La
leucemia mieloide acuta (LMA) è una malattia neoplastica della cellula
staminale emopoietica caratterizzata dalla perdita della capacità di
differenziarsi e maturare e dall’acquisizione di una capacità proliferativa
incontrollata.
Le
cellule leucemiche, detti blasti, si accumulano inizialmente nel midollo osseo,
alterando l’omeostasi emopoietica e le interazioni con il microambiente. Qui
determinano un’alterazione e una soppressione della normale maturazione
cellulare, rimpiazzando progressivamente il normale tessuto emopoietico. Ciò
provoca rapidamente la compromissione della produzione di eritrociti,
granulociti e piastrine causando una sintomatologia secondaria conseguente alla
insufficienza midollare delle tre filiere mieloidi. Successivamente, i blasti
invadono il sangue periferico infiltrando i diversi organi, causando segni e
sintomi secondari alla sede e al grado di interessamento. Il fenotipo delle
cellule leucemiche è correlabile alla linea emopoietica di appartenenza
(granulocita ria, monocita ria, eritroide e megacariocitaria) e alla fase
maturativa interessata dalla trasformazione leucemica.
L’incidenza
aumenta con l’età; l’età media alla diagnosi è di 67 anni.
Per
quanto riguarda l’eziologia, sono noti alcuni fattori di rischio tra i quali:
rari disordini congeniti come la sindrome di Li-Fraumeni (mutazioni ereditarie
dell’oncosoppressore p53) e l’anemia di Fanconi; esposizione a idrocarburi
(benzene), solventi, pesticidi, fumo di sigaretta e radiazioni ionizzanti; trattamenti
chemioterapici (causa principale di LMA iatrogena) come la ciclofosfamide e gli
inibitori delle topoisomerasi.
Dal
punto di vista patogenetico, numerose alterazioni molecolari contribuiscono
alla patogenesi della LMA. Queste possono essere raggruppate in due classi principali:
·
Le traslocazioni
o inversioni, che causano la formazione di un gene di “fusione” costituito da
porzioni di due geni distinti, con la sintesi di una proteina chimerica
o
La traslocazione
t(15;17) che coinvolge il recettore α dell’acido retinoico è responsabile della
produzione di una proteina chimerica pml/rarα ed è associata alla leucemia
promielocitica. Questa proteina chimerica è infatti in grado di reclutare degli
inibitori della trascrizione genica, come le istone deacetilasi, che bloccano
la sintesi delle proteine coinvolte nella differenziazione delle cellule
mieloidi, congelandole allo stato di promielocita. Inoltre, essa interferisce
con la normale funzione oncosoppressiva e proapoptotica di pml, conferendo alle
cellule leucemiche un vantaggio proliferativo e di sopravvivenza (le leucemie
promielocitiche con pml/rarα rispondono bene all’acido retinoico tutto trans o
tretinoina)
·
Le mutazioni a
livello dei singoli geni che ne modificano l’attività
o
La mutazione del
gene FLT3, un recettore ad attività tirosinchinasica, ne determina
l’attivazione costitutiva costituendo un vantaggio proliferativo e/o di
sopravvivenza delle cellule (leucemie con mutazioni a carico di FLT3 non
rispondono in modo ottimale alle terapie convenzionali
La
diagnosi di LMA si basa sull’integrazione di indagini di ordine morfologico
(citologia e istologia spesso sono già sufficienti per porre diagnosi di
leucemia acuta, tranne nei casi di grave leucopenia, ma necessitano di
integrazioni per definire la classificazione), citochimico (sfrutta le reazioni
chimiche specifiche per una o più linee cellulari, ad esempio il riscontro
dell’attività mieloperossidasica nei blasti leucemici è fortemente indicativa
della linea mieloide), immunofenotipico (identificazione di proteine mediante
l’utilizzo di mAb), citogenetico (ricerca di alterazioni cromosomiche) e
molecolare (ricerca di alterazioni geniche), eseguite su sangue periferico,
sangue midollare e biopsia osteo-midollare.
