è identico alla
chinasi II, l’enzima responsabile dell’inattivazione della bradichinina e di
altri potenti vasodilatatori (la somministrazione di ACE-inibitori è efficace
contro l’ipertensione in quanto, oltre a ridurre la produzione di angiotensina
II, ha una funzione vasodilatatrice, inibendo l’inattivazione di agenti
vasodilatatori come la bradichinina. La mancata inattivazione della
bradichinina è anche alla base del principale effetto collaterale degli ACE-inibitori,
la tosse).
Il gene dell’ACE contiene un
polimorfismo inserzione/delezione in corrispondenza dell’introne 16 e tale
polimorfismo è responsabile del 47% della varianza fenotipica dei livelli
sierici di ACE. L’allele di delezione, associato a livelli più elevati di ACE e
all’aumento del metabolismo della bradichinina, può conferire un aumentato
rischio di ipertensione, ipertrofia ventricolare sinistra, aterosclerosi e nefropatia.
Recentemente è stato scoperto
un nuovo enzima di conversione dell’angiotensina, denominato ACE2, che taglia
l’ATI a formare angiotensina(1-9) e l’ATII ad angiotensina(1-7). L’ATII è il
substrato preferito per l’ACE2, con un’affinità 400 volte superiore rispetto
all’ATI. Il significato fisiologico dell’ACE2 è ancora incerto; esso potrebbe
operare come meccanismo contro regolatore che si oppone agli effetti dell’ACE
(l’ACE2 non è inibita dagli ACE-inibitori e non ha effetti sulla bradichinina).
L’angiotensina II agisce su
recettori metabotropi accoppiati a proteine G: la maggior parte degli effetti
biologici conosciuti di ATII è mediata dal recettore AT1 situato in
moltissimi distretti quali vasi, cuore, rene, SNC e corticale del surrene. I
ruoli del recettore AT2 (situato a livello del fegato, SNC e
midollare del surrene) sono ancora poco conosciuti, ma potrebbero
controbilanciare gli effetti dell’attivazione del recettore AT1, e
avere quindi effetti antiproliferativi, proapoptotici, vasodilatatori e
antipertensivi. I recettori AT3 e AT4 sono ancora molto
sconosciuti.
Gli effetti principali
dell’ATII sul sistema cardiovascolare includono:
·
Risposta
pressoria rapida: un modesto aumento delle concentrazioni plasmatiche di ATII
determina un rialzo acuto della pressione (ATII è circa 40 volte più potente
della noradrenalina) a causa di vari meccanismi
o
Vasocostrizione diretta: mediata dal legame
con i recettori AT1 e conseguente aumento di Ca2+, la
vasocostrizione diretta (più marcata a livello delle arteriole precapillari che
delle venule postcapillari) è più marcata a livello renale e leggermente
inferiore nel letto vascolare splancnico. La vasocostrizione indotta da ATII è
invece notevolmente minore nei vasi cerebrali e coronarici e ancora inferiori
in quelli polmonari e della muscolatura scheletrica
o
Aumento della
trasmissione noradrenergica periferica: ATII stimola il rilascio di
noradrenalina dalle terminazioni simpatiche e ne inibisce la ricaptazione
(aumenta il tono basale noradrenergico)
o
Aumento della
risposta simpatica a livello del SNC: il SNC è influenzato sia dall’ATII di
origine plasmatica sia da quella formatasi in situ (il SNC ha tutti i
componenti per sintetizzare ATII) dove agisce come neurotrasmettitore. Oltre ad
indurre un aumento del tono simpatico, l’ATII provoca sensazione di sete e
stimola il rilascio di vasopressina dalla neuroipofisi
o
Rilascio delle
catecolamine dalla midollare del surrene: ATII agisce a livello surrenalico
stimolando il rapido rilascio di catecolamine
·
Risposta pressoria
lenta: la risposta lenta agisce alterando la funzionalità e l’emodinamica
renale ed agendo sull’attività surrenalica
o
Alterazione della
funzionalità renale: ATII aumenta il riassorbimento di Na+ e acqua e
provoca un aumento dell’escrezione di K+
o
Alterazione
dell’emodinamica renale: ATII riduce il flusso renale e la funzione escretoria
(GFR) provocando vasocostrizione diretta della muscolatura liscia vasale,
aumentando il tono simpatico renale e facilitando la trasmissione adrenergica.
