Malattia scheletrica sistemica (l’osteoporosi classica
colpisce tutto lo scheletro; esistono anche forme localizzate ma non è quello
che si intende con l’osteoporosi genericamente detta) caratterizzata dalla
perdita di massa ossea e dalla distruzione della microarchitettura del tessuto
osseo con aumento della fragilità dell’osso e della tendenza alle fratture.
Si tratta di una malattia molto frequente che spesso
progredisce senza alcun sintomo sino alla frattura.
Epidemiologia: si stima che 1 donna su 3 dopo i 50 anni andrà
incontro ad un crollo vertebrale. L’osteoporosi è più frequente nelle donne
bianche (gradiente nord-sud) ed asiatiche >50 anni, probabilmente sia per
fattori genetici che per fattori ambientali (es esposizione solare). La tendenza all’invecchiamento della popolazione
generale rende questa patologia molto rilevante (costo: 14 bilioni di dollari in USA).
Fattori di rischio
·
Sesso femminile (le donne raggiungono un picco
di massa ossea minore rispetto agli uomini e la menopausa ne causa una
riduzione marcata)
·
Taglia corporea minuta (probabilmente per
ridotto stimolo meccanico)
·
Età avanzata
·
Familiarità per osteoporosi
·
Menopausa precoce
·
Dieta povera di calcio
·
Uso giornaliero di alcuni farmaci (steroidi,
anticonvulsivanti, ormoni tiroidei, antiblastici)
·
Bassi livelli di testosterone (negli uomini)
·
Vita sedentaria
·
Fumo di sigaretta
·
Abuso di alcool
·
Malassorbimenti
Scolasticamente l’osteoporosi si può classificare in:
·
Primaria
o
Postmenopausale
§
Avviene subito dopo la menopausa o nei 10 anni
successivi (55-70 anni)
o
Senile
§
>70 anni nella donna, >80 anni nell’uomo (il
rapporto maschio-femmina tende a tornare 1:1)
·
Secondaria a cause
o
Endocrine: iperparatiroidismo, ipertiroidismo,
ipercorticismo (Cushing), amenorrea
o
Gastroenterologiche: gastrectomia, morbo di
Crohn, malattia celiaca
o
Ematologiche: mieloma, linfoma, leucemia
o
Reumatiche: artrite reumatoide
o
Iatrogene: farmaci (es terapia prolungata con
steroidi)
o
Malnutrizione (nei soggetti anoressici le ossa
sono molto fragili)
o
Malattie genetiche: ipofosfatasia dell’adulto,
malattie del collagene, malattie del metabolismo degli amminoacidi
Fisiologia
Le ossa hanno un ruolo fondamentale nell’organismo:
·
Costituiscono la struttura portante
·
Proteggono gli organi interni
·
Sono una riserva di minerali tra cui il calcio
Tipi di osso:
·
Corticale o compatto: osso molto denso che si
trova soprattutto nella diafisi delle ossa lunghe
·
Trabecolare o spugnoso: osso meno denso
costituito da lamelle che formano trabecole orientate nelle varie dimensioni
dello spazio (si trova soprattutto a livello delle epifisi)
L’osteone è l’unità elementare del tessuto osseo ed è
composto da strati concentrici di lamelle ossee. Nel tessuto compatto gli
osteoni saranno quindi fittamente stipati; nel tessuto spugnoso saranno invece
disposti a costituire le trabecole. L’osteone è composto da strati concentrici
di lamelle ossee, da un canale centrale contenente il vaso sanguigno e da
canali laterali che contengono altri tipi di vasi.
Nell’osteone agiscono osteoclasti, osteoblasti ed osteociti.
