Interazione farmaco-recettore

Per farmaco si intende ogni sostanza capace di provocare in un organismo modificazioni funzionali mediante un’azione chimica o fisica. I farmaci, nella gran parte dei casi, agiscono legandosi a recettori (anche se non sempre, ad esempio l’acqua ossigenata ha proprietà antibatteriche in quanto promuove la formazione di ROS). Un farmaco quindi non crea un effetto, ma modula una funzione preesistente alterando lo stato funzionale del suo recettore. Per recettore si intende qualsiasi molecola la cui funzionalità è modificata dall’interazione con un farmaco.

Per molti farmaci, quindi, l’attività biologica è dovuta alla formazione di un complesso con i loro recettori:
R+X=RX
(dove R sta per recettore ed X per farmaco)

L’interazione tra farmaco e recettore è generalmente mediata da legami chimici deboli (legami ionici, ponti idrogeno, attrazioni di van der Waals, interazioni idrofobiche). Perché il legame consenta di generare un effetto biologico, è necessario che 
·         Il numero di legami a bassa energia sia relativamente elevato (un numero estremamente elevato di legami determina la formazione di legami irreversibili, come ad esempio quello tra l’alfa-bungarotossina di cobra ed il recettore nicotinico per l’acetilcolina)
·         Le superfici di farmaco e molecola siano complementari (ed il sito di legame recettoriale sia esposto)
o   Bisogna ricordare però che il farmaco può riconoscere superfici molecolari complementari presenti su macromolecole diverse dal suo “recettore” principale. È questo il caso ad esempio dei broncodilatatori β2 agonisti, i quali sono in grado di legarsi ai recettori β2 presenti a livello della muscolatura bronchiale ma anche, a dosi più elevate, ai recettori β1 adrenergici presenti nel tessuto cardiaco. Questo fenomeno è spiegato dal fatto che la complementarietà del farmaco è massima per i recettori β2 e solo parziale per i β1 (per aumentare la probabilità di interazione farmaco-recettore, in questo secondo caso, sarà necessario quindi aumentare la concentrazione del farmaco). La selettività di un farmaco quindi, è funzione non solo della complementarietà farmaco-recettore, ma anche dalla concentrazione del farmaco stesso

I principali parametri che caratterizzano l’interazione di un farmaco con i suoi siti di legame sono
·         Costante di dissociazione à risulta dal rapporto tra le concentrazioni di recettore e farmaco liberi all’equilibrio e la concentrazione del complesso farmaco-recettore all’equilibrio; è quindi indice dell’affinità di un farmaco per il suo recettore (è inversamente correlata all’affinità del ligando per il recettore: tanto più è alta Kd tanto minore sarà la probabilità che il farmaco risulti legato al proprio sito recettoriale)
o   Kd= [R] [X]/[RX] = 1/Ka
·         Densità dei siti di legame à generalmente indicata con Bmax o RT, per densità dei siti si intende il numero massimo di siti di legame presenti per cellula
·         Costanti cinetiche à sono le costanti di velocità della reazione diretta (formazione del complesso), Kon, e inversa (scissione del complesso), Koff, per cui vale la relazione
o   Koff/Kon=Kd

La relazione tra concentrazione di farmaco e complesso farmaco-recettore è simile all’equazione di Michaelis-Menten (che descrive l’interazione enzima-substrato):
B= [X] Bmax/Kd+Z
La concentrazione di farmaco legato al recettore (B=[RX]) dipende direttamente dal numero massimo di recettori (Bmax) e dalla concentrazione di farmaco ([X]) ed inversamente dalla costante di dissociazione (quanto il farmaco è in grado di legare il recettore) corretta per un coefficiente (Z). Graficamente, l’isoterma di legame (o isoterma di Langmuir), è esprimibile in scala semilogaritmica come segue:

L’andamento sigmoidale è indicativo del fatto che, oltre una certa concentrazione di farmaco, ad un aumento di concentrazione non corrisponde un aumento dell’effetto del farmaco stesso, in quanto si è raggiunto il livello di saturazione di tutti i recettori. L’isoterma di legame e le sue trasformazioni lineari permettono di ricavare i parametri dell’interazione farmaco-recettore.

Quanto detto finora è valido nel caso in cui il ligando in esame interagisca con un solo recettore. In presenza di sottotipi recettoriali multipli che differiscano tra loro per affinità e/o per numero, le curve di interazione farmaco-recettore risultano modificate. Inoltre farmaci diversi possono competere per il legame a uno stesso recettore: la competizione determina uno spostamento delle curve di legame e quindi una riduzione apparente dell’affinità.

