Farmacologia del sistema renina-angiotensina

Il sistema renina-angiotensina (renin angiotensin system, RAS) partecipa significativamente alla fisiopatologia dell’ipertensione, dell’infarto miocardico e della nefropatia diabetica.

Punto di partenza di questo sistema è l’angiotensinogeno, una glicoproteina sintetizzata principalmente, ed in maniera continua, dal fegato (ma anche dal tessuto adiposo, dal SNC e dal rene). La sintesi di angiotensinogeno è stimolata dai processi infiammatori, dall’angiotensina II, dagli estrogeni (durante la gravidanza, sotto l’influenza degli estrogeni, i livelli di angiotensinogeno aumentano notevolmente), dall’insulina, dai glucocorticoidi e dall’ormone tiroideo. L’angiotensinogeno viene poi convertito in angiotensina I ad opera della renina e questa viene convertita a sua volta in angiotensina II dall’enzima ACE (l’angiotensina II è il vero mediatore attivo del sistema renina-angiotensina).

La renina è il principale determinante della velocità di sintesi dell’angiotensina II (ATII). Si tratta di un aspartilproteasi sintetizzata, accumulata e secreta per esocitosi dalle cellule iuxtaglomerulari del rene. La renina viene sintetizzata sotto forma di preproenzima, successivamente elaborato a formare prorenina. L’attivazione della prorenina a renina può avvenire per via proteolitica (la più comune) mediante proconvertasi I o da enzimi della catepsina B (che ne tagliano dei residui scoprendo il sito attivo) oppure per via non proteolitica (la prorenina lega il recettore prorenina/renina ed il legame ne determina delle modificazioni conformazionali che espongono il sito catalitico dell’enzima). Prorenina e renina vengono comunque entrambe rilasciate (la prorenina ha una concentrazione ematica 10 volte superiore) in circolo (la renina ha un’emivita di 15 minuti).
Il controllo della secrezione reninica è effettuato mediante tre meccanismi:
·         La via della macula densa
o   La macula densa è una struttura, adiacente alle cellule iuxtaglomerulari, costituita da cellule epiteliali colonnari in grado di assorbire NaCl e di trasmettere segnali chimici alle cellule iuxtaglomerulari adiacenti. In generale, l’aumentato assorbimento di NaCl da parte delle cellule della macula densa determina uno stimolo inibitorio diretto alle cellule iuxtaglomerulari (e conseguente riduzione del rilascio di renina), al contrario, l’assorbimento da parte della macula densa di una ridotta quantità di NaCl stimola la produzione reninica (la regolazione della macula densa dipende più dalla concentrazione di Cl- che da quella di Na+). I diuretici dell’ansa stimolano il rilascio di renina in parte attraverso il blocco del riassorbimento di NaCl a livello della macula densa. La via di segnale delle cellule della macula densa è mediata sia dall’ATP (l’ATP lega il recettore purinergico P2Y sulle cellule iuxtaglomerulari e determina un aumento di Ca2+ che provoca la riduzione del rilascio di renina), sia dall’adenosina e dalle prostaglandine. Più nel dettaglio:
§  NaCl viene assorbito mediante trasporto attivo con conseguente degradazione di ATP e formazione di ADP e successivamente adenosina. L’adenosina va ad agire su specifici recettori associati a proteine G ed inibisce l’adenilato ciclasi. La conseguente riduzione di cAMP determina la riduzione del rilascio di renina
§  Un basso assorbimento di NaCl determina l’upregolazione di nNOS, la quale stimola la COX-2 inducibile (stimolata comunque anche dal ridotto assorbimento di NaCl). La COX-2 determina quindi un’aumentata produzione di prostaglandine che attivano la guanilato ciclasi con conseguente aumento di cAMP e aumento del rilascio di renina (i FANS, inibendo la sintesi di prostaglandine, riducono la sintesi di renina)
·         La via del barocettore intrarenale
o   Aumenti o diminuzioni della pressione arteriosa o della pressione di perfusione renale inibiscono o stimolano, rispettivamente, il rilascio di renina (si ritiene che il primo stimolo per la secrezione dell’enzima sia rappresentato da una minore tensione della parete arteriosa dell’arteriola afferente). L’aumento della pressione arteriosa infatti determina lo stiramento delle cellule dei vasi preglomerulari con conseguente riduzione del rilascio di prostaglandine e quindi di renina 
·         La via del recettore β-adrenergico
o   L’attivazione dei recettori β1 delle cellule dell’apparato iuxtaglomerulare aumenta il rilascio di renina (mediante l’aumento del cAMP). La riduzione della pressione arteriosa infatti, fa sì che i barocettori inviino segnali a livello centrale con conseguente aumento del rilascio di noradrenalina (anche a livello renale). La noradrenalina attiva i recettori β adrenergici delle cellule iuxtaglomerulari stimolandole a rilasciare renina. I simpaticolitici ad azione centrale, come i β-bloccanti, riducono la secrezione di renina diminuendo l’attivazione dei recettori β sulle cellule iuxtaglomerulari
A queste tre vie si aggiungono poi i meccanismi di feedback (ACE-inibitori, bloccanti del recettore dell’angiotensina e inibitori diretti della renina interrompono entrambi i meccanismi di feedback), divisi in
·         Feedback negativo a corto raggio: l’aumento della produzione di renina potenzia la formazione di angiotensina II che stimola il sottotipo 1 dei recettori per l’angiotensina (AT1) presenti sulle cellule dell’apparato iuxtaglomerulare al fine di inibire il rilascio di renina (mediante l’aumento di Ca2+)
·         Feedback negativo a lungo raggio: mediante la stimolazione di AT1, l’ATII incrementa la pressione arteriosa, la quale inibisce il rilascio di renina in quanto
o   Attiva i barocettori sensibili alla pressione elevata, riducendo il tono simpatico renale
o   Determina un aumento della pressione nei vasi preglomerulari
o   Riduce il riassorbimento di NaCl nel tubulo prossimale determinando un aumento del carico salino in arrivo alla macula densa

