I
noduli tiroidei, singoli o multipli, sono patologie di frequente riscontro in
ambito clinico, e vengono sempre più spesso diagnosticate incidentalmente come
conseguenza del largo utilizzo di tecniche di imaging molto sensibili.
La
prevalenza di questa patologia è maggiore nel sesso femminile ed aumenta con
l’aumentare dell’età, presentandosi ecograficamente nel 50-60% della
popolazione al di sopra dei 60 anni. Una maggior frequenza è riscontrabile
nelle aree a carenza iodica e nei pazienti sottoposti ad irradiazione del collo
(soprattutto se l’irradiazione è avvenuta entro i 18 anni, quando la tiroide si
trova ancora in una fase di proliferazione).
Se è
vero che si tratta di una patologia molto frequente, è altresì vero che,
fortunatamente, solo il 3-5% di tutti i noduli presenta un andamento maligno e,
anche in caso di nodulo maligno, la prognosi (escluse rare eccezioni) risulta
essere estremamente favorevole, con una sopravvivenza a 5 anni superiore all’85%.
Carcinoma
tiroideo: anche se la prevalenza di carcinoma tiroideo sembra essere in
aumento, la mortalità per questa patologia risulta invece in diminuzione. Questo
apparente paradosso è principalmente dovuto al miglioramento delle tecniche
diagnostiche, che consentono di effettuare una diagnosi precoce anche in caso
di micronoduli con dimensioni inferiori ad 1 cm, ed al miglioramento delle
conoscenze e delle possibilità terapeutiche.
L’età
alla diagnosi risulta essere il fattore prognostico più importante: se nel
giovane infatti, il tumore è generalmente più differenziato e quindi meno
aggressivo, con l’età sono più frequenti
tumori indifferenziati (sopra i 45 anni la prognosi peggiora).
La
prognosi è influenzata inoltre dalla variante istologica, dall’estensione del
tumore (sopra i 4 cm la prognosi peggiora), dalla presenza di metastasi e dal
tipo di trattamento iniziale.
I
quattro istotipi di carcinoma tiroideo, come già accennato, presentano
prevalenza ed andamento clinico sensibilmente diversi. Fortunatamente le forme
che si riscontrano con maggiore frequenza risultano essere anche le meno
aggressive e, per questo, quelle con la prognosi migliore:
·
Carcinoma
papillare (70%) à si tratta
dell’istotipo più frequente ma anche del meno aggressivo. La colloide è
addensata, le cellule molto numerose ed aggregate in papille. Sono presenti
vacuoli o pseudoinclusi intranucleari (ripiegamenti della membrana nucleare nei
quali si inserisce il citoplasma) che possono dare alla cellula un
caratteristico aspetto a “chicco di caffè”
·
Carcinoma
follicolare (15%) à presenta una
struttura identica a quella tiroidea ma con evidenti invasioni della capsula o
dei vasi
·
Carcinoma midollare
(10%) à non origina dalle cellule follicolari ma dalle
cellule C (parafollicolari calcitonina secernenti)
·
Carcinoma
anaplastico (5%) à totale
indifferenziamento cellulare
Diagnosi
di un nodulo tiroideo
L’iter
clinico da seguire per la diagnosi di un nodulo tiroideo consta di tre fasi
principali: diagnostica di laboratorio, ecografia e FNAB.
Esami
di laboratorio: i parametri che vanno indagati in laboratorio comprendono il TSH reflex, gli anticorpi anti-tiroide ed
infine la calcitonina. Il TSH reflex
è un protocollo diagnostico che prevede il dosaggio iniziale del solo TSH e, in
caso di alterazioni nella sua concentrazione, anche degli ormoni tiroidei (sullo
stesso prelievo ematico); risulta quindi essere un ottimo indice di
funzionalità tiroidea. La ricerca di eventuali anticorpi anti-tiroide è mirata invece ad evidenziare una possibile
autoimmunità nodulo-associata ed infine la calcitonina
viene dosata in quanto preciso marcatore di carcinoma midollare della tiroide.
I quadri che si possono presentare comprendono:
·
TSH normale e
calcitonina elevata à sospetto carcinoma
midollare della tiroide (si effettua allora un test di stimolo con il calcio e
si valuta la risposta della calcitonina)
·
TSH normale e
calcitonina normale à gozzo uni o multinodulare
normofunzionante (o non tossico)
·
TSH inferiore
alla norma con ormoni tiroidei liberi normali o elevati e calcitonina normale à gozzo uni o multinodulare pretossico (se gli ormoni
liberi sono normali) o tossico (se gli ormoni liberi sono elevati). In questo
caso può essere indicata una scintigrafia come esame di secondo livello
·
Anticorpi anti Tg
e/o anti TPO positivi (TSH ed ormoni liberi non contano) à tireopatia autoimmune variante nodulare (o gozzo uni
o multinodulare con anticorpi anti tiroidei positivi)
Ecografia:
si valutano dimensioni ed ecogenicità della tiroide e, successivamente,
l’eventuale nodulo. Del nodulo si analizzano dimensioni (attenzione, il 20% dei
soggetti normali presenta aree cistiche di 1-3 mm che corrispondono a follicoli
dilatati, non a noduli), ecogenicità e costituzione, distinguendo così noduli
solidi, misti o cistici. I noduli cistici possono essere sepimentati e/o
contenere vegetazioni (da non confondere con coaguli); se bucati danno luogo
alla fuoriuscita di contenuto liquido color cocacola (per la contaminazione
ematica della colloide) o color miele (se si tratta di pura colloide senza
contaminazione ematica). Se il nodulo è racchiuso da una capsula, cosa che avviene
nella maggioranza dei casi (segno di benignità), questa è sempre anecogena. Un aspetto
da tenere in considerazione è la forma del nodulo: un nodulo tondo/ovalare è
solitamente benigno; molto peggio se presenta forma allungata (se non segue la
forma della tiroide significa che è rigido e non si fa comprimere, segno sospetto)
e/o irregolare (con digitazioni invasive). Bisogna
porre particolare attenzione nel valutare se sono presenti delle calcificazioni
(la maggior parte dei noduli non ha calcificazioni), le quali possono essere
capsulari (comprendono tutta la capsula), a guscio (riguardano la capsula ma
non nella sua totalità), lineari o microcalcificazioni intranodulari (segno
ecografico di malignità, corrispondono ai corpi psammomatosi, calcificazioni
concentriche formatesi come risultato della desquamazione di cellule
apoptotiche).