La relazione fra concentrazione di un farmaco e il grado di risposta ottenuto prende il nome di curva concentrazione-risposta. Quando la sperimentazione è condotta in vivo, l’effetto è messo in relazione con la dose di farmaco somministrata e la relativa curva è chiamata curva dose-risposta. Le risposte farmacologiche possono essere graduali e misurabili in continuo (ad esempio l’aumento di pressione sanguigna); non classificabili in continuo ma ordinabili con uno score o uno stage (ad esempio il grado di dolore) oppure di tipo tutto o nulla (ad esempio morte o remissione completa di malattia).
Sulla base della curva dose-risposta si possono definire alcuni parametri fondamentali
·         Potenza à la potenza di un farmaco è definita sulla base della dose necessaria per ottenere un determinato effetto: più una curva è situata a sinistra sull’asse delle ascisse, più potente è il farmaco a cui la curva si riferisce. Questo parametro influenza quindi la dose necessaria per ottenere un determinato effetto, fattore da tenere in considerazione ad esempio in pazienti sottoposti a politerapia (in questi casi può essere consigliato preferire un farmaco potente in modo da minimizzare la dose somministrata). Per convenzione si assume come valore di paragone della potenza quella concentrazione di farmaco che genera un effetto pari al 50% dell’effetto massimo (effective concentration 50, EC50) o, in caso di somministrazione in vivo, quella dose che produce il 50% dell’effetto massimo (effective dose 50, ED50)
·         Efficacia à l’efficacia di un farmaco è definita sulla base dell’entità massima dell’effetto che il farmaco può indurre
Potenza ed efficacia non sono quindi termini intercambiabili, al contrario è molto importante ricordarne le differenze. Un esempio utile è rappresentato dai diuretici: i diuretici tiazidici sono i più potenti (attivi a basse concentrazioni); i diuretici dell’ansa (furosemide) sono invece i più efficaci (dotati dell’effetto diuretico massimo).

Agonisti, antagonisti e modulatori
È definito agonista un farmaco che si lega ad un recettore in modo tale da generare una risposta biologica.
Un antagonista recettoriale è definito come un farmaco che legandosi ad un recettore inibisce (parzialmente o completamente a seconda della concentrazione) l’effetto di un agonista che agisca attraverso lo stesso recettore.
Altri tipi di antagonisti (che tuttavia non sono definibili come antagonisti in senso stretto) sono gli antagonisti funzionali, a loro volta divisi in fisiologici (un antagonista funzionale fisiologico consiste in un agonista che produce un effetto contrario a quello di un altro farmaco e quindi ne inibisce l’azione pur non interagendo con lo stesso recettore) ed indiretti (un antagonista funzionale indiretto consiste in un inibitore di una molecola intermedia tra il recettore e il suo effetto finale).
Sullo stesso recettore possono coesistere più siti di legame: quello ortosterico è il sito occupato dall’agonista endogeno, qualsiasi altro sito è invece definito allosterico. Se il legame tra agonista e antagonista è mutualmente esclusivo, l’antagonismo è competitivo. Gli antagonisti competitivi possono produrre un effetto reversibile o irreversibile; nel primo caso sarà modificata la potenza del farmaco agonista ma non la sua efficacia (la curva dose-risposta viene spostata parallelamente verso destra), nel secondo caso invece sarà modificata l’efficacia del farmaco agonista ma non la sua potenza (la curva dose-risposta viene depressa ma non traslata).
I farmaci possono anche legarsi a siti allosterici ed essere quindi definiti modulatori allosterici. I modulatori allosterici vengono a loro volta divisi in antagonisti allosterici (possono agire come gli antagonisti competitivi irreversibili, deprimendo la curva dose-risposta, oppure possono determinare una traslazione e contemporanea depressione della curva, riducendo quindi sia la potenza che l’efficacia del farmaco), potenziatori allosterici (aumentano l’affinità e/o l’efficacia di un farmaco ortosterico) ed agonisti o attivatori allosterici (attivano il recettore da soli, senza la necessità di un legame agonista-recettore ortosterico, legandosi a un sito allosterico).
Nella maggioranza dei casi tuttavia, i farmaci sono agonisti parziali, ossia possiedono caratteristiche intermedie tra quelle di un agonista e quelle di un antagonista.
Agonisti, antagonisti ed agonisti parziali sono definibili anche sulla base della cosiddetta attività intrinseca: si definisce attività intrinseca (α) la capacità del farmaco di dare inizio alla risposta biologica, una volta che esso si sia legato al recettore. L’attività intrinseca può assumere valori compresi fra 0 e 1; più precisamente, per un agonista α=1; per un antagonista α=0 e per un agonista parziale 0<α<1. Quando tutti i recettori presenti sono occupati da un agonista parziale si ottiene un effetto Δ=αΔmax.

In realtà si verifica spesso il caso in cui la curva dose-risposta si trova a sinistra della curva di interazione farmaco-recettore (ovvero la concentrazione alla quale si raggiunge la metà dell’effetto è minore della concentrazione alla quale risulta legata metà della dose di farmaco somministrato; EC50<Kd). Esistono diverse possibilità per spiegare il fatto che la curva dose-risposta sia a sinistra della curva di binding, una di queste è la presenza di un sistema di amplificazione a cascata.

Secondo la teoria classica, il complesso farmaco-recettore (RX) è l’unica entità in grado di generare una risposta biologica. Agli inizi degli anni ’90 tuttavia, sono stati scoperti recettori (soprattutto accoppiati a proteine G) in grado di generare la risposta anche in assenza di ligando; i recettori costitutivamente attivi. Secondo la teoria dell’attivazione costitutiva, i recettori esistono naturalmente in almeno due stati possibili, R (inattivo) ed R* (attivo), in equilibrio tra loro (in condizioni basali l’equilibrio risulta spostato nettamente verso R). Nell’ambito di questa teoria, si definisce agonista il farmaco che mostra un’affinità per R* maggiore che per R: la formazione del complesso R*X sarebbe quindi favorita; R* verrebbe sottratto dall’equilibrio e ciò indurrebbe una trasformazione di R in R*. Viceversa, si definisce agonista inverso il farmaco che presenta maggior affinità per R che per R*. Gli agonisti inversi sono gli unici farmaci in grado di diminuire l’attività basale di un sistema: la loro attività intrinseca α sarà quindi compresa tra 0 e -1.



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