Anestetici locali

L'anestesia locale è una perdita della sensibilità in una determinata regione senza perdita della coscienza o compromissione del controllo di funzioni vitali. Gli anestetici locali bloccano transitoriamente e reversibilmente la formazione e la conduzione assonica dell'impulso nervoso a livello sia degli assoni che di altre membrane eccitabili in cui i canali del sodio rappresentano lo strumento principale per la generazione del potenziale d'azione.

Le caratteristiche ideali di un anestetico locale comprendono:
·         Ottima potenza ed efficacia a basse concentrazioni
·         Buona penetrabilità
·         Breve periodo di latenza
·         Lunga durata d’azione
·         Bassa tossicità sistemica
·         Nessuna neurotossicità
·         Completa reversibilità d’azione
·         pH della preparazione il più possibile vicino a quello fisiologico
·         Nessun fastidio all’iniezione
·         Stabilità della preparazione

La struttura della maggior parte degli anestetici locali è caratterizzata da un gruppo lipofilo (generalmente un anello aromatico) unito ad una catena intermedia a cui è legato un gruppo ionizzabile idrofilo (generalmente un'amina secondaria o terziaria).

Il gruppo lipofilo è responsabile della solubilità nei lipidi, della diffusione nei tessuti e nelle membrane biologiche e del legame del farmaco alle proteine plasmatiche (durata d’azione). Condiziona quindi potenza, durata d’azione e tossicità.
La catena intermedia condiziona anch’essa potenza e tossicità, in quanto un allungamento della molecola aumenta la sua liposolubilità, mentre un accorciamento favorisce l’idrosolubilità.
Il gruppo idrofilo influenza invece il grado di ionizzazione della molecola e (quindi la sua pKa) quindi il tempo di latenza (onset). Tanto più la pKa del farmaco è lontana dal pH deu fluidi extracellulari, tanto minore è il farmaco in forma neutra, quindi tanto maggiore sarà la latenza.
Gli anestetici locali sono basi deboli (7,7≤pKa≤8,9), scarsamente solubili ed instabili in acqua.
Per questo vengono combinati con un acido forte (HCl) per ottenere dei sali stabili e solubili in acqua a pH 4-7 per disporre di preparati stabili, iniettabili e diffusibili nei fluidi tissutali.  In soluzione questi sali si dissociano in una base lipofila e uno ione acido idrofilo in equilibrio tra loro.  Gli anestetici che hanno pKa prossimo al pH fisiologico avranno un onset più rapido perché presenti prevalentemente sotto forma non ionizzata (forma che può attraversare le membrane).

Gli anestetici locali si legano reversibilmente a specifici recettori all’interno del poro dei canali per Na+ presenti nei nervi e impediscono il movimento ionico attraverso di esso. Agiscono quindi sulla membrana cellulare impedendo la generazione e la conduzione degli impulsi nervosi. L’entità del blocco prodotto dall’anestetico dipende da quanto il nervo è stimolato. Un nervo in condizione di riposo è meno sensibile ad un anestetico di quanto lo sia un nervo ripetutamente stimolato; ciò dipende dal fatto che l’anestetico si lega al canale del Na+ quando è nello stato aperto o inattivato.
Oltre a bloccare la conduzione negli assoni del sistema nervoso periferico, gli anestetici locali interferiscono con la funzionalità di tutti gli organi in cui avviene la conduzione o la trasmissione di impulsi elettrici. Quindi hanno importanti effetti sul SNC, sui gangli autonomi, sulla giunzione neuromuscolare e su tutti i tipi di muscolo.
Il metabolismo di questi farmaci è epatico, l’escrezione è renale.
L’assorbimento sistemico degli anestetici locali è influenzato da dose, sede di iniezione, legame farmaco-tessuti, utilizzo di sostanze vasocostrittrici e dalle proprietà fisico-chimiche e farmacologiche della molecola.

Il blocco locale è influenzato da:
·         Dose
o   Influenza l’onset, l’intensità e la durata del blocco: aumentando la concentrazione a parità di volume si aumenta l’intensità e si riduce la latenza; aumentando il volume a parità di concentrazione si aumenta l’estensione del blocco
·         Carbonazione
o   Alcalinizzando la soluzione con del bicarbonato si ottiene una quota maggiore di farmaco in forma neutra e quindi maggiormente in grado di attraversare le membrane fosfolipidiche. Da ciò ne deriva un aumento dell’onset, della durata e della potenza
·         Associazione di più farmaci (si sfrutta l’onset di uno e la lunga durata d’azione di un altro)
·         Associazione con vasocostrittori
o   La durata d'azione degli anestetici locali è proporzionale al tempo in cui rimangono a contatto con il nervo. Nella pratica clinica, le preparazioni di anestetici locali contengono spesso anche una sostanza vasocostrittrice (di solito adrenalina) che ha una duplice azione: diminuire la velocità con cui l'anestetico locale viene rimosso dal sito desiderato e limitare la tossicità sistemica (oltre a ridurre il sanguinamento)
·         Gravidanza
o   Accentua distribuzione, durata e intensità del blocco. Nel secondo trimestre la responsabilità è stata attribuita alle modificazioni anatomiche (riduzione dello spazio subaracnoideo per aumento della pressione endoaddominale). Siccome le modificazioni esistono anche nel primo trimestre, è stato chiamato in causa il progesterone, che potrebbe potenziare il blocco di conduzione
·         Sito di iniezione
o   Influenza l’onset e la durata in base alle caratteristiche anatomiche ed alle varie tecniche di anestesia utilizzate

