Leucemia linfoide acuta

La leucemia acuta linfoide (LAL) è una malattia eterogenea con aspetti clinici e biologici differenti, contraddistinta dalla proliferazione e dall’accumulo di cellule immature della linea linfoide (linfoblasti) nel midollo osseo, nel sangue periferico, nei tessuti linfoidi e non.
Rappresenta la forma più comune di neoplasia nell’età pediatrica con un’incidenza maggiore nei bambini di età inferiore ai 10 anni; un altro picco si osserva oltre i 65 anni. Esiste una modesta predominanza nel sesso maschile.
La LAL si sviluppa, probabilmente, per una combinazione tra cause ambientali e suscettibilità genetica. Tra le cause ambientali sono riconosciute come fattori di rischio l’esposizione ad alte dosi di radiazioni e l’esposizione a sostanze industriali tossiche come il benzene. Il fumo e l’esposizione a campi elettromagnetici sono rappresentano a tutt’oggi dei fattori di rischio ancora da dimostrare. Sebbene alcuni virus, e in particolare i retrovirus, siano in grado di provocare tumori negli animali, non vi è evidenza che ciò si verifichi nell’uomo; tuttavia alla forma di LAL a cellule B mature (definita anche Burkitt type) si può associare la presenza del virus di Epstein-Barr. Per quanto riguarda le cause genetiche, sono considerate condizioni favorenti la possibile evoluzione in LAL le malattie caratterizzate da eccessiva fragilità cromosomica come, ad esempio, l’anemia di Fanconi o patologie ereditarie come la sindrome di Down.

I sintomi e i segni clinici, simili tra pazienti adulti e pediatrici, sono a insorgenza improvvisa, non sono specifici della malattia, sono diversi da paziente a paziente e possono essere variamente associati. I pazienti riferiscono in genere una breve storia di astenia, febbre, sudorazione notturna, calo ponderale e talvolta dolori ossei. Sono il risultato della proliferazione delle cellule leucemiche nel midollo osseo e nel sangue, e della possibile compromissione da parte delle stesse cellule leucemiche di altri organi e sistemi come fegato, milza, linfonodi e SNC. Sono diretta espressione dell’insufficienza midollare l’astenia, il pallore o la tachicardia in conseguenza dell’anemia, le infezioni ricorrenti o prolungate come conseguenza della neutropenia, la comparsa di manifestazioni emorragiche (petecchie, gengivorragie, epistassi) per la presenza della piastrinopenia. Possono essere presenti sintomi come nausea, cefalea o vomito come segno di compromissione del SNC, il cui coinvolgimento alla diagnosi è del 5-10%. Un quadro particolare è quello relativo alla localizzazione testicolare, spesso monolaterale, presente in percentuale maggiore nei bambini rispetto agli adulti, e la cui diagnosi va posta tramite biopsia locale da eseguire bilateralmente con esame istologico; tale tipo di localizzazione è molto più frequente al momento della recidiva rispetto all’esordio della malattia. Va sottolineato come i segni clinici e la sintomatologia siano spesso più sfumati nei bambini.
L’esame emocromocitometrico può mostrare dei parametri che possono essere comuni con altre patologie di natura ematologica: anemia, piastrinopenia, leucopenia o leucocitosi. Sono proprio queste alterazioni, con la presenza o meno di elementi indifferenziati nel sangue periferico, a rappresentare il primo allarme che porta a richiedere l’intervento dello specialista. Le altre analisi di laboratorio possono mostrare risultati aspecifici. In presenza di un sospetto di LAL  (o in generale di leucemia acuta) deve essere effettuato un ago aspirato midollare per l’esame del midollo osseo. Una volta posta la diagnosi va effettuata una rachicentesi per la ricerca di eventuali cellule leucemiche segno di compromissione del SNC.