L’enzima ACE è una glicoproteina relativamente aspecifica presente sulla membrana delle cellule endoteliali (soprattutto dei vasi polmonari). Questo enzima è identico alla chinasi II, l’enzima responsabile dell’inattivazione della bradichinina e di altri potenti vasodilatatori (la somministrazione di ACE-inibitori è efficace contro l’ipertensione in quanto, oltre a ridurre la produzione di angiotensina II, ha una funzione vasodilatatrice, inibendo l’inattivazione di agenti vasodilatatori come la bradichinina. La mancata inattivazione della bradichinina è anche alla base del principale effetto collaterale degli ACE-inibitori, la tosse).
Il gene dell’ACE contiene un polimorfismo inserzione/delezione in corrispondenza dell’introne 16 e tale polimorfismo è responsabile del 47% della varianza fenotipica dei livelli sierici di ACE. L’allele di delezione, associato a livelli più elevati di ACE e all’aumento del metabolismo della bradichinina, può conferire un aumentato rischio di ipertensione, ipertrofia ventricolare sinistra, aterosclerosi e nefropatia.
Recentemente è stato scoperto un nuovo enzima di conversione dell’angiotensina, denominato ACE2, che taglia l’ATI a formare angiotensina(1-9) e l’ATII ad angiotensina(1-7). L’ATII è il substrato preferito per l’ACE2, con un’affinità 400 volte superiore rispetto all’ATI. Il significato fisiologico dell’ACE2 è ancora incerto; esso potrebbe operare come meccanismo contro regolatore che si oppone agli effetti dell’ACE (l’ACE2 non è inibita dagli ACE-inibitori e non ha effetti sulla bradichinina).