Si distinguono varie forme di anestesia locale:
·         Anestesia topica o di superficie: applicazione diretta di soluzioni acquose di anestetici locali (tetracaina, lidocaina e cocaina) sulla cute o sulle mucose nasali, della bocca, della gola, dell'albero tracheobronchiale, dell'esofago e del tratto genitourinario. L’assorbimento sistemico è rapido (pericolo di tossicità sistemica)
·         Anestesia per infiltrazione: iniezione di un anestetico locale (lidocaina, procaina e bupivacaina) direttamente nella cute dell’area interessata senza tenere conto della ramificazione dei nervi cutanei
·         Anestesia loco-regionale: il blocco periferico viene ottenuto tramite instillazione di anestetici locali a livello della emergenza di radici nervose, da cui originano i tronchi nervosi per determinati distretti corporei. È essenziale la conoscenza della neuroanatomia. L'anestesia loco-regionale ha il vantaggio rispetto all’anestesia generale di una più rapida ripresa del paziente e di causare meno effetti collaterali (mal di gola, nausea, vomito, disorientamento). L'anestesia loco-regionale diventa l'anestesia di scelta per i pazienti a rischio, come i cardiopatici o i soggetti con malattie respiratorie, in quanto si evita la somministrazione di elevati dosaggi di anestetici che possono deprimere la funzionalità cardiovascolare e respiratoria
·         Anestesia tronculare (o da blocco nervoso): iniezione di una soluzione di anestetico locale nelle vicinanze di un tronco nervoso che presiede alla sensibilità della zona interessata. È un blocco sensitivo e motorio (nervo periferico). Si può bloccare un nervo lungo un qualsiasi punto del suo decorso
o   Blocco di un plesso nervoso: blocco di un fascio nervoso costituito da più nervi (es plesso brachiale, cervicale ecc). Si può eseguire più o meno vicino all’emergenza dalla radice. La paresi precede l’anestesia perché all’interno del fascio le fibre motorie decorrono nel mantello mentre le sensitive sono più al centro
·         Anestesia spinale: prevede l'iniezione dell'anestetico nel liquor dello spazio subaracnoideo, all’interno della dura madre, a livello lombare (al di sotto della 2° vertebra lombare). È una tecnica sicura ed efficace indicata per interventi sul basso addome, sugli arti inferiori e il perineo
·         Anestesia epidurale: prevede l'iniezione dell'anestetico nello spazio epidurale, (spazio di pochi mm di spessore compreso tra il legamento giallo e la dura madre) che si estende per tutta l’estensione della colonna vertebrale. Può essere effettuata nelle regioni spinali, lombari, toraciche o cervicali. A differenza della subaracnoidea l’ago non oltrepassa mai la dura madre, ma si ferma a livello del tessuto costituito dallo spazio peridurale. L’anestesia può essere single shot o continua: con questa metodica è possibile posizionare nello spazio peridurale un piccolo catetere attraverso il quale si possono somministrare dosi subentranti di farmaco, che prolungano il tempo di analgesia sino a svariate ore. Si parla in questo caso di "peridurale continua", tecnica con la quale, tra l'altro, si può in ostetricia realizzare il parto indolore.

Gli anestetici più utilizzati comprendono
·         Benzocaina (Foille, Labocaina)
·         Procaina (Novocaina, raro uso odontoiatrico)
·         Tetracaina (non più in uso in Italia)
·         Articaina (Septanest, uso odontoiatrico)
·         Prilocaina (Citanest)
·         Lidocaina (Xylocaina e molti altri)
·         Mepivacaina (Carbocaina e molti altri)

·         Bupivacaina (Marcaina e molti altri)

Anestetici generali

“L’anestesia è quella condizione che rende il paziente insensibile allo stimolo chirurgico” (Oliver Wendell Holmes 1846).
I farmaci anestetici sono quindi farmaci depressivi che causano la parziale o totale perdita della sensibilità dolorifica accompagnata da perdita di coscienza. Si tratta di farmaci con ridotto indice terapeutico (rapporto tra dose letale mediana e dose efficace mediana) che bisogna maneggiare con molta attenzione.

Gli obiettivi dell’anestesia sono:
·         Depressione (globale, ma reversibile) del SNC con perdita della percezione e della risposta agli stimoli esterni
·         Mantenimento dell’omeostasi degli organi durante le procedure chirurgiche
·         Minimizzazione degli effetti potenzialmente deleteri degli anestetici stessi
·         Miglioramento della ripresa post-operatoria

Le caratteristiche dell’anestesia generale comprendono:
·         Incoscienza, depressione dei riflessi ed amnesia (assenza della memoria legata alla fase intraoperatoria)
·         Analgesia
·         Rilasciamento muscolare
·         Controllo delle risposte negative allo stress chirurgico

Un anestetico ideale dovrebbe garantire un’induzione gradevole e rapida dell'anestesia; una ripresa rapida dagli effetti del farmaco; un ampio margine di sicurezza; un’assenza di effetti tossici e collaterali alle dosi utilizzate nella pratica clinica. Tuttavia nessun anestetico possiede tutte queste caratteristiche quando somministrato da solo; per questo motivo si ricorre all’utilizzo di più farmaci per sfruttare le proprietà positive dei singoli e minimizzare gli effetti collaterali.

Fasi dell’anestesia (l’anestesista controlla continuamente le funzioni vitali):
·         Premedicazione
o   Fase caratterizzata da effetti sedativi centrali e di inibizione neurovegetativa, intesi a facilitare l’anestesia (senza abolizione di coscienza). La preanestesia serve a controllare l’ansia preoperatoria; prevenire gli effetti collaterali dell’anestesia (emesi, bradicardia, ipersecrezione salivare); controllare l’attività nervosa riflessa (pazienti ipertesi o cardiopatici); potenziare l’azione dei farmaci anestetici; controllare il dolore preoperatorio (nei pazienti con dolore acuto). È costituita da una associazione di analgesici narcotici (oppioidi), sedativi (benzodiazepine, barbiturici) o tranquillanti fenotiazinici (clorpromazina) o α2-agonisti (preanestesia sedativa), anticolinergici, miorilassanti
·         Induzione
o   È caratterizzata dai seguenti aspetti: perdita di coscienza; mantenimento della pervietà delle vie aeree; stabilità cardiocircolatoria; prevenzione del laringospasmo, vomito e rigurgito. In questa fase il paziente deve essere condotto al piano anestesiologico ottimale (totale indifferenza allo stimolo chirurgico con minima o nulla depressione circolatoria). I farmaci utilizzati comprendono ipnotici, curari, gas freschi (O2, N2O, aria), oppioidi, antiemetici, cortisonici, gastroprotettori
·         Mantenimento
o   Assicura un adeguato piano di anestesia al variare dello stimolo chirurgico. È in questa fase che si realizzano i quattro aspetti fondamentali della anestesia: abolizione dello stato di coscienza (ipnosi); analgesia; rilasciamento muscolare; controllo della risposta allo stress chirurgico. I farmaci utilizzati comprendono ipnotici, curari, gas freschi (O2, N2O, aria), oppioidi, anestetici inalatori
·         Risveglio
o   È caratterizzato dal progressivo recupero neurocomportamentale del paziente, dalla ripresa di un’attività respiratoria spontanea ed efficace, dalla stabilizzazione cardiocircolatoria, dal controllo di rigurgito, nausea, vomito, dolore post-operatorio, brivido. I farmaci utilizzati comprendono gas freschi, antagonisti degli oppiacei e del curaro, anestetici inalatori (scalati gradualmente), ipnotici (scalati gradualmente)
·         Dimissione dalla sala operatoria

