Artrite psoriasica


Colpisce il 5-30% dei pazienti con psoriasi (nel 70% dei casi compare dopo la manifestazione cutanea) generalmente tra 4 e 5 decade. Nella patogenesi sembrano essere implicate diverse citochine pro-infiammatorie, mentre HLA-B27 si riscontra solo nei pazienti con impegno assiale della malattia.
Dal punto di vista clinico può manifestarsi in differenti forme:
·         Poliartrite simmetrica (40%): entra in diagnosi differenziale con AR, sono però presenti onicopatia, impegno delle IFD e assenza di noduli sottocutanei.
·         Oligoartrite asimmetrica (30%): interessa soprattutto le grandi articolazioni degli arti superiori o inferiori (in particolar modo il ginocchio) e le meni. Spesso è associata a dattilite.
·         Coinvolgimento esclusivo delle IFD (15%): si accompagna ad onicopatia psoriasica.
·         Spondilite/sacroileite isolata (rara): simile a SA ma con sviluppo generalmente monolaterale.
·         Forma mutilante (rara): forma distruttiva con estesi fenomeni erosivi e depositivi (fenomeno del “telescopio”) che può essere isolata o rappresentare il quadro evolutivo delle altre forme cliniche.
Le manifestazioni extra-articolari comprendono invece psoriasi ungueale, dattilite (“dito a salsicciotto”), entesite ed altre (congiuntivite, uveite, insufficienza aortica).
La diagnosi è clinica e basata sulla presenza di artrite (o entesite) e psoriasi. Gli indici di laboratorio (VES, PCR, FR, HLA-B27) e radiologici (erosioni, proliferazione ossea, anchilosi ed entesofiti all’Rx, edema osseo alla RM) spesso non sono dirimenti (ad eccezione delle caratteristiche immagini a “pencil in cup” o “matita nel cappuccio”. I criteri attualmente utilizzati sono i criteri CASPAR.

Il trattamento comprende FANS e glucocorticoidi (per ottenere sollievo sintomatico e ridurre l’infiammazione), DMARDs (soprattutto MTX, non sono efficaci per il coinvolgimento assiale) e biologici (soprattutto anti-TNFα).