L’attuale
classificazione delle LMA è basata sulla classificazione dell’OMS, che
comprende gruppi biologicamente differenti, distinti sulla base delle
caratteristiche cliniche, delle anomalie citogenetiche e molecolari oltre che
della morfologia. A differenza dello schema FAB (french-american-british)
precedentemente utilizzato, questa nuova classificazione ridimensiona
l’importanza della citochimica. Una delle principali differenze tra i due
sistemi è il valore soglia dei blasti per la diagnosi di LMA nei confronti
della sindrome mielodisplastica (SMD), pari al 20% nella classificazione OMS e
al 30% in quella FAB.
La
classificazione OMS suddivide
·
LMA con anomalie
genetiche ricorrenti
o
t(8;21) provoca
la fusione dei geni AML-1 ed ETO dando luogo alla sintesi di una proteina di
fusione aml/eto. Si riscontra nel 5-12% delle LMA ed è più frequente nei
giovani. Dal punto di vista immunofenotipico, oltre ai marcatori di staminaità
(CD34) e della serie mieloide (MPO, CD13, CD33), si può avere anche l’anomala
espressione di marcatori linfoidi come il CD19 E IL CD56. La prognosi è buona
se la terapia include alte dosi di citosina arabinoside
o
t(15;17) dà luogo
alla sintesi della proteina chimerica pml/rarα. Rappresenta il 5-8% delle LMA
ed è più frequente nell’adulto di media età. È caratterizzata dalla presenza
nel midollo di promielociti di dimensioni molto variabili e stipati di granuli.
Il quadro clinico è dominato dalla presenza di una coagulazione intravascolare
disseminata. È stata descritta una variante ipogranulare caratterizzata da una
leucocitosi marcata e promielociti con nuclei bilobati intensamente MPO
positivi. I blasti leucemici esprimono i classici marcatori della linea
mieloide. La prognosi è ottima con un 95% di guarigioni associando l’acido
tutto trans retinoico a farmaci antraciclinici
·
LMA con
alterazioni associate a mielodisplasia
o
Forma tipica
degli anziani che presentano una pancitopenia periferica, un numero di blasti
midollari superiori al 20% con i seguenti segni tipici di mielodisplasia:
degranulazione citoplasmatica, iposegmentazione del nucleo dei granulociti,
nuclei giganti, frammentati o multipli nella serie mieloide, megacariociti
piccoli o con nuclei monolobati. È frequente l’espressione della “multidrug
resistance glicoprotein” coinvolta nella resistenza ai trattamenti citostatici
·
Neoplasie
mieloidi indotte da precedenti terapie
o
Quando correlata
all’uso di agenti alchilanti si manifesta dopo circa 5 anni dall’esposizione
con caratteristiche mielodisplastiche (pancitopenia) ed è associata a delezioni
dei cromosomi 5 e 7. Se invece è secondaria alla terapia con inibitori della
topoisomerasi II, si manifesta dopo un tempo di latenza più corto, presenta una
morfologia monoblastica o mielomonocitaria e traslocazioni che coinvolgono il
cromosoma 11
·
LMA non
altrimenti specificate (includono anche i sottotipi FAB)
·
Sarcoma mieloide
·
Proliferazioni
mieloidi correlate alla sindrome di Down
·
Neoplasia
blastica plasmacitoide a cellule dendritiche
·
Leucemia acuta di
origine ambigua
I pazienti con LMA il più delle volte presentano
all’esordio sintomi non specifici, che iniziano gradualmente o improvvisamente
e sono conseguenza di anemia, leucocitosi, leucopenia o alterazioni della
funzionalità leucocitaria, oppure di trombocitopenia. Quasi la metà dei
pazienti manifesta sintomi per un periodo fino a 3 mesi o più prima che venga
diagnosticata la leucemia. La metà dei pazienti riferisce come primo sintomo
l’astenia e la maggior parte al momento della diagnosi lamenta astenia o
debolezza muscolare. Frequenti sono anche anoressia e calo ponderale. La febbre
costituisce il sintomo iniziale nel 10% circa dei pazienti, segni di
alterazione dell’emostasi nel 5%. Raramente la malattia può esordire con
sintomi legati a un sarcoma mieloide, ovvero una tumefazione neoplastica
costituita da blasti mieloidi che può localizzarsi in siti extramidollari (i
distretti più frequentemente interessati sono la cute, i linfonodi, il tratto
gastrointestinale, i tessuti molli e i testicoli).