I farmaci anestetici si dividono in due grosse categorie
·         Anestetici per via parenterale (barbiturici, propofol e chetamina adiuvati dalle benzodiazepine e/o oppioidi)
·         Anestetici per inalazione (volatili o gassosi)

L’anestesia generale può essere definita come una depressione globale ma reversibile della funzione del SNC con conseguente perdita della risposta a tutti gli stimoli esterni e annullamento della loro percezione.
La potenza di un anestetico generale è di solito misurata determinando la concentrazione che impedisce il movimento in risposta alla stimolazione chirurgica. Per gli anestetici per via inalatoria, la potenza anestetica viene misurata in unità MAC (minimum alveolar concentration), con 1 MAC definito come la minima concentrazione alveolare che impedisce il movimento in risposta alla stimolazione chirurgica nel 50% dei soggetti. Si produce anestesia quando la pressione parziale di anestetico nell’encefalo è uguale o superiore alla MAC. Poiché l’encefalo è molto perfuso l’induzione dell’anestesia si avrà nel corso di minuti.
I punti di forza della MAC:
·         La concentrazione alveolare può essere monitorata in modo continuo misurando la concentrazione di anestetico al termine di un atto respiratorio tramite spettroscopia a raggi infrarossi o spettrometria di massa
·         Fornisce un parametro direttamente correlato alla concentrazione libera dell’anestetico a livello del suo sito di azione nel SNC
·         È un parametro semplice da misurare che riflette un importante obiettivo clinico
La potenza degli anestetici per via endovenosa è molto più difficile da misurare. In generale, la potenza dei composti per via endovenosa è definita come la concentrazione plasmatica libera (all’equilibrio) che produce perdita della risposta all’incisione chirurgica nel 50% dei soggetti.

Gli anestetici generali producono due importanti effetti fisiologici a livello cellulare. In primo luogo, gli anestetici per inalazione possono iperpolarizzare i neuroni. Secondariamente, a concentrazioni anestetizzanti gli anestetici per via sia inalatoria sia endovenosa hanno effetti rilevanti sulla trasmissione sinaptica ed effetti di entità molto più ridotta sulla generazione o propagazione del potenziale d’azione.
Diversi canali ionici ligando-dipendenti, recettori e proteine di trasduzione del segnale sono modulati dagli anestetici generali. Tra questi, la prova più indicativa di un effetto diretto degli anestetici si ha per i recettori GABAA e NMDA e per i canali del K+.

Effetti collaterali dell’anestesia generale
·         Effetti emodinamici: l’effetto fisiologico più rilevante dell’induzione dell’anestesia è una diminuzione della pressione arteriosa sistemica. Tra le cause figurano una vasodilatazione diretta, una depressione del miocardio, un’attenuazione del controllo barorecettoriale e una riduzione del tono simpatico centrale. I diversi composti variano per l’entità dei loro specifici effetti, ma in tutti i casi la risposta ipotensiva è potenziata a causa della sottostante deplezione di volume o dalla preesistente disfunzione miocardica. Anche gli anestetici che mostrano una minima tendenza a causare ipotensione in condizioni normali (es ketamina) devono essere usati con cautela nelle vittime di traumi, in cui la deplezione del volume intravascolare è compensata da un’intensa attivazione del sistema simpatico
·         Effetti respiratori: quasi tutti gli anestetici generali riducono sia lo stimolo centrale della ventilazione sia i riflessi che garantiscono la pervietà delle vie aeree. Pertanto, la ventilazione deve essere generalmente assistita o controllata almeno per un certo periodo durante la chirurgia. Il riflesso della stimolazione della faringe è perso e lo stimolo della tosse è attenuato. Anche il tono dello sfintere esofageo inferiore è ridotto, con possibile rigurgito. L’intubazione endotracheale è stata una delle principali ragioni della diminuzione delle morti per aspirazione durante l’anestesia generale. Il rilassamento muscolare è di enorme importanza durante l’induzione dell’anestesia generale perché facilita le manovre atte a garantire la ventilazione, tra cui l’intubazione endotrcheale. Per ottenere tale rilassamento vengono comunemente utilizzati bloccanti neuromuscolari
·         Ipotermia: i pazienti sviluppano comunemente ipotermia (<36 °C) a causa della ridotta temperatura ambientale, della somministrazione endovenosa di fluidi freddi e dell’alterazione del controllo termoregolatorio
·         Nausea e vomito: sono causati dall’attività degli anestetici sulla zona chemorecettoriale e sul centro del vomito del tronco cerebrale. L’uso di propofol come composto di induzione e del ketorolac (FANS) come sostituto degli oppioidi può ridurre l’incidenza e la gravità della nausea e del vomito nel periodo post operatorio