L’angiotensina II agisce su recettori metabotropi accoppiati a proteine G: la maggior parte degli effetti biologici conosciuti di ATII è mediata dal recettore AT1 situato in moltissimi distretti quali vasi, cuore, rene, SNC e corticale del surrene. I ruoli del recettore AT2 (situato a livello del fegato, SNC e midollare del surrene) sono ancora poco conosciuti, ma potrebbero controbilanciare gli effetti dell’attivazione del recettore AT1, e avere quindi effetti antiproliferativi, proapoptotici, vasodilatatori e antipertensivi. I recettori AT3 e AT4 sono ancora molto sconosciuti.
Gli effetti principali dell’ATII sul sistema cardiovascolare includono:
·         Risposta pressoria rapida: un modesto aumento delle concentrazioni plasmatiche di ATII determina un rialzo acuto della pressione (ATII è circa 40 volte più potente della noradrenalina) a causa di vari meccanismi
o    Vasocostrizione diretta: mediata dal legame con i recettori AT1 e conseguente aumento di Ca2+, la vasocostrizione diretta (più marcata a livello delle arteriole precapillari che delle venule postcapillari) è più marcata a livello renale e leggermente inferiore nel letto vascolare splancnico. La vasocostrizione indotta da ATII è invece notevolmente minore nei vasi cerebrali e coronarici e ancora inferiori in quelli polmonari e della muscolatura scheletrica
o   Aumento della trasmissione noradrenergica periferica: ATII stimola il rilascio di noradrenalina dalle terminazioni simpatiche e ne inibisce la ricaptazione (aumenta il tono basale noradrenergico)
o   Aumento della risposta simpatica a livello del SNC: il SNC è influenzato sia dall’ATII di origine plasmatica sia da quella formatasi in situ (il SNC ha tutti i componenti per sintetizzare ATII) dove agisce come neurotrasmettitore. Oltre ad indurre un aumento del tono simpatico, l’ATII provoca sensazione di sete e stimola il rilascio di vasopressina dalla neuroipofisi
o   Rilascio delle catecolamine dalla midollare del surrene: ATII agisce a livello surrenalico stimolando il rapido rilascio di catecolamine
·         Risposta pressoria lenta: la risposta lenta agisce alterando la funzionalità e l’emodinamica renale ed agendo sull’attività surrenalica
o   Alterazione della funzionalità renale: ATII aumenta il riassorbimento di Na+ e acqua e provoca un aumento dell’escrezione di K+
o   Alterazione dell’emodinamica renale: ATII riduce il flusso renale e la funzione escretoria (GFR) provocando vasocostrizione diretta della muscolatura liscia vasale, aumentando il tono simpatico renale e facilitando la trasmissione adrenergica. Normalmente il GFR è leggermente ridotto dall’ATII; tuttavia, in caso di ipotensione dell’arteria renale, risultano predominanti gli effetti sull’arteriola efferente e, in questa situazione, l’ATII fa aumentare il GFR (non usare ACE-inibitori in caso di stenosi dell’arteria renale)
o   Rilascio di aldosterone dalla corticale surrenale: ATII stimola la sintesi e la secrezione di aldosterone nella zona glomerulare della corticale surrenale
·         Ipertrofia e rimodellamento cardiaco: ATII agisce a livello cardiaco mediante effetti cellulari diretti ed effetti emodinamici
o   Effetto cellulare diretto: ATII può determinare, agendo direttamente sulle cellule e inducendo l’espressione di proto-oncogeni specifici (fos, jun, myc) che alterano l’espressione di diversi fattori di crescita (FGF, TGF-β), uno stimolo alla migrazione, proliferazione e ipertrofia delle cellule muscolari lisce vasali; un aumento della sintesi di matrice extracellulare da parte delle cellule muscolari lisce vasali; un’ipertrofia dei cardiomiociti ed una maggior produzione di matrice extracellulare da parte dei fibroblasti cardiaci
o   Effetto emodinamico: ATII agisce stimolando ipertrofia e rimodellamento cardiaco anche attraverso alterazioni a livello del precarico (aumento della volemia dovuto a ritenzione di Na+) e del postcarico (aumento della pressione arteriosa)



Farmaci inibitori del sistema renina-angiotensina
I farmaci inibitori del RAS si suddividono in tre gruppi:
·         ACE-inibitori
·         Bloccanti del recettore dell’angiotensina (angiotensin receptor blockers, ARB)
·         Inibitori diretti della renina (direct renin inhibitors, DRI)