Per quanto riguarda i reperti obiettivi, spesso al
momento della diagnosi si rilevano febbre, splenomegalia, epatomegalia,
linfoadenopatia, dolorabilità sternale, evidenza di infezioni ed emorragia.
Significativi sanguinamenti gastrointestinali, emorragie intrapolmonari o
intracraniche si verificano più spesso nei pazienti affetti da leucemia
promielocitica acuta. Emorragie associate a coagulopatia possono osservarsi
anche nella LMA monocitica e in altri sottotipi morfologici in presenza di
leucocitosi o piastrinopenia di grado estremo. Emorragie retiniche si rilevano
nel 15% dei pazienti. Infiltrazioni delle gengive, della cute, dei tessuti
molli o delle meningi da parte di blasti leucemici è caratteristica, al momento
della diagnosi, dei sottotipi monocitici e di quelli con anomalie del cromosoma
11.
Dati di laboratorio: di solito all’atto della diagnosi
è presente anemia, che può essere grave. Il livello medio della conta
leucocitaria all’esordio è di circa 15000/μL. La morfologia delle cellule
neoplastiche varia nei diversi sottogruppi. Nella LMA il citoplasma contiene
spesso granuli primari (non specifici) e il nucleo mostra una cromatina fine e
dispersa con uno o più nucleoli caratteristici delle cellule immature.
Granulazioni anomale a forma di bastoncello, definiti corpi di Auer, non sono
sempre presenti, ma la loro osservazione permette in pratica di assegnare con
certezza i blasti alla linea mieloide. Si possono osservare alterazioni
piastriniche sia morfologiche sia funzionali.
Per quanto riguarda il percorso diagnostico, esso
parte dall’esame emocromocitometrico, che può evidenziare una leucopenia o una
leucocitosi, la presenza di un numero variabile di blasti circolanti, l’anemia
e la trombocitopenia. Segue l’aspirazione del midollo osseo associata alla
biopsia osteomidollare. Sul sangue periferico e sul tessuto emopoietico devono essere
predisposte tutte quelle indagini di ordine citochimico, immunofenotipico,
citogenetico e molecolare indispensabili per la caratterizzazione del tipo di
LMA.
Terapia: lo scopo iniziale della terapia, definita di
induzione, è quello di ottenere la remissione completa, cioè la normalizzazione
della morfologia midollare (blasti <5%) e dei parametri periferici. Questo
risultato si può ottenere fino all’80-90% dei pazienti con età inferiore ai 60
anni, con trattamenti chemioterapici che in genere associano la citosina
arabinoside e le antracicline. All’induzione deve fare seguito la terapia di
consolidamento e di mantenimento, basata sulla somministrazione degli stessi
farmaci eventualmente potenziati dall’aggiunta di altri a diverso meccanismo d’azione.
Nonostante i progressi ottenuti nella cura delle LMA, la probabilità di
recidiva è ancora elevata e si aggira intorno al 50% dei casi. È più alta
durante i primi due anni e infrequente dopo i 5 anni dalla fine delle terapie.
Nel caso si verifichi, è possibile ottenere una seconda remissione completa per
mezzo di trattamenti di seconda linea detti di salvataggio. Il trapianto
allogenico di cellule staminali emopoietiche deve essere proposto come terapia
post-remissionale in pazienti selezionati ad alto rischio di ricaduta o che
rispondono parzialmente o per breve tempo ai trattamenti chemioterapici
convenzionali, in quanto è associato con un rischio consistente di malattia da
rigetto del trapianto verso l’ospite (GVHD) e da una mortalità non trascurabile
(dal 10 al 30% dei casi).
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