Fratture malleolari

 Le fratture malleolari possono interessare in modo isolato il malleolo peroneale o quello tibiale (fratture monomalleolari), ambedue contemporaneamente (fratture bimalleolari) oppure anche il margine posteriore del pilone tibiale, cosiddetto terzo malleolo (fratture trimalleolari).

Conseguono a traumi di tipo distorsivo della tibio-tarsica con una componente di carico non eccessiva e, sempre più spesso, in soggetti di età avanzata con ossa porotiche. Lo stesso meccanismo traumatico può causare, anziché una frattura malleolare, una lesione del legamento o dei legamenti che si inseriscono sul malleolo stesso, come il legamento deltoideo per il malleolo mediale o il legamento peroneo-astragalico anteriore per il malleolo peroneale.

 

Le classificazioni delle fratture dei malleoli sono diverse e possono essere di tipo descrittivo o eziologico.

La classificazione di Lauge-Hansen è eziologica e prende in considerazione la posizione del piede al momento del trauma ed il tipo e la direzione dell'agente traumatico:

·       Fratture in supinazione-extrarotazione

·       Fratture in supinazione-adduzione

·       Fratture in pronazione-extrarotazione

·       Fratture in pronazione-abduzione

·       Fratture in dorsiflessione e carico verticale

 

La classificazione di Danis-Weber prende invece in considerazione la posizione della frattura del malleolo peroneale (e questo indipendentemente dalla presenza o meno di frattura del malleolo tibiale) rispetto alla sindesmosi tibio-peroneale distale e distingue:

·       Tipo A: frattura sottosindesmosica (distalmente al mortaio; corrisponde alla lesione in supinazione-adduzione di Lauge-Hansen)

·       Tipo B: frattura transindesmosica (a livello del mortaio; corrisponde alla lesione in supinazione-extrarotazione o a quella in pronazione-abduzione di Lauge-Hansen)

·       Tipo C: frattura sovrasindesmosica (prossimalmente al mortaio; corrisponde alla lesione in pronazione-extrarotazione di Lauge-Hansen)

 

Nell'ambito delle fratture malleolari si differenziano i seguenti tipi:

·       Frattura di Dupuytren bassa: frattura del malleolo peroneale e del malleolo tibiale

·       Frattura di Dupuytren alta: frattura del terzo medio del perone e del malleolo tibiale

·       Frattura di Maisonneuve: frattura del perone prossimale, frattura del malleolo tibiale e lacerazione della membrana interossea.

 

La diagnosi di frattura malleolare viene posta, oltre che sull'anamnesi e sull'esame obiettivo, sulla base dell'indagine radiografica: due proiezioni standard (antero-posteriore e laterale) sono di norma sufficienti per descriverne la sede e il tipo. In alcuni casi può essere utile una proiezione obliqua a 20° per meglio evidenziare la sindesmosi tibio-peroneale distale; è inoltre buona regola includere nello studio la parte prossimale della gamba per riconoscere eventuali fratture di Maisonneuve. La TC può essere dirimente nei casi dubbi e nei casi di contemporaneo interessamento dell'astragalo.

 

Sono rare le complicanze immediate a carico del fascio vascolo-nervoso mediale. Le complicanze più frequenti sono: lesioni capsulo-legamentose associate (lesione del legamento deltoideo mediale associato a frattura del malleolo peroneale, lesione dei legamenti della sindesmosi tibio-peroneale distale); lesioni osteocondrali del corpo dell'astragalo (valutabili di solito con RMN a distanza da trauma); artrosi post-traumatica della tibio-tarsica (fratture articolari).

 

Anche le fratture dei malleoli sono da considerare fratture articolari e, in quanto tali, il loro trattamento deve prevedere la riduzione anatomica e la stabilizzazione meccanica ottimale per una rieducazione articolare precoce. Il trattamento conservativo con apparecchi gessati è riservato esclusivamente alle fratture composte.

Nelle fratture scomposte, anche di poco, si esegue la riduzione e l'osteosintesi a cielo aperto e l'eventuale ricostruzione, peraltro poco frequente, dei legamenti lesionati. Se è presente una lesione della sindesmosi tibio-peroneale distale, si procede alla stabilizzazione della stessa con una vite che deve essere rimossa precocemente (entro 35-40 giorni) per consentire la mobilizzazione dell'articolazione tibio-tarsica. L'intervento chirurgico deve essere praticato nelle prime ore dopo il trauma per evitare la comparsa di edema post-traumatico e flittene cutanee. Nei rari casi di fratture esposte il trattamento deve essere effettuato in urgenza con lavaggi abbondanti delle lesioni cutanee, terapia antibiotica per via sistemica e osteosintesi con l'utilizzo di mezzi di sintesi a minima invasività (fili di Kirschner).