Artrite reattiva


Si tratta di un quadro spondiloartritico (ex sindrome di Reiter caratterizzata dalla triade uretrite, congiuntivite ed artrite) tipico del giovane adulto che si manifesta con la comparsa di artrite periferica, entesopatia e/o sacroileite, spesso associata alla presenza di HLA-B27 (anche se dagli ultimi studi l’associazione sembra essere inferiore al 50%), e caratterizzata dalla presenza di sinovite sterile (nel liquido sinoviale non è possibile identificare alcun germe, a differenza di quanto accade nell’artrite infettiva). Insorge in seguito ad un processo infettivo (non sempre dimostrato) genitourinario (più frequente nel sesso maschile e generalmente determinato da Chlamydia trachomatis e Ureaplasma urealyticum) o gastrointestinale (i principali germi implicati sono Shigella, Salmonella, Yersinia e Campylobacter), con un periodo di latenza non superiore ad 1 mese ed ha un decorso generalmente cronico recidivante. Il meccanismo patogenetico sembra essere legato ad una condizione di mimetismo molecolare di alcuni antigeni self con antigeni batterici.
Le manifestazioni cliniche articolari comprendono, da 1 a 4 settimane dopo una pregressa infezione (non sempre dimostrabile né dal punto di vista clinico né laboratoristico), artrite monoarticolare od oligoarticolare asimmetrica che esordisce in maniera brusca e colpisce preferenzialmente gli arti inferiori. L’intenso dolore e l’abbondante liquido sinoviale infiammatorio pone questa patologia in diagnosi differenziale con l’artrite settica e le artriti microcristalline. Una seconda manifestazione caratteristica (riscontrabile anche nell’artrite psoriasica) è la dattilite (“dito a salsicciotto”) che si manifesta in seguito al coinvolgimento diffuso dei tendini di un dito della mano o del piede. Di frequente riscontro è anche l’entesite, soprattutto sottoforma di talalgia (per interessamento dell’entesi del tendine d’Achille come può avvenire in corso di SA), così come l’interessamento assiale (spondilite e/o sacroileite) che può manifestarsi con lombalgia e/o dolore gluteo.
Le manifestazioni extrarticolari possono comprendere invece:
·         Manifestazioni urogenitali e gastrointestinali: uretrite, diarrea, prostatite, cervicite e cistite.
·         Manifestazioni cutanee e/o mucose: lesioni ungueali, ulcere orali, cheratoderma blenorragico (lesioni vescicolari pustolose ipercheratosiche indistinguibili, clinicamente e istologicamente dalla psoriasi pustolosa, che si localizzano solitamente su palmi e piante di mani e/o piedi), balanite circinata (lesioni vescicolari non dolorose a livello del glande che, rompendosi, producono una lesione erosiva superficiale contornata da un alone eritematoso).
·         Manifestazioni oculari: congiuntivite o, più raramente, uveite anteriore.
·         Manifestazioni generali: febbre, astenia, anoressia e perdita di peso.
La diagnosi è clinica (VES, PCR, HLA-B27, tamponi per esami colturali, analisi del liquido sinoviale ed alterazioni radiologiche non sono dirimenti) e si stabilisce davanti alla presenza di un quadro articolare compatibile (oligoartrite asimmetrica più evidente a livello degli arti inferiori) associato ad alcune manifestazioni extra-articolari caratteristiche. La diagnosi differenziale principale va posta con l’artropatia psoriasica (con la quale condivide la possibile presenza di dattilite, onicopatia, lesioni cutanee ed uveiti) che tuttavia non predilige gli arti inferiori, ha un inizio progressivo e non brusco, non presenta uretrite, ulcere orali né sintomi gastrointestinali ed è associata meno frequentemente ad HLA-B27 (solo nei casi di interessamento dello scheletro assile). Nelle forme di origine venerea la diagnosi differenziale va posta con l’artrite gonococcica che, tuttavia, non presenta mai coinvolgimento assiale, né entesopatia, cheratoderma o balanite, coinvolge indifferentemente arti superiori ed inferiori, non è associato ad HLA-B27 e risponde ottimamente alla terapia antibiotica.
Per quanto riguarda il trattamento, l’uso di antibiotici al fine di debellare l’infezione scatenante non è utile. Non esiste un trattamento specifico, trovano utilità FANS e glucocorticoidi (anche per via iniettiva) soprattutto nel trattamento iniziale, DMARDs (specialmente MTX e SSZ) e biologici (soprattutto anti-TNFα) nelle forme croniche e/o refrattarie.