Normalmente il GFR è leggermente ridotto dall’ATII; tuttavia, in caso di
ipotensione dell’arteria renale, risultano predominanti gli effetti
sull’arteriola efferente e, in questa situazione, l’ATII fa aumentare il GFR
(non usare ACE-inibitori in caso di stenosi dell’arteria renale)
o
Rilascio di
aldosterone dalla corticale surrenale: ATII stimola la sintesi e la secrezione
di aldosterone nella zona glomerulare della corticale surrenale
·
Ipertrofia e
rimodellamento cardiaco: ATII agisce a livello cardiaco mediante effetti
cellulari diretti ed effetti emodinamici
o
Effetto cellulare
diretto: ATII può determinare, agendo direttamente sulle cellule e inducendo
l’espressione di proto-oncogeni specifici (fos, jun, myc) che alterano l’espressione
di diversi fattori di crescita (FGF, TGF-β), uno stimolo alla migrazione,
proliferazione e ipertrofia delle cellule muscolari lisce vasali; un aumento
della sintesi di matrice extracellulare da parte delle cellule muscolari lisce
vasali; un’ipertrofia dei cardiomiociti ed una maggior produzione di matrice
extracellulare da parte dei fibroblasti cardiaci
o
Effetto
emodinamico: ATII agisce stimolando ipertrofia e rimodellamento cardiaco anche
attraverso alterazioni a livello del precarico (aumento della volemia dovuto a
ritenzione di Na+) e del postcarico (aumento della pressione
arteriosa)
Farmaci inibitori del sistema renina-angiotensina
I farmaci inibitori del RAS
si suddividono in tre gruppi:
·
ACE-inibitori
·
Bloccanti del
recettore dell’angiotensina (angiotensin receptor blockers, ARB)
·
Inibitori diretti
della renina (direct renin inhibitors, DRI)
ACE-inibitori
Gli ACE-inibitori agiscono
sul RAS inibendo la conversione dell’ATI in ATII da parte dell’enzima ACE
(questi farmaci non sono invece attivi sull’enzima ACE2). L’inibita produzione
di ATII riduce la pressione arteriosa e aumenta la natriuresi. Essendo l’ACE un
enzima con molteplici substrati (come già detto in precedenza, agisce
inattivando la bradichinina, un potente vasodilatatore), la sua inibizione può
indurre effetti indipendenti dalla riduzione dei livelli di ATII. Gli
ACE-inibitori, infatti, inducono anche un aumento dei livelli di bradichinina
(e quest’ultima stimola la sintesi di prostaglandine), responsabile di uno
degli effetti collaterali di questi farmaci, la tosse secca e stizzosa.
Inoltre, gli ACE-inibitori aumentano la liberazione di renina e il tasso di
formazione di ATI interferendo con i feedback, sia a breve sia a lungo raggio,
del rilascio di renina.
Il capostipite degli ACE-inibitori
è il captopril, un potente inibitore enzimatico (contenente un gruppo
sulfidrilico) con biodisponibilità molto elevata ed effetto immediato (a volte
eccessivo con rischio di ipotensione). Gli svantaggi comprendono, oltre al già
menzionato rischio ipotensivo, la breve emivita (2 ore) e la ridotta
biodisponibilità per via orale se assunto contemporaneamente all’ingestione di
cibo (va assunto un’ora prima dei pasti).
A partire dal captopril (a
sua volta sintetizzato a partire dall’evidenza che il teprotide, un veleno
isolato da vipere della famiglia delle Crotalidae, fosse in grado di ridurre la
pressione arteriosa) sono stati sintetizzati molti ACE-inibitori,
suddivisibili, in base alla struttura chimica in:
·
ACE-inibitori
contenenti un gruppo sulfidrilico à captopril, alacepril, zofenopril
·
ACE-inibitori
contenenti un gruppo carbossilico à enalapril, lisinopril, quinapril, ramipril
·
ACE-inibitori
contenenti un gruppo fosforico à fosinopril
Molti ACE-inibitori sono pro
farmaci (vengono attivati con il primo passaggio epatico) con potenza molto
inferiore rispetto ai metaboliti attivi ma biodisponibilità orale notevolmente
migliore rispetto a questi ultimi.