 

Per quanto riguarda le fratture malleolari in età evolutiva, queste rappresentano il 10–25% del totale dei distacchi epifisari nel paziente pediatrico. Quelle del malleolo mediale sono più difficili da diagnosticare con l’Rx e rappresentano una sfida per il clinico. Esistono diverse classificazioni per descrivere i pattern di frattura in età pediatrica; tra queste, la classificazione di Salter–Harris

è la più utilizzata.

I pattern di frattura variano in base all’età:

·       <10 anni: da impatto a legno verde a livello della tibia distale

·       10 anni: fratture del malleolo mediale

·       10–13 anni: distacchi epi-metafisari

·       12–14 anni: fratture di transizione.

Il trauma è di solito di tipo distorsivo con piede in extrarotazione e inversione. I pazienti tra 12 e 15 anni con fisi mediale quasi completamente chiuse sono soggetti a specifici pattern di frattura (Tillaux e triplanari).

La frattura di Tillaux è una variante di SH-III dovuta a un’avulsione anterolaterale dell’epifisi distale della tibia all’inserzione della componente anterolaterale del legamento tibio-peroneale. Rappresenta il 5% delle fratture di caviglia dell’età pediatrica e può essere associata a una frattura del perone distale.

Le fratture triplanari sono distacchi epifisari, varianti di SH-IV, con componenti sui 3 piani (assiale, coronale, sagittale). Comprendono una frattura verticale attraverso l’epifisi, una orizzontale attraverso la fisi e una obliqua attraverso la metafisi con formazione di un frammento metafisario posteriore e uno epifisario laterale o mediale. La variante laterale è più comune e si presenta con una linea di frattura metafisaria sul piano coronale, epifisaria sul piano sagittale e sulla fisi nel piano assiale, visibile come un frammento rettangolare nella porzione laterale dell’epifisi. Tale frammento può essere unico o pluriframmentato. Il trattamento è in relazione alla classificazione di Salter-Harris.

Il trattamento conservativo con tutore o gambaletto gessato è indicato per fratture composte e stabili. La riduzione incruenta in narcosi considerata stabile prevede sempre il trattamento conservativo. La stabilizzazione e sintesi percutanea o a cielo aperto con fili di K temporanei, pin riassorbibili o viti in titanio è riservata ai casi di fratture scomposte o instabili. I mezzi di sintesi devono essere posizionati parallelamente all’epifisi e, se possibile, perpendicolari alla linea di frattura senza attraversare la fisi, prevenendo le deviazioni assiali. Le fratture tipo SH-I sono trattate con immobilizzazione e scarico per 3-4 settimane. Nelle SH-II è prevista una sintesi a cielo aperto quando si ha una scomposizione > 3 mm o quando l’interposizione dei tessuti molli impedisce la riduzione incruenta della frattura. Nelle SH-III e IV il trattamento chirurgico a cielo aperto è

consigliato per scomposizioni >2 mm. In caso di lussazioni e/o instabilità della tibiotarsica è concessa la stabilizzazione con fili di K temporanei di minor diametro possibile inseriti attraverso la fisi. Nelle fratture bimalleolari la sintesi inizia dalla tibia poiché la sua riduzione determina la riduzione della frattura peroneale che poi necessita solo di stabilizzazione con un filo di K intramidollare temporaneo. Nelle fratture di Tillaux il gold standard è la sintesi con una

vite di piccolo diametro, spesso percutanea. Il trattamento delle triplanari richiede una sintesi sovrapponibile alle SH-IV aggiungendo una vite a compressione parallela all’epifisi. In tali casi è concessa una sintesi attraverso la fisi anteromediale poiché già ossificata. Nel postoperatorio è prevista l’immobilizzazione: nei bambini in grado di usare le stampelle (> 5 anni) si confeziona

un gambaletto gessato da scarico per 4 settimane; in quelli più piccoli un apparecchio gessato femoro-podalico per 4 settimane. Al termine di questo periodo in entrambi i gruppi si posiziona un gambaletto da carico per 2 settimane.

Le complicanze sono dovute a chiusura precoce delle fisi, artrosi precoce, pseudoartrosi, Complex Regional Pain Syndrome (CRPS), sindrome del retinacolo degli estensori (rara, variante della sindrome compartimentale a carico dell’estensore lungo dell’alluce e del peroneo terzo, possibili conseguenze delle fratture triplanari), deformità angolare, incongruenza articolare, dismetria, ritardo di consolidazione e infezione (le lesioni della fisi distale della tibia hanno la più alta incidenza

di complicanze tra le fratture delle cartilagini di accrescimento).