Spondilite anchilosante


Malattia cronica, infiammatoria e sistemica che colpisce prevalentemente lo scheletro assile ma che può interessare anche alcune articolazioni periferiche tra cui anca e spalle. La sua manifestazione più caratteristica è la sacroileite. La malattia colpisce prevalentemente soggetti maschi (3:1) e solitamente esordisce tra i 15 e i 30 anni. L’aplotipo HLA-B27 è presente nel 90% dei pazienti. Il decorso generalmente è lento e caratterizzato da esacerbazioni e remissioni prolungate. L’evoluzione è molto variabile, si possono presentare forme molto lievi quasi asintomatiche fino a forme molto gravi (rare) con anchilosi completa della colonna.
Le manifestazioni cliniche comprendono:
·         Manifestazioni articolari
o   Coinvolgimento assiale: il dolore lombare è il sintomo più frequente e caratteristico. Si tratta di un dolore insidioso con durata superiore ai 3 mesi di tipo infiammatorio (migliora con FANS e con l’esercizio ma non con il riposo e spesso si manifesta di notte) accompagnato di sovente da rigidità mattutina lombare e del rachide. Possono essere colpiti anche i tratti dorsale e cervicale e, soprattutto, le articolazioni sacroiliache (il coinvolgimento delle sacroiliache, solitamente bilaterale, si manifesta con dolore gluteo).
o   Entesite: la più frequente riguarda l’inserzione del tendine di Achille o della fascia plantare sul calcagno. La talalgia, a volte, può addirittura essere il primo sintomo di malattia e può provocare un dolore tale da inficiare la deambulazione.
o   Artrite: sono colpite prevalentemente le articolazioni degli arti inferiori in forma oligoarticolare ed asimmetrica. Spesso sono coinvolte anche anca e spalle (le articolazioni più vicine allo scheletro assile).
·         Manifestazioni extra-articolari
o   Uveite anteriore acuta: può precedere la spondilite ed è la manifestazione extra-articolare più frequente. Solitamente è unilaterale e si manifesta con dolore, fotofobia, lacrimazione e visione offuscata. Guarisce senza lasciare esiti ed è recidivante.
o   Manifestazioni cardiovascolari: infiammazione della radice aortica che può evolvere in insufficienza aortica.
o   Manifestazioni pleuropolmonari: fibrosi dei lobi superiori (che può andare incontro a colonizzazione da Aspergillus).
o   Manifestazioni neurologiche: in seguito a frattura e/o lussazione vertebrale.
o   Manifestazioni genitourinarie: prostatite cronica, nefropatia da IgA.
o   Alterazioni infiammatorie istologiche (subcliniche) di colon ed ileo: sono molto frequenti (30-60%) e clinicamente non manifeste (rara è, infatti, la coesistenza di IBD).
o   Amiloidosi secondaria: rara.
La diagnosi si basa su esame obiettivo, esami di laboratorio e radiologia.
L’esame obiettivo in fase iniziale (le manifestazioni cliniche possono essere poco apprezzabili inizialmente) deve essere mirato a riconoscere la presenza di limitazione alla mobilità della colonna lombare e del torace e la presenza di sacroileite. A tale scopo ci si può avvalere di varie manovre:
·         Valutazione della mobilità della colonna lombare: il test di Schober si esegue con il paziente in piedi con le spalle rivolte all’operatore, si misurano 10 cm al di sopra e 5 cm al di sotto dell’unione sacro-lombare e si chiede al paziente di flettersi in avanti senza piegare le ginocchia. Quando la mobilità è conservata la distanza tra i due segmenti aumenta di più di 5 cm.
·         Valutazione dell’espansione toracica: si misura la differenza del perimetro toracico che si constata durante l’inspirazione e l’espirazione forzata.
·         Valutazione della sacroileite: mediante palpazione diretta delle sacroiliache o con manovre di provocazione (es manovra di Faber o Patrick invertita) in grado di elicitare dolore.
Gli esami di laboratorio mostrano HLA-B27 nel 90% dei pazienti (tuttavia la sola presenza di questo aplotipo non è sufficiente per la diagnosi). VES e PCR sono elevate solo nel 60% dei soggetti con SA ed il liquido articolare presenta caratteristiche infiammatorie senza alcuna peculiarità.
L’Rx tradizionale è di grande utilità per la diagnosi nelle fasi avanzate e per il follow-up. Mostra sacroileite (assottigliamento della rima articolare, erosioni, sclerosi dell’osso subcondrale e formazione di ponti ossei anchilosanti) bilaterale e spondilite (sclerosi ossea, squadratura o “squaring” delle vertebre, rettilineizzazione della lordosi lombare, presenza di ponti ossei tra le vertebre in senso verticale denominati sindesmofiti fino all’ossificazione di legamenti e anchilosi delle articolazioni interapofisarie e, nelle fasi tardive, aspetto tipico “a canna di bambù”). Nelle fasi precoci di malattia è invece la RM a rivestire un ruolo cardine per la capacità di identificare la presenza di edema osseo.
Per la diagnosi definitiva (non precoce) si usano i criteri di New York modificati.
La diagnosi differenziale deve essere posta soprattutto con l’iperostosi anchilosante vertebrale (malattia di Forestier) che tuttavia colpisce individui di età più avanzata (>50 anni), solitamente asintomatici senza coinvolgimento delle sacroiliache né delle articolazioni interapofisarie. In entrambe le malattie si sviluppano ponti ossei che possono provocare una fusione totale della colonna vertebrale, tuttavia i ponti ossei in corso di SA (sindesmofiti) sono più grossi ed esuberanti di quelli presenti in corso di iperostosi anchilosante (sono presenti anche calcificazioni del legamento paraspinale anteriore a “cera di candela sciolta”).
Per quanto riguarda il trattamento, questo comprende:
·         Fisioterapia e riabilitazione: un esercizio adeguato consente di mantenere la mobilità articolare ed evitare l’atrofia muscolare. Il riposo è invece opportuno nelle fasi di riacutizzazione.
·         Farmaci
o   FANS: sono la base per il trattamento del coinvolgimento assiale. Occorre somministrare due tipi di FANS differenti, a dosi piene, prima di dichiarare il fallimento di questi farmaci.
o   Glucocorticoidi: normalmente non sono utilizzati perché non efficaci sul coinvolgimento assiale (si somministrano, per via orale o intra-articolare, solo nei casi di manifestazioni periferiche non responsive ai FANS)
o   Farmaci modificatori della malattia (DMARDs): methotrexate (MTX) e sulfasalazina (SSZ) sono inefficaci per il controllo del coinvolgimento assiale ma possono essere utili in caso di manifestazioni periferiche.
o   Farmaci biologici: i più utilizzati sono quelli che agiscono come anti-TNFα come infliximab, adalimumab ed etanercept. Questi agiscono sia sul coinvolgimento periferico che su quello assiale.
·         Chirurgia: in caso di articolazioni (solitamente l’anca) gravemente danneggiate si può ricorrere ad artroplastica.