Ad eccezione di fosinopril e
spirapril, che sono eliminati in egual misura per via epatica e renale, gli
ACE-inibitori hanno una clearance prevalentemente renale. Per questo motivo, in
caso di nefropatia si riduce in modo significativo l’eliminazione dal plasma
della maggior parte di questi farmaci e si rende necessaria la diminuzione del
dosaggio. Un altro problema è rappresentato dai pazienti con elevati livelli di
renina circolanti, quali ad esempio pazienti con scompenso cardiaco o con
carenza di sodio; in questi pazienti la somministrazione di ACE-inibitori
induce una risposta ipotensiva maggiore e, pertanto, le dosi iniziali di questi
farmaci dovrebbero essere ridotte.
Oltre che per la struttura
chimica, questi farmaci si differenziano per potenza, biodisponibilità orale ed
emivita, come mostrato dalla tabella sottostante.
Utilizzi clinici: i farmaci
che interferiscono con il RAS svolgono un ruolo di spicco nel trattamento delle
malattie cardiovascolari, in particolare nelle situazioni di
·
Ipertensione: gli
ACE-inibitori in monoterapia sono in grado di normalizzare la pressione in
circa il 50% dei pazienti con ipertensione lieve o moderata. Il 90% dei
pazienti con ipertensione lieve o moderata può ottenere un buon controllo della
pressione con l’associazione di un ACE-inibitore e un calcio-antagonista (gli
ACE-inibitori contrastano l’aumento di ATII indotto dai calcio-antagonisti), un
β-bloccante (esercitano un effetto protettivo additivo dopo l’infarto) o un
diuretico (anche in questo caso gli ACE-inibitori contrastano la
vasocostrizione indotta dall’aumento di ATII derivante dal rilascio di renina
indotto dai diuretici). L’effetto degli ACE-inibitori sull’ipertensione è
mediato in particolare dall’inibizione del RAS tissutale (esistono sistemi, a
livello del SNC e dei reni ad esempio, che attivano localmente la renina in
modo non proteolitico, senza bisogno che questa venga rilasciata in circolo) e
vascolare, dalla riduzione del rilascio di catecolamine, dall’aumento della
sintesi di bradichinina (vasodilatatore) e dalla riduzione della sintesi di
aldosterone (e quindi riduzione della ritenzione sodica)
·
Insufficienza
cardiaca: in assenza di controindicazioni, gli ACE-inibitori dovrebbero essere
prescritti in tutti i pazienti con disfunzione sistolica ventricolare sinistra,
con o senza sintomi di scompenso. L’inibizione dell’ACE riduce il postcarico e
lo stress sistolico della parete (aumenta in questo modo sia la gittata sia
l’indice cardiaco), riduce le resistenze renovascolari (il flusso ematico
renale aumenta) e diminuisce l’eccesso di volume dei liquidi corporei (determina
quindi una riduzione del ritorno venoso alle sezioni destre del cuore). Per
questi effetti, l’utilizzo di ACE-inibitori in pazienti con disfunzione
ventricolare sinistra ritarda la progressione di malattia, riduce il rischio di
morte improvvisa ed infarto miocardico e migliora la qualità di vita
·
Infarto
miocardico acuto: a meno che non sussistano controindicazioni (ad esempio shock
cariogeno o ipotensione grave), gli ACE-inibitori dovrebbero essere
somministrati immediatamente nella fase acuta dell’infarto miocardico e possono
essere somministrati in associazione con trombo litici, aspirina e β-bloccanti
·
Diabete mellito
ed insufficienza renale: il diabete mellito è la principale causa di
insufficienza renale. Nei pazienti con diabete e/o insufficienza renale, gli
ACE-inibitori prevengono o ritardano la progressione della malattia renale
(riducono la microalbuminuria vaso dilatando in particolare l’arteriola
efferente e, quindi, riducendo la pressione glomerulare; inoltre riducono la
proliferazione delle cellule mesenchimali renali che depongono matrice)
Effetti indesiderati: in
genere gli ACE-inibitori sono ben tollerati. Effetti collaterali metabolici
sono rari nella terapia a lungo termine con questi farmaci. Tra i possibili
effetti collaterali vanno ricordati