ACE-inibitori
Gli ACE-inibitori agiscono sul RAS inibendo la conversione dell’ATI in ATII da parte dell’enzima ACE (questi farmaci non sono invece attivi sull’enzima ACE2). L’inibita produzione di ATII riduce la pressione arteriosa e aumenta la natriuresi. Essendo l’ACE un enzima con molteplici substrati (come già detto in precedenza, agisce inattivando la bradichinina, un potente vasodilatatore), la sua inibizione può indurre effetti indipendenti dalla riduzione dei livelli di ATII. Gli ACE-inibitori, infatti, inducono anche un aumento dei livelli di bradichinina (e quest’ultima stimola la sintesi di prostaglandine), responsabile di uno degli effetti collaterali di questi farmaci, la tosse secca e stizzosa. Inoltre, gli ACE-inibitori aumentano la liberazione di renina e il tasso di formazione di ATI interferendo con i feedback, sia a breve sia a lungo raggio, del rilascio di renina.
Il capostipite degli ACE-inibitori è il captopril, un potente inibitore enzimatico (contenente un gruppo sulfidrilico) con biodisponibilità molto elevata ed effetto immediato (a volte eccessivo con rischio di ipotensione). Gli svantaggi comprendono, oltre al già menzionato rischio ipotensivo, la breve emivita (2 ore) e la ridotta biodisponibilità per via orale se assunto contemporaneamente all’ingestione di cibo (va assunto un’ora prima dei pasti).
A partire dal captopril (a sua volta sintetizzato a partire dall’evidenza che il teprotide, un veleno isolato da vipere della famiglia delle Crotalidae, fosse in grado di ridurre la pressione arteriosa) sono stati sintetizzati molti ACE-inibitori, suddivisibili, in base alla struttura chimica in:
·         ACE-inibitori contenenti un gruppo sulfidrilico à captopril, alacepril, zofenopril
·         ACE-inibitori contenenti un gruppo carbossilico à enalapril, lisinopril, quinapril, ramipril
·         ACE-inibitori contenenti un gruppo fosforico à fosinopril
Molti ACE-inibitori sono pro farmaci (vengono attivati con il primo passaggio epatico) con potenza molto inferiore rispetto ai metaboliti attivi ma biodisponibilità orale notevolmente migliore rispetto a questi ultimi.
Ad eccezione di fosinopril e spirapril, che sono eliminati in egual misura per via epatica e renale, gli ACE-inibitori hanno una clearance prevalentemente renale. Per questo motivo, in caso di nefropatia si riduce in modo significativo l’eliminazione dal plasma della maggior parte di questi farmaci e si rende necessaria la diminuzione del dosaggio. Un altro problema è rappresentato dai pazienti con elevati livelli di renina circolanti, quali ad esempio pazienti con scompenso cardiaco o con carenza di sodio; in questi pazienti la somministrazione di ACE-inibitori induce una risposta ipotensiva maggiore e, pertanto, le dosi iniziali di questi farmaci dovrebbero essere ridotte.
Oltre che per la struttura chimica, questi farmaci si differenziano per potenza, biodisponibilità orale ed emivita, come mostrato dalla tabella sottostante.

Utilizzi clinici: i farmaci che interferiscono con il RAS svolgono un ruolo di spicco nel trattamento delle malattie cardiovascolari, in particolare nelle situazioni di
·         Ipertensione: gli ACE-inibitori in monoterapia sono in grado di normalizzare la pressione in circa il 50% dei pazienti con ipertensione lieve o moderata. Il 90% dei pazienti con ipertensione lieve o moderata può ottenere un buon controllo della pressione con l’associazione di un ACE-inibitore e un calcio-antagonista (gli ACE-inibitori contrastano l’aumento di ATII indotto dai calcio-antagonisti), un β-bloccante (esercitano un effetto protettivo additivo dopo l’infarto) o un diuretico (anche in questo caso gli ACE-inibitori contrastano la vasocostrizione indotta dall’aumento di ATII derivante dal rilascio di renina indotto dai diuretici). L’effetto degli ACE-inibitori sull’ipertensione è mediato in particolare dall’inibizione del RAS tissutale (esistono sistemi, a livello del SNC e dei reni ad esempio, che attivano localmente la renina in modo non proteolitico, senza bisogno che questa venga rilasciata in circolo) e vascolare, dalla riduzione del rilascio di catecolamine, dall’aumento della sintesi di bradichinina (vasodilatatore) e dalla riduzione della sintesi di aldosterone (e quindi riduzione della ritenzione sodica)
·         Insufficienza cardiaca: in assenza di controindicazioni, gli ACE-inibitori dovrebbero essere prescritti in tutti i pazienti con disfunzione sistolica ventricolare sinistra, con o senza sintomi di scompenso. L’inibizione dell’ACE riduce il postcarico e lo stress sistolico della parete (aumenta in questo modo sia la gittata sia l’indice cardiaco), riduce le resistenze renovascolari (il flusso ematico renale aumenta) e diminuisce l’eccesso di volume dei liquidi corporei (determina quindi una riduzione del ritorno venoso alle sezioni destre del cuore). Per questi effetti, l’utilizzo di ACE-inibitori in pazienti con disfunzione ventricolare sinistra ritarda la progressione di malattia, riduce il rischio di morte improvvisa ed infarto miocardico e migliora la qualità di vita
·         Infarto miocardico acuto: a meno che non sussistano controindicazioni (ad esempio shock cariogeno o ipotensione grave), gli ACE-inibitori dovrebbero essere somministrati immediatamente nella fase acuta dell’infarto miocardico e possono essere somministrati in associazione con trombo litici, aspirina e β-bloccanti
·         Diabete mellito ed insufficienza renale: il diabete mellito è la principale causa di insufficienza renale. Nei pazienti con diabete e/o insufficienza renale, gli ACE-inibitori prevengono o ritardano la progressione della malattia renale (riducono la microalbuminuria vaso dilatando in particolare l’arteriola efferente e, quindi, riducendo la pressione glomerulare; inoltre riducono la proliferazione delle cellule mesenchimali renali che depongono matrice)