Artrite reumatoide


È la forma più comune di artrite infiammatoria (costituisce il 6% delle malattie reumatiche in Italia), con un esordio che avviene solitamente tra 2° e 5° decade ed un rapporto femmine/maschi di 3:1. Si tratta di una patologia cronica, sistemica, infiammatoria ed autoimmune ad eziologia sconosciuta che colpisce preferenzialmente le articolazioni periferiche (con risparmio delle IFD). Si manifesta come sinovite infiammatoria a carattere aggiuntivo e distribuzione simmetrica e concentrica (possibile formazione di erosioni ossee e conseguenti deformità articolari). Ha un decorso variabile ma la forma più comune è quella lentamente progressiva (più rara quella rapidamente progressiva, ancor più rara quella autolimitantesi).

L’eziologia è sconosciuta, ma la teoria più accreditata suggerisce che la patologia si inneschi in individui geneticamente predisposti (elevata associazione con HLA-DR4 presente nel 70% dei pazienti) in seguito ad un’infezione (es citomegalovirus, EBV). Tra i fattori ambientali il fumo di sigaretta sembra essere quello maggiormente correlato con un aumentato rischio di sviluppare la malattia, oltre ad influenzare negativamente la prognosi.

Per quanto riguarda la patogenesi, l’antigene scatenerebbe una risposta immunitaria nell’ospite dando luogo ad una reazione infiammatoria e conseguente attivazione dei linfociti T (>CD4) nell’infiltrato sinoviale. Questi, mediante la produzione di IFN-γ, attivano i macrofagi con conseguente aumento dei valori di citochine infiammatorie come TNFα e IL-1. Proprio queste due citochine infiammatorie sarebbero le responsabili della formazione dei sintomi sistemici e, soprattutto, del danno articolare (favoriscono la neovascolarizzazione, il reclutamento di cellule proinfiammatorie, l’attivazione di osteoclasti e la produzione di metalloproteasi).

A livello anatomopatologico la sinovia infiammata è composta sostanzialmente da tessuto di granulazione con fibroblasti, vasi e cellule mononucleate (panno sinoviale) e si presenta edematosa ed aggettante nella cavità articolare con protrusioni villose. Produce grandi quantità di enzimi di degradazione (metalloproteasi) in grado di danneggiare i tessuti adiacenti. Il nodulo reumatoide è invece caratterizzato da una zona centrale necrotica, una zona intermedia composta da macrofagi disposti a palizzata ed una zona esterna formata da tessuto di granulazione.

