Artrite reumatoide


È la forma più comune di artrite infiammatoria (costituisce il 6% delle malattie reumatiche in Italia), con un esordio che avviene solitamente tra 2° e 5° decade ed un rapporto femmine/maschi di 3:1. Si tratta di una patologia cronica, sistemica, infiammatoria ed autoimmune ad eziologia sconosciuta che colpisce preferenzialmente le articolazioni periferiche (con risparmio delle IFD). Si manifesta come sinovite infiammatoria a carattere aggiuntivo e distribuzione simmetrica e concentrica (possibile formazione di erosioni ossee e conseguenti deformità articolari). Ha un decorso variabile ma la forma più comune è quella lentamente progressiva (più rara quella rapidamente progressiva, ancor più rara quella autolimitantesi).

L’eziologia è sconosciuta, ma la teoria più accreditata suggerisce che la patologia si inneschi in individui geneticamente predisposti (elevata associazione con HLA-DR4 presente nel 70% dei pazienti) in seguito ad un’infezione (es citomegalovirus, EBV). Tra i fattori ambientali il fumo di sigaretta sembra essere quello maggiormente correlato con un aumentato rischio di sviluppare la malattia, oltre ad influenzare negativamente la prognosi.

Per quanto riguarda la patogenesi, l’antigene scatenerebbe una risposta immunitaria nell’ospite dando luogo ad una reazione infiammatoria e conseguente attivazione dei linfociti T (>CD4) nell’infiltrato sinoviale. Questi, mediante la produzione di IFN-γ, attivano i macrofagi con conseguente aumento dei valori di citochine infiammatorie come TNFα e IL-1. Proprio queste due citochine infiammatorie sarebbero le responsabili della formazione dei sintomi sistemici e, soprattutto, del danno articolare (favoriscono la neovascolarizzazione, il reclutamento di cellule proinfiammatorie, l’attivazione di osteoclasti e la produzione di metalloproteasi).

A livello anatomopatologico la sinovia infiammata è composta sostanzialmente da tessuto di granulazione con fibroblasti, vasi e cellule mononucleate (panno sinoviale) e si presenta edematosa ed aggettante nella cavità articolare con protrusioni villose. Produce grandi quantità di enzimi di degradazione (metalloproteasi) in grado di danneggiare i tessuti adiacenti. Il nodulo reumatoide è invece caratterizzato da una zona centrale necrotica, una zona intermedia composta da macrofagi disposti a palizzata ed una zona esterna formata da tessuto di granulazione.

Manifestazioni cliniche: è una poliartrite cronica simmetrica a carattere aggiuntivo. In molti casi i sintomi costituzionali (astenia, anoressia, dolori muscoloscheletrici) sono i primi a manifestarsi.
·         Manifestazioni articolari: il dato più caratteristico è il coinvolgimento delle mani e la presenza di simmetricità (l’AR deve essere la prima ipotesi diagnostica posta di fronte ad una poliartrite cronica, erosiva e simmetrica a carico delle mani). Sono articolazioni più colpite sono le MCF, seguite con quasi la stessa frequenza da polsi, IFP, MTF e ginocchia. Le IFD sono sempre risparmiate. A livello assiale è interessata solo la colonna cervicale (l’AR non colpisce le sacroiliache, importante elemento da considerare per una corretta diagnosi differenziale), in particolar modo l’articolazione atlo-assiale (nelle spondiloartropatie invece il rachide e le sacroiliache sono le articolazioni maggiormente colpite e l’artrite periferica è solitamente asimmetrica e maggiormente a carico degli arti inferiori). La clinica articolare generalmente esordisce con dolore, tumefazione e rigidità mattutina >30 minuti (tipica della malattia). I pazienti possono anche manifestare tenosinoviti, borsiti, rotture tendinee e problemi muscolari secondari all’inutilizzo delle articolazioni colpite. Nel ginocchio la tumefazione e il dolore nella zona posteriore (cavo popliteo) può essere dovuto alla presenza di cisti di Baker. La progressione della malattia porta a deformità articolari irreversibili che limitano la funzionalità delle articolazioni coinvolte. Possono verificarsi sublussazioni e lussazioni causate da anchilosi, distruzioni ossee o rotture tendinee e legamentose. Nei piedi la lesione più caratteristica è il collasso dell’avampiede (delle teste metatarsali). Le deformità più caratteristiche a carico delle mani sono invece:
o   Deviazione ulnare (dita a colpo di vento): dovuta a sublussazione delle MCF.
o   Deformità a Z: iperestensione della MCF con flessione della IF.
o   Deformità a martello: iperflessione della IFD.
o   Deformità a collo di cigno: iperestensione della IFP e flessione della IFD.
o   Deformità a bottoniera: iperflessione della IFP ed iperestensione della IFD.
·         Manifestazioni extra-articolari: compaiono in circa il 50% dei pazienti, specialmente in quelli con FR ad alto titolo. Nella maggior parte danno sintomi lievi.
o   Noduli reumatoidi: si localizzano nelle zone soggette a maggior pressione come gomiti, tendine d’Achille, ginocchia. Hanno consistenza dura, non sono dolenti (ma possono sovrainfettarsi) ed aderiscono ai piani profondi.
o   Manifestazioni oculari: cheratocongiuntivite secca (correlata alla copresenza della sindrome di Sjogren) nel 20% dei pazienti (sono quasi sempre episcleriti e non uveiti, a differenza delle spondiloartropatie).
o   Manifestazioni pleuro-polmonari: pleurite (versamento pleurico di tipo infiammatorio), polmonite interstiziale/fibrosi polmonare, noduli polmonari, ipertensione polmonare.
o   Vasculite reumatoide: lesioni digitali isolate, coinvolgimento cutaneo o interessamento viscerale.
o   Manifestazioni cardiache: pericardite (con versamento di tipo infiammatorio).
o   Manifestazioni neurologiche: compressione nervosa periferica (sindrome del tunnel carpale) da parte della sinovia infiammata o delle deformità articolari.
o   Manifestazioni ossee: osteopenia iuxtarticolare e osteoporosi generalizzata.
o   Manifestazioni renali: generalmente per l’uso dei farmaci, più raramente per amiloidosi.
o   Manifestazioni epatiche: cirrosi biliare primitiva (si associa a molte patologie autoimmuni).
o   Sindrome di Felty: splenomegalia e neutropenia, a volte anche in presenza di anemia, trombocitopenia, febbre ed astenia.
o   Amiloidosi: danneggia più frequentemente il rene.
o   Manifestazioni ematologiche: anemia da infiammazione cronica o da sideropenia, aumento del rischio di sviluppare un linfoma (soprattutto B a grandi cellule).