Anestetici per via parenterale
Gli anestetici per via parenterale sono composti idrofobici di ridotte dimensioni. L’idrofobicità è il fattore chiave che governa la loro farmacocinetica. Dopo un singolo bolo endovenoso, questi farmaci si ripartiscono preferenzialmente nei tessuti altamente perfusi e lipofilici dell’encefalo e del midollo spinale, dove producono anestesia nel tempo di un singolo ricircolo. Successivamente, i livelli ematici decadono rapidamente, con la conseguente ridistribuzione del farmaco dal SNC al sangue. L’anestetico si diffonde poi nei tessuti meno perfusi come il muscolo e gli organi viscerali, e a una velocità minore nel tessuto adiposo poco perfuso ma molto idrofobico. La cessazione dell’anestesia dopo singoli boli di anestetico per via parenterale riflette principalmente la ridistribuzione al di fuori del SNC piuttosto che il metabolismo. La maggior parte della variabilità individuale nella sensibilità agli anestetici per via parenterale può essere spiegata dai fattori di tipo farmacocinetico. Per esempio, nei pazienti con ridotta gittata cardiaca la relativa perfusione cerebrale e la frazione di una dose di anestetico che raggiunge il cervello sono più elevate; per questo motivo i pazienti in shock settico e quelli con cardiomiopatia di solito richiedono dosi ridotte di anestetico. I pazienti anziani tipicamente richiedono una dose più ridotta di anestetico, soprattutto a causa di un minor volume iniziale di distribuzione.
L’anestesia per via parenterale può essere indotta potenziando il sistema gabaergico (benzodiazepine e barbiturici possono causare anestesia potenziando allostericamente l’azione del GABA a livello delle sinapsi inibitorie sulle cellule piramidali) o inibendo quello glutammatergico (la ketamina è un antagonista dei recettori NMDA del glutammato).
Gli anestetici per via parenterale sono i farmaci più comunemente utilizzati per l’induzione dell’anestesia del soggetto adulto. La loro lipofilicità, associata alla relativamente elevata perfusione dell’encefalo e del midollo spinale, comporta una rapida comparsa dell’effetto e una breve durata d’azione dopo una singola dose. Tuttavia questi farmaci si accumulano nel tessuto adiposo prolungando la fase del risveglio se vengono somministrate dosi multiple, in particolare per i farmaci con ridotta velocità di clearance. Tiopental e propofol sono i due composti più utilizzati. Il tiopental ha un profilo di sicurezza stabilito da lungo tempo. Il propofol è vantaggioso per le procedure in cui è desiderabile un ritorno rapido allo stato mentale normale. L’etomidato di solito viene riservato ai pazienti a rischio di ipotensione e/o ischemia miocardica, mentre la ketamina è più indicata per i pazienti con asma e/o per i bambini sottoposti a procedure dolorose e di breve durata.

Tiopental sodico (Pentothal): il tiopental sodico è il barbiturico più frequentemente utilizzato per indurre anestesia. I barbiturici sono forniti come miscele racemiche malgrado l’enantiomero-specificità della loro potenza anestetica. La miscelazione dei barbiturici con farmaci in soluzioni acide durante l’induzione dell’anestesia può comportare una precipitazione del barbiturico come acido libero; per questo motivo, è pratica comune ritardare la somministrazione di altri farmaci finchè il barbiturico sia passato attraverso la cannula per la somministrazione endovenosa. La tipica dose di induzione (da 3 a 4 mg/Kg) di tiopental produce perdita di coscienza in 10-30 secondi con un effetto di picco a 1 minuto e durata dell’anestesia da 5 a 8 minuti. I neonati e i bambini richiedono solitamente una dose di induzione più elevata, mentre i pazienti anziani e le donne in gravidanza richiedono una dose minore. Le dosi possono essere ridotte dopo premedicazione con benzodiazepine, oppioidi o agonisti α2-adrenergici, a causa del loro effetto ipnotico additivo. Il metabolismo (lento) avviene a livello epatico, l’escrezione a livello renale. La profondità dell’anestesia riflette le variazioni della concentrazione del tiopentale nel suo sito d’azione (cervello), che è conseguenza della sua distribuzione: prima al cervello (anestesia profonda primi minuti dalla somministrazione) e poi ridistribuzione agli altri organi (diminuzione progressiva dell’anestesia e risveglio). La sua breve durata d’azione è dovuta alla riduzione della concentrazione plasmatica efficace del farmaco secondaria alla sua distribuzione nei tessuti e non al metabolismo e all’eliminazione.
·         Vantaggi
o   Rapido inizio di azione (elevata liposolubilità)
o   Breve durata di azione (ridistribuzione in altri tessuti)
o   Azione antiemetica
o   Non causa ipertermia maligna
·         Svantaggi
o   L’iniezione perivenosa o arteriosa causa gravi complicanze locali (dolore acuto e necrosi tissutale; endoarterite e trombosi)
o   Provoca depressione respiratoria, tosse e laringospasmo e broncospasmo (attenzione in pazienti asmatici), ipotensione in pazienti ipovolemici
o   Tende ad accumularsi dopo infusione endovenosa continua (prolungamento del periodo di recupero)
o   Ha azione antianalgesica (necessaria co-somministrazione con analgesico)

Propofol: è l’anestetico per via parenterale più utilizzato negli USA. Ha caratteristiche farmacocinetiche simili a quelle del tiopental. A causa della sua emivita di eliminazione ragionevolmente breve (per la clearance molto elevata e la lenta diffusione del farmaco dal compartimento periferico a quello centrale), il propofol è spesso utilizzato per il mantenimento dell’anestesia oltre che per l’induzione (la rapida clearance comporta una ripresa più rapida dall’anestesia e permette di allontanare il paziente più rapidamente dalla sala operatoria una volta risvegliato).
·         Vantaggi
o   Inizio e durata d’azione breve (induzione e risveglio rapidi con possibilità d’infusione continua)
o   Azione antiemetica
o   Non causa ipertermia maligna
o   Non provoca broncospasmo (va meglio per gli asmatici rispetto al tiopental)
·         Svantaggi
o   Depressione della respirazione
o   Riduzione pressione arteriosa
o   Dolore nella sede di iniezione

Ketamina: la ketamina ha proprietà uniche che la rendono utile per anestetizzare pazienti a rischio di ipotensione e broncospasmo e per certe procedure pediatriche. Tuttavia, marcati effetti collaterali ne limitano l’impiego di routine. La ketamina produce rapidamente uno stato ipnotico totalmente distinto da quello degli altri anestetici. I pazienti hanno una profonda analgesia con perdita della risposta ai comandi e amnesia, ma possono avere gli occhi aperti, muovere gli arti involontariamente e presentare una respirazione spontanea. Questo stato catalettico è stato denominato anestesia dissociativa. Il tempo di comparsa dell’azione dopo una dose endovenosa è simile a quella degli altri anestetici, ma la durata dell’anestesia di una singola dose è maggiore.