Fratture del polso

 Con il termine di fratture di polso si definiscono le fratture della porzione distale delle due ossa dell’avambraccio. Consistono essenzialmente nelle fratture dell’estremità distale del radio (EDR), essendo le fratture dell’ulna meno frequenti e di minor rilievo clinico. Le fratture dell’EDR sono molto frequenti e rappresentano fino a 1/6 circa del totale delle fratture. L’incidenza è maggiore nel sesso maschile fino ai 30 anni, equivalente nei due sessi fra 30 e 50 anni ed infine a netta prevalenza femminile dopo i 50 anni. Tali fratture derivano in prevalenza da traumi a bassa energia come le cadute al suolo sull’arto superiore, ma nei giovani sono spesso conseguenza di incidenti stradalo o traumi da precipitazione.

 

Le fratture del polso (radio distale) sono state classificate con eponimi di ampia diffusione e longevità:

·       Frattura di Pouteau-Colles: frattura con scomposizione dorsale (e radiale) del frammento distale (associata, nel 50% dei casi, a frattura della stiloide ulnare). Queste fratture sono suddivise, secondo la classificazione di Frykman, in:

o   Tipo I: extra-articolare.

o   Tipo II: extra-articolare con coinvolgimento della stiloide ulnare.

o   Tipo III: radio-carpica intra-articolare.

o   Tipo IV: radio-carpica intra-articolare con coinvolgimento della stiloide ulnare.

o   Tipo V: radio-ulnare distale intra-articolare.

o   Tipo VI: radio-ulnare distale intra-articolare con coinvolgimento della stiloide ulnare.

o   Tipo VII: radio-carpica e radio-ulnare distale intra-articolare.

o   Tipo VIII: radio-carpica e radio-ulnare distale intra-articolare con coinvolgimento della stiloide ulnare.

·       Frattura di Smith-Goyrand (o Colles inversa): frattura con scomposizione volare (ed ulnare) del frammento distale.

·       Frattura di Barton: frattura articolare con presenza di grosso frammento dorsale e sublussazione del carpo.

·       Frattura di Barton inversa: frattura articolare con presenza di grosso frammento volare e sublussazione del carpo.

·       Frattura di Hutchinson (o dell’autista): frattura della stiloide radiale (provocata dalla compressione dello scafoide sull’apofisi stiloidea del radio).

 

Tra le classificazioni moderne, la più completa è certamente quella dell’AO, che si basa sulle caratteristiche radiografiche della frattura e definisce tre grandi categorie:

·       Tipo A: fratture extra-articolari (non coinvolgono la superficie articolare della radio-carpica né della radio-ulnare distale).

o   A1: frattura extra-articolare dell’ulna con radio integro.

o   A2: frattura extra-articolare semplice del radio.

o   A3: frattura extra-articolare pluriframmentaria del radio.

·       Tipo B: fratture articolari parziali (interessano una parte soltanto della superficie articolare, mentre la porzione restante rimane continua con la diafisi).

o   B1: frattura sagittale del radio (stiloide).

o   B2: frattura del margine dorsale del radio (Barton).

o   B3: frattura del margine volare del radio (Barton inversa).

·       Tipo C: fratture articolari complete (la superficie articolare è interrotta e completamente separata dalla diafisi).

o   C1: frattura del radio articolare semplice e metafisaria semplice.

o   C2: frattura del radio articolare semplice e metafisaria complessa.

o   C3: frattura del radio articolare pluriframmentaria.

 

Fernandez ha invece elaborato una classificazione basata sul meccanismo di lesione più che sulle caratteristiche radiografiche della frattura, ritenendo che la forza e la direzione dell’agente traumatico siano in relazione con le lesioni associate come le lesioni dei legamenti del polso e le sublussazioni o lussazioni delle ossa carpali. La classificazione di Fernandez riconosce quindi 5 gruppi principali:

·       Tipo I: fratture da flessione.

o   Si verificano quando una caduta sul palmo della mano trasmette a livello di una delle corticali metafisarie radiali una violenta tensione che ne provoca il cedimento, mentre sul lato opposto si realizza una compressione in grado di produrre, oltre all’interruzione della corticale, una comminuzione di grado variabile. Se la caduta avviene ad avambraccio pronato, la compressione agisce sulla corticale dorsale e si realizza una frattura di Colles; se la caduta avviene all’indietro con avambraccio supinato e gomito esteso, la compressione agisce sulla corticale volare e si realizza una frattura di Goyrand.

·       Tipo II: fratture da taglio della superficie articolare.

o   Si realizzano in genere in pazienti giovani quando un meccanismo simile a quello che provoca la frattura di Goyrand determina il distacco del margine anteriore della superficie articolare del radio provocando una frattura di Barton inversa.

·       Tipo III: fratture da compressione della superficie articolare.

o   Conseguono in genere a traumi ad alta energia che trasmettono violente sollecitazioni assiali sulla superficie articolare del radio, provocando fratture articolari complete con grado di comminuzione proporzionale alla forza applicata.