·
Osteoclasto: cellula polinucleata che,
attraverso la formazione di lacune ossee, determina il riassorbimento osseo
(produce una fosfatasi acida che degrada l’osso liberando sali di calcio e
frammenti di collagene tra cui l’idrossiprolina)
·
Osteoblasto: piccola cellula che depone nuova
matrice ossea (che tende progressivamente a calcificarsi) e produce fosfatasi
alcalina e osteocalcina (stimolano la calcificazione ossea)
·
Osteocita: cellula in quiescenza inglobata nelle
lacune ossee connessa sia agli osteoclasti sia agli osteoblasti
Rimodellamento osseo: l’osso si crea e si distrugge in
continuazione (non è un organo statico!). In caso di rimodellamento
fisiologico, la prima fase di quiescenza è seguita da attivazione osteoclastica
(gli osteoclasti rimangono attivi per 8 giorni) e poi dalla fase di inversione
caratterizzata dall’attivazione degli osteoblasti.
Le fasi di degradazione, riassorbimento e deposizione
avvengono in punti differenti dell’osteone.
C’è una certa differenza tra modellamento e rimodellamento.
All’inizio della nostra vita, fino al raggiungimento del picco massimo (il
cosiddetto picco di massa ossea), la massa ossea aumenta progressivamente (modellamento).
Una volta raggiunto il picco si verifica quindi una fase di stasi, seguita poi
da una lenta riduzione della massa ossea negli anni.
Sulla massa ossea e, quindi, sul raggiungimento del picco di
massa ossea, influiscono fattori genetici ed ambientali. Dal punto di vista del
rischio di osteoporosi, una persona che raggiunge un picco di massa ossea più
alto è ovviamente favorito rispetto ad una che ha raggiunto un picco minore.
Per gli uomini, se non intervengono fattori secondari, la
riduzione della massa ossea è legata solamente all’età. Per le donne, invece,
c’è un’importante componente ormonale: con la menopausa, infatti, la massa
ossea subisce un picco in riduzione (se non si interviene farmacologicamente e
spesso anche indipendentemente dall’intervento farmacologico).
Patogenesi
·
Come effetto dell’invecchiamento il
riassorbimento osseo diventa superiore alla formazione di osso (in situazioni
fisiologiche, invece, le due fasi si bilanciano)
·
Questo fenomeno aumenta subito dopo la
menopausa. Gli estrogeni infatti hanno un effetto protettivo sull’osso
Dal punto di vista anatomico una diminuzione della massa
ossea è correlata con lo sviluppo di un osseo osteoporotico: riduzione della
densità lamellare e delle loro dimensioni (soprattutto a livello di quelle porzioni
che sono meno sottoposte a carico) e riduzione dello spessore dell’osso
corticale (nelle ossa compatte).
Nell’osteoporosi senile si riduce l’assorbimento di calcio
con conseguente aumento del paratormone e, quindi, riduzione dell’attività
osteoblastica ed aumento di quella osteoclastica. Spesso è presente un
iperparatiroidismo secondario (per carenza di vitamina D).
Nell’osteoporosi postmenopausale il calo di estrogeni
determina un aumento dell’attività osteoclastica maggiore rispetto all’aumento
dell’attività osteoblastica.
Aspetti clinici
·
Dolore al rachide dorso lombare (meno
frequentemente ad altri distretti)
·
Deformità del rachide (l’anziano con osteoporosi
negli anni va incontro a deformazione dei corpi vertebrali che porta, col
tempo, ad una riduzione della sua statura)
·
Fratture multiple (la frattura spesso è il primo
campanello di allarme)
Esistono sedi anatomiche preferenziali (soprattutto le prime
tre) per quanto riguarda le fratture da fragilità (fratture da osteoporosi):
·
Vertebre
·
Collo del femore
·
Polso
·
Clavicola
·
Omero (estremo prossimale)
·
Bacino
·
Tibia (piatto tibiale)
Una volta verificatasi la frattura sono però ridotte le
possibilità terapeutiche. Ma è possibile eseguire una diagnosi di osteoporosi
prima che si manifestino le complicanze scheletriche?