Etomiodato: l’etomiodato è principalmente utilizzato per l’induzione dell’anestesia nei pazienti a rischio di ipotensione. Ha una rapida insorgenza e una breve durata d’azione.


Anestetici per inalazione
Caratteristica degli anestetici generali è quella di causare un aumento della soglia di eccitazione a cui consegue una diminuzione dell'attività neuronale, sia spontanea che evocata, in molte regioni del SNC. Per quanto riguarda gli anestetici inalatori è stato ipotizzato il coinvolgimento di diversi meccanismi ionici, tra i quali l’attivazione delle correnti di K+. Gli anestetici inalatori si legano infatti ai lipidi ed alle proteine della membrana neuronale modificandone la struttura (fluidità) e quindi la permeabilità agli ioni. Più alta è la liposolubilità dell’anestetico più questo è in grado di legarsi alla membrana neuronale e, di conseguenza, più è potente (ma anche tossico).
Un anestetico per svolgere la sua attività deve raggiungere nel cervello una concentrazione adeguata valutata ed espressa come pressione parziale. Controllare l’anestesia inalatoria significa, quindi, agire sulla pressione parziale del gas anestetico del distretto cerebrale. Raggiunto l'alveolo polmonare con i gas inspirati (il paziente è intubato), il gas anestetico eserciterà al suo interno una pressione parziale. L'anestetico tenderà a spostarsi dall’alveolo verso il sangue (ove la sua pressione parziale è minore o nulla), fino al raggiungimento di un equilibrio fra il distretto alveolare e quello ematico; in seguito lo spostamento del gas anestetico, avverrà dal sangue ai tessuti (compreso l’encefalo).  Tutte queste pressioni parziali tendono ad equilibrarsi con quella di volta in volta presente nell’alveolo. La velocità di trasferimento dell’anestetico dai polmoni al sangue ed ai tessuti è influenzata dalla sua solubilità. La solubilità è la capacità di un soluto (il farmaco) di sciogliersi in un mezzo. Essa è espressa come coefficiente di partizione che descrive come un gas anestetico si distribuisce tra due fasi (gas/sangue) o tra due solventi (sangue/cervello; sangue/tessuto adiposo) una volta raggiunto l’equilibrio.  Dire che la solubilità (sangue/gas) dell’isoflurano è 1,4 è come dire che all’equilibrio (ugual pressione tra i compartimenti analizzati) la concentrazione plasmatica dell’isoflurano sarà 1,4 volte maggiore della sua concentrazione alveolare.
I composti molto solubili nel sangue vengono rapidamente "portati via" dal torrente ematico ad ogni sistole e l'equilibrio (pressione parziale) fra due distretti (alveolo/sangue, sangue/tessuti) si raggiunge molto lentamente, necessitando (per i lunghi tempi che comporta) l'erogazione di grandi quantità di anestetico.
La solubilità condiziona anche la velocità di eliminazione e quindi i tempi di risveglio: per i composti con alta solubilità ematica e tissutale, le quantità di anestetico accumulate nel tessuto adiposo impediranno che le pressioni parziali nel sangue (e negli alveoli) scendano rapidamente; pertanto il risveglio sarà ritardato.

Alotano: è il più potente anestetico generale per inalazione. È un liquido volatile a temperatura ambiente con un coefficiente di ripartizione sangue/gas relativamente alto e un elevato coefficiente di ripartizione sangue/tessuto adiposo. L’induzione con alotano è pertanto relativamente lenta e la concentrazione alveolare dell’alotano rimane sostanzialmente più bassa della concentrazione dello stesso nell’aria inspirata per molte ore dalla somministrazione. Poiché è solubile nel grasso e in altri tessuti corporei, esso si accumula durante somministrazioni prolungate. Pertanto, la velocità di risveglio è allungata in funzione della durata di somministrazione. Per le sue caratteristiche di solito viene utilizzato per il mantenimento dell’anestesia. Non è pungente ed è pertanto ben tollerato per l’induzione dell’anestesia per inalazione, impiego più comune nel bambino, nel quale il posizionamento di un catetere endovenoso nella fase preoperatoria può essere difficile.
·         Effetti collaterali
o   Depressione diretta del miocardio, riduzione della pressione arteriosa (ipotensione) in funzione della dose (dose-dipendenza) e riduzione della gittata e della frequenza cardiaca (attenzione con i pazienti cardiopatici)
o   Riduzione della ventilazione alveolare ed effetto broncodilatatore
o   Rilassamento della muscolatura scheletrica attraverso i suoi effetti deprimenti a livello centrale e il potenziamento dei miorilassanti (tubocuarina)
o   Ipertemia maligna (mutazione del gene per il recettore della rianodina Ryr1 che in presenza di alcuni anestetici consente l’ingresso cellulare di Ca2+): reazione ipermetabolica incontrollabile della muscolatura scheletrica (grave contrazione muscolare) con aumento della temperatura corporea, del consumo di O2 e della produzione di CO2 (se non si interrompe la somministrazione di alotano può avere esito fatale)
o   Riduce il flusso sanguigno renale (e quindi la GFR), splancnico ed epatico (possibile riduzione della capacità degli enzimi microsomiali di metabolizzare i farmaci)

Isoflurano: liquido volatile a temperatura ambiente. Ha un coefficiente di ripartizione sangue/gas significativamente minore rispetto all’alotano, di conseguenza l’induzione e il risveglio sono più rapidi. Inoltre, con l’isoflurano si possono ottenere variazioni della profondità dell’anestesia molto più rapidamente. È caratteristicamente impiegato per il mantenimento dell’anestesia dopo l’induzione con altri agenti a causa del suo odore pungente, ma l’induzione dell’anestesia può essere ottenuta in meno di 10 minuti. È un potente vasodilatatore delle arterie coronarie e produce contemporaneamente un aumento del flusso ematico coronarico e una riduzione del consumo di ossigeno a livello miocardico. In teoria, ciò lo rende un anestetico particolarmente sicuro da usare in pazienti con cardiopatia ischemica. L’isofluorano è molto più potente dell’alotano nel potenziare i bloccanti neuromuscolari. Riduce il flusso sanguigno renale (e quindi la GFR), splancnico ed epatico (possibile riduzione della capacità degli enzimi microsomiali di metabolizzare i farmaci) e può provocare ipertermia maligna.