·
Ipotensione: in
caso di reninemia elevata (pazienti con scompenso, con carenze saline o
trattati con associazioni di più farmaci antipertensivi), dopo la prima dose di
farmaco si può verificare un drammatico calo di pressione
·
Tosse: la tosse
(presente nel 5-20% dei pazienti) è causata dall’accumulo nei polmoni di
bradichinina (l’insorgenza della tosse può essere ridotta dagli antagonisti del
trombossano e dall’aspirina)
·
Iperkaliemia: è
rara
·
Insufficienza
renale acuta: l’ATII, inducendo una vasocostrizione dell’arteriola efferente,
contribuisce a mantenere una filtrazione glomerulare adeguata in caso di bassa
pressione di perfusione renale. Di conseguenza, l’inibizione dell’ACE può
provocare insufficienza renale acuta in pazienti con stenosi bilaterale delle
arterie renali, stenosi dell’arteria renale dell’unico rene presente,
insufficienza cardiaca o deplezione di volume dovuta a diarrea o diuretici
·
Potenziale
tossicità fetale: questi farmaci possono causare ipotensione fetale, pertanto,
la gravidanza rappresenta una controindicazione assoluta all’utilizzo degli
ACE-inibitori
·
Eruzioni cutanee
·
Angioedema
·
Disgeusia,
neutropenia, glicosuria, epatotossicità
·
Interazioni
farmacologiche
o
Antiacidi:
possono ridurre la biodisponibilità degli ACE-inibitori
o
Capsaicina: può
peggiorare la tosse
o
FANS: possono
ridurre la risposta antipertensiva (riducono la bradichinina)
o
Diuretici
risparmiatori di potassio: possono aggravare l’iperkaliemia
o
Digossina e
litio: tutti gli ACE-inibitori aumentano i livelli plasmatici di digossina e
litio
Antagonisti dei recettori
dell’angiotensina
Gli inibitori del recettore
dell’ATII (angiotensin II receptor blockers, ARB) legano il recettore AT1
con grande affinità (questi farmaci sono anche definiti sartani). Sebbene il
legame degli ARB al recettore AT1 sia competitivo, l’inibizione
della risposta biologica all’ATII da parte degli ARB è spesso insormontabile. Il
meccanismo dell’antagonismo insormontabile può dipendere dalla lenta cinetica
di dissociazione dei farmaci dal recettore, ma anche dall’internalizzazione del
recettore indotta dagli ARB (quando legano il recettore, il complesso ARB-AT1
viene internalizzato) e dalla presenza di siti alternativi per gli ARB sul
recettore che ne modificano la conformazione. A causa di questo legame,
comunque, i sartani possono essere somministrati una sola volta al giorno.
Gli ARB inibiscono in modo
potente e selettivo la maggior parte degli effetti biologici dell’ATII e
sembrano avere un’efficacia terapeutica simile agli ACE-inibitori. Da questi
differiscono però per alcuni aspetti, tra i quali:
·
Gli ARB riducono
l’attivazione dei recettori AT1 in modo più efficace rispetto agli
ACE-inibitori. Gli ACE-inibitori riducono la biosintesi dell’ATII provocata
dall’azione dell’ACE sull’AT1, ma non inibiscono vie alternative di
formazione dell’ATII non ACE-dipendenti
·
Al contrario
degli ACE-inibitori, gli ARB consentono l’attivazione dei recettori AT2
·
Gli ACE-inibitori
aumentano i livelli di alcuni substrati dell’ACE, inclusi la bradichinina
o
Per questo motivo
si pensava di evitare la tosse come effetto collaterale dei sartani, in realtà,
studi recenti hanno dimostrato che in alcuni casi (comunque inferiori a quelli
che si registrano somministrando ACE-inibitori) anche questi farmaci aumentano
i livelli di bradichinina. Il motivo di questo effetto è da ascrivere,
probabilmente, ad un meccanismo di feedback negativo che, dall’attivazione dei
recettori AT2 induce un blocco dell’enzima ACE
Il primo sartano sintetizzato
è stato il losartan, successivamente ne sono stati sintetizzati altri, alcuni
pro farmaci (lo stesso losartan viene per la maggior parte metabolizzato in un
composto ancora più potente) ed altri direttamente attivi, eliminati per via
renale e/o biliare (candesartan cilexetil, eprosartan, irbesartan, olmesartan
medoxomil, telmisartan, valsartan).