Oggi è possibile misurare quantitativamente la massa ossea
con delle metodiche routinarie; non è ancora possibile misurare o valutare la
microarchitettura dell’osso con metodiche routinarie (l’osso, oltre ad essere
denso, deve avere anche determinate caratteristiche qualitative che ne conferiscano
solidità. Nel Paget, ad esempio, l’osso è sclerotico ma molto fragile, esempio
pratico per dimostrare che densità non corrisponde automaticamente a resistenza).
Vecchi metodi di diagnosi dell’osteoporosi:
·
RX tradizionale: valutazione qualitativa
o
Tardiva: positiva se si verifica una riduzione
di almeno il 30% della massa ossea
o
Imprecisa: influenzata dalla modalità di
esecuzione dell’esame (raggi più o meno duri possono influenzare il risultato:
a parità di densità ossea, raggi più duri danno un’immagine più
radiotrasparente)
o
Generica: non distingue la causa
·
Valutazioni semi-quantitative
o
Indice cortico-diafisario (non si usa più):
misura semiquantitativa dello spessore corticale del 2° metacarpale (si faceva
una RX dei metacarpali, si misurava lo spessore delle corticali e lo si
divideva per lo spessore totale delle diafisi ottenendo un indice).
Nell’osteoporosi si riduce il rapporto dello spessore corticale rispetto allo
spessore totale
o
Indice di Singh (non si usa più): misura
semiquantitativa dei sistemi trabecolari del terzo prossimale del femore (scala
di valori da 6 a 1). Si tratta di un indice numerico dato sul giudizio della
densità e distribuzione delle trabecole ossee a livello dell’epifisi prossimale
de femore (all’RX). In un femore giovane l’epifisi è “piena” di trabecole, man
mano che il soggetto invecchia queste si rarefanno (a partire da quelle meno
sottoposte a carico). Il femore prossimale è caratterizzato da una
distribuzione trabecolare particolare: le trabecole si distribuiscono lungo le
linee di carico disponendosi in fasci. Fascio cefalico, trocanterico ed
arciforme delimitano il triangolo di Ward, area molto ricca di vasi e povera di
trabecole
o
Indice di biconcavità del corpo vertebrale (si
utilizza ancora in certe situazioni): consiste in una RX de rachide in
proiezione laterale con valutazione dell’avvallamento delle limitanti
somatiche. Si valuta quindi il rapporto tra altezza del corpo vertebrale nella
parte centrale rispetto alla parte anteriore e/o posteriore e si assegna un
punteggio (da 0 per un corpo vertebrale normale a 4 per un crollo vertebrale
completo)
o
Indice di Meunier: somma dei punteggi di
deformità vertebrale (indice di biconcavità) di ogni singola vertebra da D3 a
L5
Moderni metodi di valutazione quantitativa della massa ossea
(mineralometrie):
·
SPA (Single Photon Absorptiometry)
o
Nella mineralometria a singolo raggio fotonico
si utilizza una sorgente di iodio radioattivo per misurare il contenuto
minerale del radio al terzo medio distale ed ultradistale (il raggio fotonico
passa attraverso l’osso che lo attenua)
·
DEXA (Dual Energy X-ray Absorptiometry)
o
Nella mineralometria a doppio raggio X (sistema
più utilizzato) un fascio collimato di raggi X (calibrato a seconda della sede)
viene fatto passare attraverso il paziente (espone solo ad 1/10 dei raggi di
una RX della mano). Si misura quindi l’attenuazione del raggio dopo il
passaggio nell’organismo. Nella pratica clinica si può misurare il contenuto
minerale sia a livello vertebrale sia a livello del femore prossimale (il
risultato dovrebbe essere più o meno concordante nei due distretti).