Manifestazioni cliniche: è una poliartrite cronica simmetrica a carattere aggiuntivo. In molti casi i sintomi costituzionali (astenia, anoressia, dolori muscoloscheletrici) sono i primi a manifestarsi.
·         Manifestazioni articolari: il dato più caratteristico è il coinvolgimento delle mani e la presenza di simmetricità (l’AR deve essere la prima ipotesi diagnostica posta di fronte ad una poliartrite cronica, erosiva e simmetrica a carico delle mani). Sono articolazioni più colpite sono le MCF, seguite con quasi la stessa frequenza da polsi, IFP, MTF e ginocchia. Le IFD sono sempre risparmiate. A livello assiale è interessata solo la colonna cervicale (l’AR non colpisce le sacroiliache, importante elemento da considerare per una corretta diagnosi differenziale), in particolar modo l’articolazione atlo-assiale (nelle spondiloartropatie invece il rachide e le sacroiliache sono le articolazioni maggiormente colpite e l’artrite periferica è solitamente asimmetrica e maggiormente a carico degli arti inferiori). La clinica articolare generalmente esordisce con dolore, tumefazione e rigidità mattutina >30 minuti (tipica della malattia). I pazienti possono anche manifestare tenosinoviti, borsiti, rotture tendinee e problemi muscolari secondari all’inutilizzo delle articolazioni colpite. Nel ginocchio la tumefazione e il dolore nella zona posteriore (cavo popliteo) può essere dovuto alla presenza di cisti di Baker. La progressione della malattia porta a deformità articolari irreversibili che limitano la funzionalità delle articolazioni coinvolte. Possono verificarsi sublussazioni e lussazioni causate da anchilosi, distruzioni ossee o rotture tendinee e legamentose. Nei piedi la lesione più caratteristica è il collasso dell’avampiede (delle teste metatarsali). Le deformità più caratteristiche a carico delle mani sono invece:
o   Deviazione ulnare (dita a colpo di vento): dovuta a sublussazione delle MCF.
o   Deformità a Z: iperestensione della MCF con flessione della IF.
o   Deformità a martello: iperflessione della IFD.
o   Deformità a collo di cigno: iperestensione della IFP e flessione della IFD.
o   Deformità a bottoniera: iperflessione della IFP ed iperestensione della IFD.
·         Manifestazioni extra-articolari: compaiono in circa il 50% dei pazienti, specialmente in quelli con FR ad alto titolo. Nella maggior parte danno sintomi lievi.
o   Noduli reumatoidi: si localizzano nelle zone soggette a maggior pressione come gomiti, tendine d’Achille, ginocchia. Hanno consistenza dura, non sono dolenti (ma possono sovrainfettarsi) ed aderiscono ai piani profondi.
o   Manifestazioni oculari: cheratocongiuntivite secca (correlata alla copresenza della sindrome di Sjogren) nel 20% dei pazienti (sono quasi sempre episcleriti e non uveiti, a differenza delle spondiloartropatie).
o   Manifestazioni pleuro-polmonari: pleurite (versamento pleurico di tipo infiammatorio), polmonite interstiziale/fibrosi polmonare, noduli polmonari, ipertensione polmonare.
o   Vasculite reumatoide: lesioni digitali isolate, coinvolgimento cutaneo o interessamento viscerale.
o   Manifestazioni cardiache: pericardite (con versamento di tipo infiammatorio).
o   Manifestazioni neurologiche: compressione nervosa periferica (sindrome del tunnel carpale) da parte della sinovia infiammata o delle deformità articolari.
o   Manifestazioni ossee: osteopenia iuxtarticolare e osteoporosi generalizzata.
o   Manifestazioni renali: generalmente per l’uso dei farmaci, più raramente per amiloidosi.
o   Manifestazioni epatiche: cirrosi biliare primitiva (si associa a molte patologie autoimmuni).
o   Sindrome di Felty: splenomegalia e neutropenia, a volte anche in presenza di anemia, trombocitopenia, febbre ed astenia.
o   Amiloidosi: danneggia più frequentemente il rene.
o   Manifestazioni ematologiche: anemia da infiammazione cronica o da sideropenia, aumento del rischio di sviluppare un linfoma (soprattutto B a grandi cellule).