Utilizzi clinici: tutti gli
ARB sono stati approvati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa.
L’irbesartan e il losartan sono inoltre stati approvati per il trattamento
della nefropatia diabetica, il losartan per la porfilassi dell’ictus e il
valsartan per il trattamento dello scompenso cardiaco in pazienti clinicamente
stabili con scompenso o disfunzione ventricolare sinistra dopo infarto
miocardico. L’efficacia dei sartani nel diminuire la pressione arteriosa è
analoga a quella degli altri antipertensivi, con un favorevole profilo di
eventi avversi.
Effetti indesiderati: i
sartani sono in genere ben tollerati. A differenza degli ACE-inibitori,
l’incidenza di tosse e angioedema è molto minore. Avendo un potenziale teratogeno,
anche gli ARB andrebbero sospesi in gravidanza. A differenza degli
ACE-inibitori, gli ARB sembrano avere una maggior azione sull’arteriola
afferente e, pertanto, potrebbero essere più sicuri nel trattamento di pazienti
con ipoperfusione renale (ad esempio stenosi dell’arteria renale). Infine, i
sartani aumentano l’effetto ipotensivo degli altri agenti antipertensivi.
Inibitori diretti della
renina
Si tratta di una nuova classe
di farmaci antipertensivi che inibiscono il RAS all’origine. L’aliskiren è
l’unico farmaco di questa classe ad essere stato approvato per l’utilizzo
clinico. Questa molecola agisce come potente inibitore competitivo della
renina, in quanto si lega al sito attivo della renina (comportandosi da falso
substrato) e blocca la conversione dell’angiotensinogeno in ATI (e riduce
quindi la successiva produzione di ATII).
L’aliskiren è raccomandato in
dose singola orale di 150 o 300 mg/die, ha una bassa biodisponibilità che però
è compensata dall’elevata affinità e potenza. L’emivita è di 20-45 ore (la
lunga emivita fa sì che i suoi effetti antipertensivi permangano per diversi
giorni anche dopo l’interruzione della terapia), il legame alle proteine
plasmatiche è del 50%. È un substrato per la glicoproteina-P, il che giustifica
il suo basso assorbimento. L’assunzione di pasti ricchi di grassi diminuisce
significativamente l’assorbimento.
Usi terapeutici: è un
efficace agente antipertensivo, al pari degli altri farmaci in commercio, ben
tollerato sia in monoterapia sia in combinazione (ma non con ACE-inibitori). È
raccomandato in pazienti intolleranti verso altre terapie antipertensive.
Effetti avversi: è un farmaco
ben tollerato, con effetti indesiderati di lieve entità quali sintomi
gastrointestinali, mal di testa, vertigini, astenia, rash cutaneo ed
ipotensione. Come gli altri inibitori del RAS, l’aliskiren non deve essere
assunto in gravidanza. I livelli plasmatici di aliskiren sono aumentati da
farmaci quali il ketoconazolo, l’atorvastatina e la ciclosporina, che
inibiscono la glicoproteina-P. L’uso concomitante di aliskiren ed ACE-inibitori
è controindicato, soprattutto in pazienti diabetici o con compromissione
renale, in quanto recenti studi hanno dimostrato l’evidenza di effetti
collateralali molto gravi, quali ipotensione importante ed ictus fatale.
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