Solitamente si cerca di evitare situazioni in cui la misura può essere alterata
in modo artefattuale: una persona molto grassa, con addome molto rappresentato,
attenua molto i raggi e sovrastima l’osteoporosi del rachide; una frattura
vertebrale può presentare un aumento paradosso della massa ossea vertebrale (la
vertebra si schiaccia e, paradossalmente, tutta la massa ossea va a distribuirsi
in un volume minore) così come un osteofita. In caso di un crollo vertebrale
quindi, è importante escludere dalla misurazione la vertebra danneggiata
o
La valutazione si fa mediante
§
T-score
v
Confronto con giovani adulti (25-30 anni) sani
dello stesso sesso e razza
v
Osteopenia per -1,0 < T-score > -2,5 ds
v
Osteoporosi per T-score < 2,5 ds
§
Z-score
v
Confronto con soggetti sani di pari sesso, razza
ed età
·
QCT (Quantitative Computed Tomograpphy)
o
Si tratta di una metodica costosa che non può
essere utilizzata per screening o per seguire nel tempo il paziente (anche
perché espone a molti raggi essendo una TC ossea)
·
US (Ultrasound Scan)
o
Si basa sulla variazione di velocità del fascio
ultrasonoro durante l’attraversamento dell’organismo. Si effettua mediante strumenti
poco costosi (sono le macchinette che ci sono in farmacia) e, quindi, può
essere utilizzato come screening di massa (non espone a radiazioni ionizzanti).
In realtà però, non sempre i risultati sono concordi con quelli della DEXA (la
US potrebbe essere influenzata dalla conformazione tridimensionale dell’osso e
non solo dalla densità ossea)
·
Biopsia ossea
o
Esame istologico diretto del tessuto osseo. Essendo
una metodica invasiva viene riservata solamente a casi particolari che
necessitano di studi approfonditi
Diagnosi: metodi biochimici
·
Oggi è possibile studiare il metabolismo osseo
ed il rimodellamento osseo dal punto di vista biochimico con esami routinari.
Questo consente di effettuare una valutazione più rapida (con una MOC sarebbero
necessari almeno 3-4 misurazioni che corrispondono a circa 5-10 anni di
valutazioni) del tournover osseo del paziente. Gli ormoni coinvolti nel
metabolismo osseo ed i markers del metabolismo osseo possono quindi essere
studiati con un semplice prelievo ematico
o
PTH
o
Vitamina D
o
Fosfatasi alcalina ossea
o
Osteocalcina
o
Idrossiprolina urinaria
Conseguenze dell’osteoporosi: le fratture
·
Vertebrale
o
Le fratture vertebrali osteoporotiche tipiche
sono fratture del corpo. Queste possono essere cuneizzazioni (la porzione
posteriore è più resistente di quella anteriore che quindi viene schiacciata
prima) o avvallamenti (se è coinvolto solo il piatto inferiore la deformazione
è detta concava, se sono coinvolti sia il piatto superiore che quello inferiore
la deformazione è quella classica a lente biconcava)
§
Terapia conservativa (in caso di frattura
osteoporotica è la scelta principale): riposo (10-15 giorni a letto) + terapia
antidolorifica + iperestensione della colonna (per contrastare la
cifotizzazione che deriva dallo schiacciamento vertebrale) mediante corsetti a
tre punti (hanno tre prese: una sul bacino, una sullo sterno/spalle ed una
posteriore. Le tre prese devono essere posizionate bene: devono spingere
indietro sul bacino e sulle spalle ed in avanti nel punto della vertebra
fratturata) prima e corsetti semirigidi poi (questo procedimento è quello
seguito in caso di fratture lombari; in caso di fratture dorsali bisogna invece
utilizzare corsetti con una maggior presa a livello delle spalle come il
corsetto tipo Taylor o tipo spinomed)
§
Terapia chirurgica (usata raramente in caso di
frattura da osteoporosi, molto più frequentemente nelle fratture traumatiche
del giovane): cifoplastica e vertebroplastica sono sistemi invasivi che
permettono di iniettare del cemento a livello vertebrale riducendo
immediatamente la frattura (che altrimenti tenderebbe a cedere sempre di più