Il decorso generalmente è lentamente progressivo a carattere fluttuante. Il trattamento precoce ed aggressivo già nei primi mesi della malattia migliora la prognosi evitando anche la comparsa delle deformità. Associati ad una peggior prognosi risultano essere invece: sesso femminile, FR elevato, anticorpi anti-CCP, PCR elevata, VES elevata, noduli sottocutanei, erosioni radiologiche all’esordio, interessamento di più di 20 articolazioni, fumo di sigaretta ed HLA-DR4.

Per la diagnosi e la prognosi sono utili gli esami di laboratorio e la radiologia:
·         Prove di laboratorio
o   FR: anticorpo (generalmente una IgM) diretto contro la porzione Fc di una IgG. Compare in 2/3 dei pazienti adulti con AR ma non è specifico di questa malattia; non consente quindi di fare diagnosi ma la sua presenza ha un valore prognostico sfavorevole.
o   Anticorpi anti-CCP: hanno una sensibilità simile al FR (80%) ma una specificità maggiore (98%); sono quindi molto utili nella diagnosi precoce, così come nella prognosi (si correlano a prognosi sfavorevole).
o   Altri: anemia normocromica e normocitica, VES e PCR elevate (in fase di attività), liquido sinoviale di tipo infiammatorio.
·         Indagini radiologiche
o   Rx: utile soprattutto nel follow-up in quanto in fase iniziale non evidenzia lesioni evidenti (se però rileva la presenza di erosioni ha un indice prognostico negativo).
o   RM: permette di rilevare erosioni molto precocemente.
I nuovi criteri diagnostici ACR/EULAR 2010 sono molto più sensibili (anche se meno specifici) dei precedenti.


Per quanto riguarda il trattamento, questo ha l’obiettivo principale di evitare le deformità e conservare la capacità funzionale mediante l’ottenimento di una bassa o assente attività di malattia. Questa viene comunemente valutata mediante l’indice DAS28 che prevede la valutazione di VES e/o PCR, il numero di articolazioni dolenti e/o tumefatte (si valutano 28 articolazioni e sono esclusi i piedi) ed il punteggio dell’autovalutazione del paziente sullo stato globale di salute (da 0 a 100 dove 100 corrisponde allo stato peggiore e 0 ad uno stato di completo benessere).
Il trattamento in generale comprende:
·         Fisioterapia e riabilitazione: un esercizio adeguato consente di mantenere la mobilità articolare ed evitare l’atrofia muscolare. Il riposo è invece opportuno nelle fasi di riacutizzazione.
·         Stile di vita: cessare l’abitudine tabagica e seguire un regime alimentare “sano”.
·         Farmaci
o   Analgesici e FANS: riducono infiammazione e dolore ma non modificano il decorso della patologia (quindi si aggiungono alla terapia di fondo).
o   Glucocorticoidi: si somministrano solo nelle fasi di esordio o riacutizzazione (per i numerosi effetti collaterali) a dosi medie per poi scalare a dosi basse (da 25mg/die a 5mg/die di prednisone).
o   Farmaci modificatori della malattia (DMARDs): il loro utilizzo precoce modifica la progressione della malattia. Il farmaco di elezione è il methotrexate (MTX) somministrato in unica dose settimanale da 7,5mg a 25mg per via orale, intramuscolare o sottocutanea in associazione ad acido folico (gli effetti collaterali del MTX comprendono infatti una riduzione della produzione di folati, sintomi gastrointestinali, ulcere orali, possibile tossicità ematologica ed epatica e possibile sviluppo di polmonite). La principale alternativa è rappresentata dalla leflunomide, seguita dalla sulfasalazina (SSZ) e da farmaci antimalarici come l’idrossiclorochina (HCQ).
o   Farmaci biologici: i più utilizzati sono quelli che agiscono come anti-TNFα come infliximab, adalimumab ed etanercept in monoterapia od associati a MTX.
·         Chirurgia: in caso di articolazioni gravemente danneggiate si può ricorrere ad artroplastica.

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