·       Tipo IV: fratture da avulsione.

o   Derivano dalla trazione esercitata dai legamenti a livello delle inserzioni al radio e possono associarsi a lussazioni perilunari del carpo o radio-carpiche. Consistono in fratture articolari parziali (Barton, stiloide).

·       Tipo V: fratture combinate.

 

Per quanto riguarda il quadro clinico, le fratture di Colles si manifestano con un’alterazione del profilo del polso che presenta sul piano sagittale una deformità “a dorso di forchetta” e sul piano frontale una deformità “a baionetta”, dovute allo spostamento in direzione rispettivamente dorsale e radiale del frammento dell’epifisi. Le fratture di Goyrand presentano sul piano sagittale una deformità opposta, dovuta allo spostamento volare del frammento distale che appare anche pronato rispetto alla diafisi. L’esame della motricità e della sensibilità della mano è importante per escludere lesioni associate a carico dei tendini e del nervo mediano (che può risultare compresso dall’ematoma o dai frammenti della frattura).

 

Lo studio RX richiede l’esecuzione di proiezioni standard che vanno ripetute, in caso di importante scomposizione, dopo la riduzione della frattura per una corretta interpretazione e classificazione della lesione. La semeiotica radiografica di queste lesioni prevede la misurazione di alcuni parametri essenziali per porre una diagnosi precisa e per orientare il trattamento:

·       L’angolo di inclinazione ulnare della superficie articolare del radio si misura sulla proiezione dorso-volare ed è compreso tra la tangente alla glena del radio e la perpendicolare al suo asse longitudinale. È in media di 22°.

·       L’angolo di inclinazione volare della superficie articolare del radio (“tilt volare”) si misura sulla proiezione laterale ed è compreso, come nel caso precedente, tra la tangente alla glena del radio e la perpendicolare al suo asse longitudinale. È in media di 11°.

·       L’indice radio-ulnare distale misura sulla proiezione dorso-volare la lunghezza relativa delle ossa dell’avambraccio. È in media di -1 mm (essendo il valore negativo espressione della lunghezza minore dell’ulna rispetto al radio; assume un valore positivo di entità variabile in caso di accorciamento del radio dopo la frattura).

La TC è utilizzata nelle fratture articolari complesse per studiare il numero preciso e la scomposizione dei frammenti.

 

Per quanto riguarda la terapia, le fratture composte possono essere trattate con apparecchio gessato antibrachio-metacarpale per 30 giorni. Nelle fratture scomposte l’indicazione al trattamento dipende dalla riducibilità e dalla stabilità della frattura. Il trattamento conservativo è indicato nelle fratture riducibili con manovre esterne e stabili dopo la riduzione. L’apparecchio gessato deve essere brachio-metacarpale e può essere rimosso dopo 40 giorni. Il trattamento in gesso di una frattura instabile va evitato poiché costringe a bloccare il polso in una posizione estrema di flessione e inclinazione ulnare per impedire la scomposizione secondaria della frattura (ciò può determinare decubiti, compressioni nervose o favorire l’insorgenza di una sindrome algo-distrofica). Esiste inoltre l’eventualità di una scomposizione secondaria, per cui è necessario controllare ripetutamente con RX in gesso, a 2,7 e 15 giorni, il mantenimento della riduzione. Per tutti questi motivi è necessario individuare le fratture instabili (i criteri di instabilità includono: angolazione dorsale > 20°; comminuzione della corticale metafisaria; presenza di una rima di frattura intra-articolare; accorciamento del radio > 4mm; frattura della testa o del collo dell’ulna) e procedere all’osteosintesi per stabilizzare la frattura dopo la riduzione. L’osteosintesi si avvale di fili di Kirschner percutanei nelle fratture instabili che possono essere ridotte con manovre esterne (la contenzione può essere ottenuta con un apparecchio gessato). Nei casi con comminuzione della metafisi esiste il rischio di un accorciamento secondario in gesso che può essere prevenuto applicando un fissatore esterno di tipo monoassiale “a ponte” sull’articolazione. In queste circostanze è sempre più frequente il ricorso alla riduzione cruenta della frattura seguita dall’osteosintesi mediante placca “a stabilità angolare”, in cui le viti sono avvitate alla placca stessa (conferendo al montaggio grande stabilità anche in casi di comminuzione e riducendo i tempi di immobilizzazione). L’applicazione di un innesto osseo autologo nella sede della comminuzione consente in questi casi di accelerare il processo di consolidazione. Se la frattura presenta frammenti non riducibili in modo incruento, è necessario procedere alla riduzione chirurgica con accesso dorsale o volare in base alla scomposizione dei frammenti. Per la fissazione vengono utilizzate placche “a stabilità angolare” che riproducono l’anatomia del radio e vengono in genere posizionate in sede volare (le fratture marginali volari, gruppo B3 dell’AO, sono altamente instabili e c’è sempre l’indicazione all’osteosintesi mediante placca volare).






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