nei tre mesi successivi) ed il dolore. In caso di vertebroplastica sotto
controllo radiografico si entra con degli aghi dai peduncoli evitando il canale
spinale e si raggiunge il corpo vertebrale dove si inietta direttamente il
cemento; in caso di cifoplastica, una volta raggiunto il corpo vertebrale, si
gonfiano dei palloncini all’interno del corpo stesso creando una cavità vuota
all’interno della quale, una volta sgonfiato il palloncino, si inietta il
cemento. Il problema di questi interventi riguardano il materiale; una palla di
cemento a livello vertebrale non è infatti il massimo dal punto di vista
meccanico. Si sta cercando di utilizzare cementi riabitabili da tessuto osseo
ma, per ora, con scarsi risultati (o il cemento non viene riabitato dall’osso
o, in caso venga riabitato, il tessuto osseo neoformato non fa subito presa sul
tessuto osseo circostante)
·
Collo del femore
o
Le fratture del collo del femore sono distinte
grossolanamente in mediali e laterali (alla vascolarizzazione terminale della
testa del femore che avviene in senso disto-prossimale)
§
Terapia chirurgica: artroprotesi (protesi articolare
completa, ossia acetabolare + testa femorale) o endoprotesi (protesi della
testa femorale senza sostituzione acetabolare) nelle fratture sottocapitate e
mediocervicali (fanno eccezione le fratture poco scomposte o ingranate in
quanto la vascolarizzazione della testa del femore potrebbe non essere così
danneggiata e si può pensare di fare una riduzione con sintesi mediante
vite-placca). Le fratture basicervicali, pertrocanteriche e sottotrocanteriche
(fratture laterali che non danneggiano la circolazione terminale) permettono di
fare una riduzione-sintesi mediante vite-placca o mediante un infibulo (chiodo
endomidollare che viene infisso dall’apice trocanterico lungo l’asse diafisario
e viene fissato a livello della testa del femore)
·
Frattura di Colles
o
È una frattura del polso (epifisi distale del
radio con coinvolgimento, spesso, della stiloide ulnare) tipica della persona
che cade in avanti proteggendosi con le mani. Si verifica una frattura con deviazione
dorsale della faccetta articolare del radio (la faccetta articolare del radio,
normalmente, è inclinata ventralmente di circa 15° rispetto all’asse
longitudinale radiale) e deviazione radiale (l’epifisi distale del radio si
incassa). Per ridurre questa frattura bisogna quindi ulnarizzare e flettere il
polso e poi applicare un gesso (per mantenere la riduzione bisogna modellare
bene il gesso e bloccare anche le articolazioni a monte ed a valle del polso)
per circa 35 giorni (dopo 10 giorni si fa una RX di controllo sotto gesso per
verificare che la frattura non stia perdendo di riduzione). In casi complessi
si può effettuare una riduzione e sintesi chirurgica con vite-placca
·
Altre fratture: bacino (spesso causate
dall’osteomalacia ad esempio in pazienti che assumono litio), coste e collo
omerale
Prevenire e trattare l’osteoporosi
·
Esercizio fisico regolare
·
Corretto apporto di calcio e vitamina D
(importante esporsi al sole)
·
Sottoporsi a mineralometria ossea
·
Evitare fumo ed eccessi alcolici
·
Ridurre il rischio di caduta (e quindi di
frattura) eliminando i pericoli domestici, migliorando l’equilibrio e la forza
muscolare
·
Terapia ormonale sostitutiva con estrogeni (si
fa soprattutto nell’osteoporosi postmenopausale)
·
Bifosfonati (riducono il tournover osseo):
alendronato, risedronato, neridronato, clodronato
·
SERMs (Selective estrogen receptor modulators):
Raloxifene
·
Calcitonina (è stato il primo farmaco utilizzato
nell’osteoporosi, oggi molto meno)
Farmaci in studio
·
Bifosfonati
·
SERMs
·
Paratormone
·
Fluoruri
·
Farmaci biologici (utilizzati solo in centri
specializzati perché molto costosi)
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