Desflurano: liquido altamente volatile a temperatura ambiente con coefficiente di ripartizione sangue/gas particolarmente ridotto (0,42) e scarsa solubilità nel tessuto adiposo e negli altri tessuti periferici. Per questi motivi la concentrazione alveolare (ed ematica) aumenta rapidamente fino a raggiungere i livelli della concentrazione dell’aria inspirata. Ciò consente di indurre molto rapidamente l’anestesia e di variare rapidamente il grado di profondità della stessa modificando la concentrazione nell’aria inspirata. Anche il risveglio dall’anestesia è molto rapido. È molto utilizzato nella chirurgia di tipo ambulatoriale. Per le sue caratteristiche irritanti (può indurre tosse, ipersalivazione e broncospasmo) è somministrato per il mantenimento dell’anestesia e non per l’induzione. Può provocare ipertermia maligna.

Sevoflurano: liquido volatile a temperatura ambiente che può subire una reazione esotermica con la calce sodata disseccata utilizzata per assorbire l’anidride carbonica, producendo ustioni a livello delle vie aeree (si deve quindi fare attenzione che il sevoflurano non sia utilizzato con apparecchiature per anestesia in cui il substrato per l’assorbimento dell’anidride carbonica sia stato essiccato da un prolungato flusso gassoso). La ridotta solubilità nel sangue e in altri tessuti consente di indurre rapidamente l’anestesia, di modificare velocemente il grado di profondità variando la concentrazione somministrata e di ottenere un rapido risveglio dopo interruzione della somministrazione. Per queste sue caratteristiche, il sevoflurano è ampiamente utilizzato, in modo particolare per l’anestesia in regime ambulatoriale. È indicato per l’induzione dell’anestesia per via inalatoria (in particolare nei bambini) perché non irrita le vie aeree. Nei bambini è associato a delirium al risveglio (senza conseguenze a lungo termine). Può provocare ipertermia maligna.

Protossido d’azoto: N2O è, a temperatura ambiente, un gas incolore e inodore. È dotato di attività analgesica (per stimolazione dei neuroni del sistema oppioide nella sostanza grigia periacqueduttale e dei neuroni adrenergici nel locus coeruleus) e amnesica; è invece un debole anestetico (antagonista dei recettori NMDA). Viene principalmente usato per indurre analgesia e lieve sedazione in corso di interventi odontoiatrici. In sala operatoria viene utilizzato (non puro) in aggiunta ad altri anestetici per inalazione o per via endovenosa (il protossido d’azoto riduce sostanzialmente la dose di anestetici per inalazione consentendo la somministrazione di concentrazioni ridotte di anestetici alogenati). Uno dei principali problemi del protossido d’azoto è che si scambia con l’azoto in qualsiasi cavità corporea contenente aria. Inoltre, a causa dei loro differenti coefficienti di partizione sangue/gas, il protossido d’azoto entra nella cavità più velocemente di quanto faccia l’azoto nell’uscire, aumentando così il volume e/o la pressione nella cavità (dovrebbe essere evitato in caso di pneumotorace, ostruzioni a livello dell’orecchio medio, emboli gassosi, ostruzione di anse intestinali, bolle d’aria a livello endoculare, bolle polmonari e aria a livello endocranico).


Adiuvanti per l’anestesia
Benzodiazepine: sebbene siano in grado di produrre un’anestesia simile a quella dei barbiturici, esse non sono utilizzate per ipnosi in quanto, a dosi anestetizzanti possono causare amnesia e sedazione prolungate (l’azione delle benzodiazepine può essere antagonizzata in maniera selettiva dal flumazenil). Sono ampiamente usati per la premedicazione anestetica, come coadiuvanti degli anestetici per indurre e mantenere il sonno e perché inducono amnesia anterograda; sono usate da sole in interventi che non richiedono analgesia come le endoscopie e il cateterismo cardiaco. Vengono usate per la prevenzione ed il controllo delle convulsioni indotte da anestetici locali.
·         Diazepam (Valium) à Dopo iniezione endovenosa viene rapidamente distribuito al cervello, ma occorrono diversi minuti prima che induca sonnolenza
·         Midazolam (Ipnovel) à è un sale idrosolubile non irritante quando somministrato per iniezione endovenosa. È dotato di un rapido inizio d’azione, potenza maggiore del diazepam, rapida eliminazione metabolica (ha quindi un effetto più breve del diazepam ma l’effetto aumenta con infusioni prolungate) e scarsi effetti cardiorespiratori (tali caratteristiche lo rendono preferibile alle altre benzodiazepine in corso di anestesia generale)

Agonisti α2-adrenergici: la clonidina è un farmaco antiipertensivo con proprietà sedative (mima l’effetto degli oppioidi a livello del locus coeruleus); riduce la dose necessaria di farmaci analgesici e anestetici. Somministrata 90 minuti prima dell’intervento chirurgico provoca sedazione e riduzione dell’ansia. Altri agonisti α2-adrenergici altamente selettivi a livello centrale usati in anestesia sono l’azapexolo e la dexmedetomidina.


Analgesici
Ad eccezione della ketamina, nessun anestetico ha un’efficace azione analgesica. A questo scopo sono utilizzati farmaci in co-somministrazione con gli anestetici. FANS, inibitori selettivi della COX-2 e paracetamolo forniscono talvolta un’adeguata analgesia per procedure chirurgiche minori. Tuttavia, in virtù della rapida e profonda analgesia prodotta, gli oppioidi sono i principali analgesici usati durante il periodo perioperatorio. Dosi alte e ripetute (di oppioidi) possono dare depressione respiratoria e sedazione prolungate per cui è necessaria ventilazione meccanica (è possibile antagonizzare l’effetto con antagonisti oppioidi come il naloxone o il naltrexone).
Oppioidi e neurolettici (es Leptofen, fentanil+droperidolo) sono usati nella neuroleptoanestesia, procedura utilizzata in interventi chirurgici minori ed in procedure diagnostiche come endoscopie, studi radiologici, medicazioni di ustioni (buona analgesia, ridotta vigilanza, attività motoria e contatto con l'ambiente circostante (sedazione), non avviene abolizione dello stato di coscienza).