Il decorso generalmente è lentamente progressivo a carattere fluttuante. Il trattamento precoce ed aggressivo già nei primi mesi della malattia migliora la prognosi evitando anche la comparsa delle deformità. Associati ad una peggior prognosi risultano essere invece: sesso femminile, FR elevato, anticorpi anti-CCP, PCR elevata, VES elevata, noduli sottocutanei, erosioni radiologiche all’esordio, interessamento di più di 20 articolazioni, fumo di sigaretta ed HLA-DR4.

Per la diagnosi e la prognosi sono utili gli esami di laboratorio e la radiologia:
·         Prove di laboratorio
o   FR: anticorpo (generalmente una IgM) diretto contro la porzione Fc di una IgG. Compare in 2/3 dei pazienti adulti con AR ma non è specifico di questa malattia; non consente quindi di fare diagnosi ma la sua presenza ha un valore prognostico sfavorevole.
o   Anticorpi anti-CCP: hanno una sensibilità simile al FR (80%) ma una specificità maggiore (98%); sono quindi molto utili nella diagnosi precoce, così come nella prognosi (si correlano a prognosi sfavorevole).
o   Altri: anemia normocromica e normocitica, VES e PCR elevate (in fase di attività), liquido sinoviale di tipo infiammatorio.
·         Indagini radiologiche
o   Rx: utile soprattutto nel follow-up in quanto in fase iniziale non evidenzia lesioni evidenti (se però rileva la presenza di erosioni ha un indice prognostico negativo).
o   RM: permette di rilevare erosioni molto precocemente.
I nuovi criteri diagnostici ACR/EULAR 2010 sono molto più sensibili (anche se meno specifici) dei precedenti.


Per quanto riguarda il trattamento, questo ha l’obiettivo principale di evitare le deformità e conservare la capacità funzionale mediante l’ottenimento di una bassa o assente attività di malattia. Questa viene comunemente valutata mediante l’indice DAS28 che prevede la valutazione di VES e/o PCR, il numero di articolazioni dolenti e/o tumefatte (si valutano 28 articolazioni e sono esclusi i piedi) ed il punteggio dell’autovalutazione del paziente sullo stato globale di salute (da 0 a 100 dove 100 corrisponde allo stato peggiore e 0 ad uno stato di completo benessere).
Il trattamento in generale comprende:
·         Fisioterapia e riabilitazione: un esercizio adeguato consente di mantenere la mobilità articolare ed evitare l’atrofia muscolare. Il riposo è invece opportuno nelle fasi di riacutizzazione.
·         Stile di vita: cessare l’abitudine tabagica e seguire un regime alimentare “sano”.
·         Farmaci
o   Analgesici e FANS: riducono infiammazione e dolore ma non modificano il decorso della patologia (quindi si aggiungono alla terapia di fondo).
o   Glucocorticoidi: si somministrano solo nelle fasi di esordio o riacutizzazione (per i numerosi effetti collaterali) a dosi medie per poi scalare a dosi basse (da 25mg/die a 5mg/die di prednisone).
o   Farmaci modificatori della malattia (DMARDs): il loro utilizzo precoce modifica la progressione della malattia. Il farmaco di elezione è il methotrexate (MTX) somministrato in unica dose settimanale da 7,5mg a 25mg per via orale, intramuscolare o sottocutanea in associazione ad acido folico (gli effetti collaterali del MTX comprendono infatti una riduzione della produzione di folati, sintomi gastrointestinali, ulcere orali, possibile tossicità ematologica ed epatica e possibile sviluppo di polmonite). La principale alternativa è rappresentata dalla leflunomide, seguita dalla sulfasalazina (SSZ) e da farmaci antimalarici come l’idrossiclorochina (HCQ).
o   Farmaci biologici: i più utilizzati sono quelli che agiscono come anti-TNFα come infliximab, adalimumab ed etanercept in monoterapia od associati a MTX.
·         Chirurgia: in caso di articolazioni gravemente danneggiate si può ricorrere ad artroplastica.

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