Effetti indesiderati: in genere gli ACE-inibitori sono ben tollerati. Effetti collaterali metabolici sono rari nella terapia a lungo termine con questi farmaci. Tra i possibili effetti collaterali vanno ricordati
·         Ipotensione: in caso di reninemia elevata (pazienti con scompenso, con carenze saline o trattati con associazioni di più farmaci antipertensivi), dopo la prima dose di farmaco si può verificare un drammatico calo di pressione
·         Tosse: la tosse (presente nel 5-20% dei pazienti) è causata dall’accumulo nei polmoni di bradichinina (l’insorgenza della tosse può essere ridotta dagli antagonisti del trombossano e dall’aspirina)
·         Iperkaliemia: è rara
·         Insufficienza renale acuta: l’ATII, inducendo una vasocostrizione dell’arteriola efferente, contribuisce a mantenere una filtrazione glomerulare adeguata in caso di bassa pressione di perfusione renale. Di conseguenza, l’inibizione dell’ACE può provocare insufficienza renale acuta in pazienti con stenosi bilaterale delle arterie renali, stenosi dell’arteria renale dell’unico rene presente, insufficienza cardiaca o deplezione di volume dovuta a diarrea o diuretici
·         Potenziale tossicità fetale: questi farmaci possono causare ipotensione fetale, pertanto, la gravidanza rappresenta una controindicazione assoluta all’utilizzo degli ACE-inibitori
·         Eruzioni cutanee
·         Angioedema
·         Disgeusia, neutropenia, glicosuria, epatotossicità
·         Interazioni farmacologiche
o   Antiacidi: possono ridurre la biodisponibilità degli ACE-inibitori
o   Capsaicina: può peggiorare la tosse
o   FANS: possono ridurre la risposta antipertensiva (riducono la bradichinina)
o   Diuretici risparmiatori di potassio: possono aggravare l’iperkaliemia
o   Digossina e litio: tutti gli ACE-inibitori aumentano i livelli plasmatici di digossina e litio


Antagonisti dei recettori dell’angiotensina
Gli inibitori del recettore dell’ATII (angiotensin II receptor blockers, ARB) legano il recettore AT1 con grande affinità (questi farmaci sono anche definiti sartani). Sebbene il legame degli ARB al recettore AT1 sia competitivo, l’inibizione della risposta biologica all’ATII da parte degli ARB è spesso insormontabile. Il meccanismo dell’antagonismo insormontabile può dipendere dalla lenta cinetica di dissociazione dei farmaci dal recettore, ma anche dall’internalizzazione del recettore indotta dagli ARB (quando legano il recettore, il complesso ARB-AT1 viene internalizzato) e dalla presenza di siti alternativi per gli ARB sul recettore che ne modificano la conformazione. A causa di questo legame, comunque, i sartani possono essere somministrati una sola volta al giorno.
Gli ARB inibiscono in modo potente e selettivo la maggior parte degli effetti biologici dell’ATII e sembrano avere un’efficacia terapeutica simile agli ACE-inibitori. Da questi differiscono però per alcuni aspetti, tra i quali:
·         Gli ARB riducono l’attivazione dei recettori AT1 in modo più efficace rispetto agli ACE-inibitori. Gli ACE-inibitori riducono la biosintesi dell’ATII provocata dall’azione dell’ACE sull’AT1, ma non inibiscono vie alternative di formazione dell’ATII non ACE-dipendenti
·         Al contrario degli ACE-inibitori, gli ARB consentono l’attivazione dei recettori AT2
·         Gli ACE-inibitori aumentano i livelli di alcuni substrati dell’ACE, inclusi la bradichinina
o   Per questo motivo si pensava di evitare la tosse come effetto collaterale dei sartani, in realtà, studi recenti hanno dimostrato che in alcuni casi (comunque inferiori a quelli che si registrano somministrando ACE-inibitori) anche questi farmaci aumentano i livelli di bradichinina. Il motivo di questo effetto è da ascrivere, probabilmente, ad un meccanismo di feedback negativo che, dall’attivazione dei recettori AT2 induce un blocco dell’enzima ACE
Il primo sartano sintetizzato è stato il losartan, successivamente ne sono stati sintetizzati altri, alcuni pro farmaci (lo stesso losartan viene per la maggior parte metabolizzato in un composto ancora più potente) ed altri direttamente attivi, eliminati per via renale e/o biliare (candesartan cilexetil, eprosartan, irbesartan, olmesartan medoxomil, telmisartan, valsartan).