Bloccanti neuromuscolari
Determinano il blocco della trasmissione colinergica a livello della placca neuromuscolare (recettori nicotinici) con conseguente paralisi flaccida. I curari naturali (tubocurarina, pancuronio, vecuronio) sono antagonisti competitivi dei recettori nicotinici (N2) della placca neuromuscolare (l'azione paralizzante inizia dai muscoli oculari e delle mani, gli ultimi sono i muscoli intercostali e diaframmatici). I curari depolarizzanti (succinilcolina) agiscono da agonisti nicotinici che depolarizzano persistentemente la fibra muscolare e quindi la desensibilizzano alla successiva attivazione da parte dell'ACh.





Farmacologia dell'ipersecrezione gastrica

Le patologie correlate all’ipersecrezione gastrica sono molto comuni. La secrezione di acido cloridrico è mediata dall’attività della pompa H+/K+ (la cosiddetta pompa protonica) presente a livello delle cellule parietali dello stomaco, la quale scambia ioni idrogeno e potassio generando un altissimo gradiente ionico (pH intracellulare di circa 7,3, pH canalicolare di circa 0,8). I meccanismi che presiedono alla secrezione acida ed alla protezione della mucosa gastrica sono molteplici. Nel complesso (e semplificando in maniera considerevole) si può affermare che la secrezione acida gastrica è stimolata dall’azione della gastrina (prodotta dalle cellule G), dell’acetilcolina e dell’istamina (prodotta dalle cellule enterocromaffino-simili) ed inibita dall’azione della somatostatina e delle prostaglandine. Un ulteriore meccanismo di difesa per le cellule epiteliali gastriche è rappresentato dalla secrezione di muco e bicarbonato che formano uno strato parietale difensivo (le prostaglandine, oltre ad inibire la secrezione di HCl, stimolano anche la produzione di muco).

I farmaci utilizzati per il trattamento dell’iperacidità si dividono in:
·         Inibitori della pompa protonica (IPP) à si tratta di profarmaci lipofili somministrati per via orale mediante formulazioni resistenti al pH gastrico. Sono disponibili sei IPP (di efficacia equivalente) per uso clinico: omeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo, deslansoprazolo, rabeprazolo e pantoprazolo. Questi farmaci vengono assorbiti a livello intestinale e raggiungono, mediante il torrente ematico, le cellule parietali gastriche. A livello gastrico si accumulano nell’ambiente acido dei canalicoli secretori dove vengono attivati e, legandosi covalentemente ai gruppi sulfidrilici della pompa protonica, inattivano irreversibilmente la funzione di quest’ultima. A causa della loro irreversibilità, sebbene questi farmaci abbiano un’emivita di circa 1-2 ore, essi provocano una prolungata (24-48 ore) soppressione della secrezione acida (la secrezione di acido gastrico infatti riprende solo quando nuove molecole della pompa vengono sintetizzate ed espresse nella membrana luminale). I farmaci di questa classe dovrebbero essere somministrati circa 30 minuti prima dei pasti. Poiché non tutte le pompe protoniche o tutte le cellule parietali sono attive simultaneamente, la massima abolizione della secrezione acida gastrica si ottiene dopo dosaggi ripetuti di farmaco. La presenza di epatopatia riduce l’eliminazione di questi farmaci (metabolizzati in particolare dal CYP2C19 e dal CYP3A4). Gli IPP causano pochi effetti collaterali, i più comuni sono nausea, dolore addominale, stipsi, flatulenza e diarrea. Determinando l’innalzamento del pH gastrico possono aumentare l’insorgenza di infezioni batteriche e determinare l’aumento della secrezione di gastrina
·         Antagonisti del recettore H2 à questi farmaci (cimetidina, ranitidina, famotidina, nizatidina) inibiscono la secrezione acida mediante la competizione reversibile con l’istamina per il legame ai recettori H2 delle cellule parietali. Questi farmaci inibiscono prevalentemente la secrezione acida basale, e ciò rende conto della loro efficacia nella soppressione dell’acidità notturna. Rapidamente assorbiti dopo somministrazione orale, raggiungono le concentrazioni massime entro 1-3 ore. Essendo eliminati per via renale, è importante ridurre le dosi di farmaco nei pazienti che presentano una ridotta clearance della creatinina. Come per i farmaci della classe precedente, anche questi farmaci presentano scarsi effetti collaterali. L’impiego a lungo termine di cimetidina ad alte dosi (raro) può aumentare la secrezione di prolattina (con perdita della libido e galattorrea), ridurre il legame del testosterone al recettore degli androgeni (impotenza) ed inibire un citocromo responsabile dell’idrossilazione dell’estradiolo (ginecomastia). La cimetidina inibisce diversi citocromi e può quindi aumentare i livelli plasmatici di vari farmaci (la ranitidina influisce invece molto meno mentre famotidina e nizatidina non hanno interazioni significative con i citocromi epatici)
·         Analoghi delle prostaglandine à farmaci come misoprostolo (analogo della PGE1) ed enprostil (analogo della PGE2) agiscono inibendo la produzione di HCl e stimolando quella di muco e bicarbonati
·         Antagonisti dei recettori muscarinici à farmaci come la pirenzepina e la telenzepina svolgono azione anticolinergica inibendo l’azione dell’acetilcolina a livello gastrico (che stimola le cellule parietali a produrre HCl e le cellule enterocromaffino-simili a produrre istamina). Gli effetti collaterali possono comprendere secchezza delle fauci, visione offuscata, stipsi e tachicardia
·         Sucralfato à questo polisaccaride solfatato aderisce ai crateri ulcerosi inibendo l’idrolisi proteica (della mucosa) da parte della pepsina e stimolando la produzione di prostaglandine e EGF. Il sucralfato, inoltre, lega i sali biliari e può essere utilizzato nei pazienti con esofagite o gastrite biliare