Giunti
a questo punto si può fare una valutazione con EcocolorDoppler per indagare la
vascolarizzazione della tiroide e, soprattutto, dei noduli. In caso di assente
vascolarizzazione, la diagnosi deve essere orientata maggiormente verso il
nodulo cistico; una vascolarizzazione perinodulare è solitamente un segno di
benignità mentre una vascolarizzazione peri ed intranodulare aumentata indicano
la presenza di un nodulo “sospetto”.L’ultima manovra da effettuare con l’ecografo
è la valutazione dei linfonodi del collo (perché il carcinoma papillare, in più
del 50% dei casi, dà metastasi ai linfonodi del collo).
Un nodulo sospetto all’ecografia è quindi
un nodulo ipoecogeno (il nodulo
maligno è generalmente ipoecogeno ma il 95% dei noduli ipoecogeni sono
benigni), con assenza di alone periferico (o, se c’è la capsula, con interruzione della stessa), margini
irregolari, microcalcificazioni ‘a spruzzo’, vascolarizzazione
intranodulare e con presenza di linfonodi sospetti o pacchetti
linfonodali.
Citologia
su agoaspirato (FNAB): esame di secondo livello che si effettua in caso
l’ecografia mostri la presenza di un nodulo sospetto. L’agoaspirato è una
tecnica che prevede l’aspirazione di cellule da una lesione focale (come il
nodulo tiroideo); è caratterizzata da un’alta sensibilità (85.6%) e da
un’altissima specificità (97,6%). Una volta raccolto, il prelievo va subito
strisciato su un vetrino, fatto asciugare all’aria o fissato in alcol (in base
alla colorazione che si dovrà effettuare) e colorato per essere analizzato. La
descrizione del prelievo effettuato segue una classificazione concordata tra anatomopatologi
e clinici, la classificazione TIR:
·
TIR 1 à non diagnostico: inadeguato (non ci sono cellule
leggibili per errori o alterazioni durante la preparazione) o non
rappresentativo (le cellule non sono in numero sufficiente, devono essere
almeno 6 gruppi di 10 cellule tiroidee su più di un vetrino). Si verifica in
meno del 10% dei prelievi (possibilmente intorno al 2-4%) e rende necessaria la
ripetizione dell’esame dopo almeno 1 mese
o
TIR 1C: nonostante
il campione sia inadeguato, la presenza di macrofagi e abbondante colloide
associato ad un’evidenza ecografica di nodulo cistico, consente di ipotizzare
come benigna la lesione (tuttavia la mancanza di tireociti non consente di
definirlo TIR2)
·
TIR 2 à benigno. Si verifica nel 70-80% dei casi ed è
caratterizzato dalla presenza di abbondante colloide, scarsi tireociti privi di atipie e
possibili linfociti (come nei casi di una tiroidite). Si consiglia il follow up
·
TIR 3 à lesione indeterminata. Un tempo non veniva fatta
distinzione in sottoclasse e rappresentava tutte le condizioni di
proliferazione follicolare (numerosi tireociti con poca colloide). È la
condizione più difficile e necessita di una corretta collaborazione clinico-anatomopatologo-paziente.
Il rapporto tra cellule (che non hanno caratteristiche di carcinoma) e colloide
è molto alto e, in base alla grandezza del rapporto, si divide questa categorie
in due sottoclassi (entrambe con una frequenza inferiore al 10%)
o
TIR 3A: basso
rischio, meno del 10% di rischio di malignità (consigliato il follow up per noduli di dimensioni inferiori a 1,5 cm; se le dimensioni sono maggiori si può pensare ad una lobectomia/tireoidectomia senza esame istologico intraoperatorio)
o
TIR 3B: alto
rischio, 15-30% del rischio di malignità (consigliata asportazione chirurgica)
per la netta predominanza di cellule di Hurtle (detti anche oncociti, si tratta
di cellule tiroidee metaplastiche con citoplasma molto eosinofilo, numerosi
mitocondri e nuclei con nucleoli molto evidenti)
·
TIR 4 à sospetto maligno non follicolare (poche cellule con
atipie evidenti). Si presenta con una frequenza del 5% ed ha un rischio di
malignità del 60-80%. È indicata la chirurgia: lobectomia totale con esame istologico intraoperatorio ed eventuale totalizzazione
·
TIR 5 à maligno non follicolare (positivo per cellule
neoplastiche). Si presenta con una frequenza del 5-10% e necessita
dell’asportazione chirurgica (tiroidectomia totale).
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