Utilizzi clinici: tutti gli ARB sono stati approvati per il trattamento dell’ipertensione arteriosa. L’irbesartan e il losartan sono inoltre stati approvati per il trattamento della nefropatia diabetica, il losartan per la porfilassi dell’ictus e il valsartan per il trattamento dello scompenso cardiaco in pazienti clinicamente stabili con scompenso o disfunzione ventricolare sinistra dopo infarto miocardico. L’efficacia dei sartani nel diminuire la pressione arteriosa è analoga a quella degli altri antipertensivi, con un favorevole profilo di eventi avversi.

Effetti indesiderati: i sartani sono in genere ben tollerati. A differenza degli ACE-inibitori, l’incidenza di tosse e angioedema è molto minore. Avendo un potenziale teratogeno, anche gli ARB andrebbero sospesi in gravidanza. A differenza degli ACE-inibitori, gli ARB sembrano avere una maggior azione sull’arteriola afferente e, pertanto, potrebbero essere più sicuri nel trattamento di pazienti con ipoperfusione renale (ad esempio stenosi dell’arteria renale). Infine, i sartani aumentano l’effetto ipotensivo degli altri agenti antipertensivi.


Inibitori diretti della renina
Si tratta di una nuova classe di farmaci antipertensivi che inibiscono il RAS all’origine. L’aliskiren è l’unico farmaco di questa classe ad essere stato approvato per l’utilizzo clinico. Questa molecola agisce come potente inibitore competitivo della renina, in quanto si lega al sito attivo della renina (comportandosi da falso substrato) e blocca la conversione dell’angiotensinogeno in ATI (e riduce quindi la successiva produzione di ATII).
L’aliskiren è raccomandato in dose singola orale di 150 o 300 mg/die, ha una bassa biodisponibilità che però è compensata dall’elevata affinità e potenza. L’emivita è di 20-45 ore (la lunga emivita fa sì che i suoi effetti antipertensivi permangano per diversi giorni anche dopo l’interruzione della terapia), il legame alle proteine plasmatiche è del 50%. È un substrato per la glicoproteina-P, il che giustifica il suo basso assorbimento. L’assunzione di pasti ricchi di grassi diminuisce significativamente l’assorbimento.

Usi terapeutici: è un efficace agente antipertensivo, al pari degli altri farmaci in commercio, ben tollerato sia in monoterapia sia in combinazione (ma non con ACE-inibitori). È raccomandato in pazienti intolleranti verso altre terapie antipertensive.

Effetti avversi: è un farmaco ben tollerato, con effetti indesiderati di lieve entità quali sintomi gastrointestinali, mal di testa, vertigini, astenia, rash cutaneo ed ipotensione. Come gli altri inibitori del RAS, l’aliskiren non deve essere assunto in gravidanza. I livelli plasmatici di aliskiren sono aumentati da farmaci quali il ketoconazolo, l’atorvastatina e la ciclosporina, che inibiscono la glicoproteina-P. L’uso concomitante di aliskiren ed ACE-inibitori è controindicato, soprattutto in pazienti diabetici o con compromissione renale, in quanto recenti studi hanno dimostrato l’evidenza di effetti collateralali molto gravi, quali ipotensione importante ed ictus fatale.  

Nessun commento:

Posta un commento

Post in evidenza

Fratture malleolari

  Le fratture malleolari possono interessare in modo isolato il malleolo peroneale o quello tibiale (fratture monomalleolari), ambedue conte...