·         Antiacidi à si tratta di sali basici in grado di tamponare l’acidità gastrica senza agire sulla secrezione. L’alterazione del pH può provocare alterazioni nell’assorbimento di altri farmaci, per cui si consiglia di assumere gli antiacidi a distanza di almeno 2 ore dagli altri farmaci (generalmente si somministrano 1 ora dopo i pasti e prima di dormire). Il bicarbonato di sodio ha effetto rapido ma, essendo molto idrosolubile, viene rapidamente assorbito. Il carico di basi e di sodio da esso prodotto può determinare un aumento della pressione arteriosa (è controindicato nei pazienti ipertesi e/o cardiopatici); la liberazione di CO2 (dal bicarbonato e dal carbonato) può invece causare distensione addominale, eruttazione e flatulenza. Il calcio carbonato non viene assorbito a livello intestinale ma può (il calcio) indurre un aumento del rilascio di gastrina. L’idrossido di magnesio è il più potente antiacido disponibile (può causare diarrea) ed è spesso somministrato in combinazione con l’idrossido di alluminio (che invece può provocare stipsi)

Antistaminici (anti H1)

L’istamina è un’amina biogena sintetizzata per decarbossilazione dell’amminoacido istidina da parte dell’enzima L-istidina decarbossilasi. Il sito principale di accumulo dell’istamina in molti tessuti è il mastocita; nel sangue è il basofilo. Queste cellule sintetizzano l’istamina e la accumulano in granuli secretori. Dopo il suo rilascio dai granuli di deposito come risultato dell’interazione dell’antigene con le IgE sulla superficie dei mastociti e dei basofili, l’istamina svolge le proprie funzioni agendo su quattro recettori metabotropi:
·         Recettori H1 à questi recettori sono situati prevalentemente a livello della muscolatura liscia delle vie respiratorie, delle terminazioni nervose e dell’endotelio. Il legame dell’istamina con H1 svolge un ruolo centrale nelle risposte di ipersensibilità immediata ed allergiche, provocando vasodilatazione dei vasi di piccolo calibro (indotte dal rilascio di NO), incremento della permeabilità capillare (determinando la contrazione delle cellule endoteliali si allargano le tight junction), bronco costrizione (determinando contrazione della muscolatura liscia soprattutto nei pazienti con asma bronchiale o altre patologie polmonari, mentre tale effetto è meno pronunciato in individui sani), prurito e dolore (sensibilizzando le terminazioni nervose), aumento dellle secrezioni mucose, calore ed arrossamento della cute. I recettori H1 hanno alta affinità per l’istamina, provocando reazioni a rapida insorgenza ma di breve durata; di conseguenza, i farmaci antagonisti di questi recettori contrastano efficacemente le risposte che si verificano a basse concentrazioni di istamina, ma attenuano solamente la fase iniziale delle risposte più intense indotte da concentrazioni elevate di amina
·         Recettori H2 à questi recettori sono presenti prevalentemente a livello delle cellule parietali gastriche e nei cardiomiociti. A livello gastrico, la loro stimolazione determina la secrezione di HCl; a livello cardiaco invece si verificano lievi effetto inotropo e cronotropo positivi. L’azione mediata da questi recettori ha un’insorgenza più lenta ma una durata maggiore rispetto a quella mediata dalla stimolazione dei recettori H1
·         Recettori H3 à presenti soprattutto a livello del SNC (e soprattutto a livello ipotalamico), modulano la sintesi ed il rilascio di istamina in questa sede (agisce infatti come neurotrasmettitore)
·         Recettori H4 à questi recettori sono i meno studiati; sembrano avere un ruolo a livello del sistema immunitario, dal momento che sono presenti soprattutto a livello di intestino, milza, timo e cellule immunitarie attive

L’istamina svolge anche un ruolo a lungo termine (2-8 ore), provocando il reclutamento dei macrofagi ed interferendo con il controllo del ritmo circadiano, dell’appetito, dell’attenzione, della memoria e del ciclo sonno-veglia.

Tutti gli “antagonisti” per il recettore H1 disponibili sono in realtà agonisti inversi che riducono l’attività costitutiva del recettore e competono con l’istamina. Mentre il legame al recettore dell’istamina riduce un cambiamento conformazionale completo, gli antistaminici generano una conformazione inattiva.
Gli antagonisti dei recettori H1 hanno una precisa collocazione nel trattamento sintomatico di varie reazioni di ipersensibilità immediata. In particolare, gli antagonisti H1 sono particolarmente utili nel trattamento di sindromi allergiche acute che si presentano con rinite, orticaria e congiuntivite (febbre da fieno), in cui questi farmaci hanno effetto benefico su starnuti, rinorrea e prurito degli occhi, del naso e della gola. Molti pazienti rispondono bene al trattamento, soprattutto all’inizio della stagione dove il livello dei pollini è basso; tuttavia, questi farmaci sono meno efficaci quando gli allergeni sono più abbondanti, l’esposizione è prolungata e la congestione nasale è rilevante. Gli antagonisti sono utili anche nel trattamento del prurito (dermatite atopica e da contatto), sebbene i corticosteroidi per uso topico siano più efficaci. Inoltre, le proprietà centrali di alcune di queste classi di composti sono utilizzate a scopo terapeutico nella cura della cinetosi e per la sedazione

Si distinguono antagonisti H1
·         Di prima generazione (prometazina, idrossizina, ciclizina, dimenidrinato)
o   Si tratta di molecole lipofile, in grado di attraversare la barriera ematoencefalica, che presentano caratteristiche molto simili all’istamina ed alta affinità per i recettori muscarinici dell’acetilcolina. A causa del coinvolgimento del SNC, l’effetto collaterale più frequente di questi farmaci è rappresentato dalla sedazione (motivo per il quale sono stati sviluppati gli antagonisti di seconda generazione). Gli effetti sul sistema colinergico possono talvolta essere sfruttati, farmaci come la prometazina vengono infatti utilizzati come blandi sedativi. Poiché l’istamina agisce anche a livello dei centri del vomito, farmaci come il dimenidrinato vengono utilizzati per il trattamento dei casi meno gravi di cinetosi (il trattamento dei casi più gravi è invece effettuato mediante l’antagonista muscarinico scopolamina)
·         Di seconda generazione (cetirizina, levocetirizina, ebastina, fexofenadina)
o   Si tratta di molecole dotate di minor lipofilia (l’effetto sedativo è minore o assente), lunga emivita e rapida azione. Ad eccezione della fexofenadina, si tratta di pro farmaci i cui precursori, accumulandosi, possono risultare cardiotossici (interferendo con l’apertura dei canali del potassio rallentano la ripolarizzazione e prolungano il QT)






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