La diagnosi e la classificazione della LAL si basano su di una procedura multistep che comprende l’analisi della morfologia, della citochimica, dell’immunofenotipo, della citogenetica classica e della genetica molecolare e, dove necessario, del riarrangiamento dei geni delle Ig e TCR.
·         Morfologia e citochimica
o   Il primo step è rappresentato dall’osservazione al MO degli strisci di sangue periferico e di sangue midollare preparati con la colorazione di May-Grunwald-Giemsa. La LAL è caratterizzata dalla presenza nel midollo osseo di elementi immaturi della linea linfoide in una quota pari o superiore al 30% secondo la classificazione FAB, o al 20% secondo lo schema della WHO. Diversamente dalla leucemia mieloide acuta, per la LAL non esiste un test di citochimica specifico; tuttavia, per definizione, la cellula linfoide leucemica è negativa al test per la mieloperossidasi (MPO). Oltre il 95% dei casi di LAL, inoltre, sono positivi per l’espressione dell’enzima nucleare desossiribonucleotidiltransferasi terminale (TdT), enzima totalmente negativo nella leucemia mieloide acuta e nelle leucemie croniche
·         Immunofenotipo
o   Viene studiato con tecniche citofluorimetriche  utilizzando anticorpi monoclonali coniugati a fluorocromi. Esistono mAb che servono a differenziare le cellule linfoidi della linea B (es CD10, CD19, CD22) da quelle della linea T (es CD7, CD99) e da quelle della linea mieloide (es CD13, CD33, MPO); esistono inoltre mAb non linea-specifici (es CD34). Le forme a fenotipo B rappresentano la maggioranza delle LAL (75-80% dei casi adulti, 85-90% dei casi pediatrici); quelle a fenotipo T la minoranza (20-25% negli adulti, 10-15% nei casi pediatrici). In accordo con la differenziazione degli antigeni di superficie e intracitoplasmatici e con la presenza o meno delle Ig, le forme B possono essere classificate in quattro gruppi, così come le forme T, in base al livello di maturazione dei timociti (ad esempio LAL a cellule pre-B, LAL a cellule T mature ecc); le forme T vengono ulteriormente classificate per la presenza dell’antigene TCR specifico (α/β e γ/δ). In alcuni casi possono essere presenti anche antigeni mieloidi (15-35% nei casi adulti, 4-15% nei casi pediatrici); la positività dei blasti leucemici per gli antigeni mieloidi non rappresenta più un fattore prognostico sfavorevole. Rimane comunque una piccola percentuale di casi in cui è difficile distinguere tra forma linfoidi e mieloidi, ora considerate globalmente come mixed phenotype acute leucemia (MPAL); e casi in cui non sono evidenziabili marcatori di linea (acute undifferentiated leucemia, AUL)
·         Citogenetica e biologia molecolare
o   La citogenetica convenzionale riesce ad identificare alterazioni del cariotipo solo in una parte di pazienti affetti da LAL; tuttavia è importante riuscire a valutarne la presenza in quanto è stato dimostrato il loro valore nella prognosi della malattia. Le anomalie cromosomiche possono essere di numero (ipoploidi, iperploidi), di struttura (traslocazioni, delezioni) o entrambi. Le iperploidie sono presenti nel 5-10% dei casi adulti e l’associazione con una migliore prognosi è meno ovvia che nei bambini (presenti in circa il 25% dei casi); al contrario, la presenza di ipoploidia (2-4%) è associata per entrambi a una prognosi sfavorevole. La maggioranza delle anomalie cromosomiche sono strutturali, generalmente traslocazioni. Dal punto di vista molecolare invece, le anomalie cromosomiche comprendono quelle in cui si verifica la produzione di una proteina chimerica (cambiamento qualitativo) e quelle in cui si verifica un errore del riarrangiamento Ig/TCR (cambiamento quantitativo). Anomalie qualitative producono geni di fusione funzionali; una delle più comuni è la traslocazione t(9;22) che forma il gene di fusione BCR-ABL1. Le anomalie quantitative sono legate agli errori dei riarrangiamenti delle Ig e/o del TCR, che giustappongono il proto-oncogene portando alla de regolazione dell’espressione proteica. I trascritti di fusione qualitativa predominano nelle LAL-B, gli errori di riarrangiamento nelle LAL-T. L’incidenza di alcuni trascritti è diversa tra adulto e bambino; ad esempio, la presenza del trascritto BCR.ABL1 si osserva in circa il 30% dei casi degli adulti e incrementa progressivamente con l’avanzare dell’età; al contrario, il trascritto TEL-AML1 è molto più diffuso nei casi pediatrici

Una delle più importanti sfide nel trattamento di una leucemia è rappresentata dalla possibilità di distinguere i pazienti che hanno necessità di un trattamento meno intensivo, e quindi meno tossico, da quelli che hanno invece necessità di trattamenti più aggressivi. Nelle LAL, sia dell’adulto che del bambino, un basso rischio di recidiva è associato a una buona e precoce risposta alla chemioterapia che può essere documentata dal livello di riduzione della malattia minima residua (MMR). Quindi, lo studio della MMR consente una misurazione diretta della quantità di malattia che viene eliminata dalla terapia e può dare indicazioni per un migliore inquadramento prognostico e terapeutico.
Il criterio convenzionale per definire un paziente con una leucemia in remissione completa (RC) si basa sull’esame morfologico al microscopio ottico del sangue midollare e un paziente è definito in RC quando la quota di cellule leucemiche è inferiore al 5%. In ogni caso, al momento della RC morfologica l’entità della malattia minima può variare e per studiarla possono oggi essere utilizzate diverse tecniche che sono in grado di individuare cellule leucemiche con una sensibilità molto elevata.

L’evoluzione continua delle tecnologie permette strategie sempre più raffinate per la caratterizzazione delle cellule leucemiche e, attraverso un approccio integrato clinico-biologico, è possibile una sempre più raffinata stratificazione prognostica dei pazienti al momento della diagnosi. Ciò permette di programmare terapie differenziate e personalizzate alla luce delle caratteristiche cliniche e biologiche, e del livello di rischio. In una stratificazione prognostica è necessario integrare molti fattori clinici, ematologici e biologici, tra i quali parametri clinici convenzionali (età, numero di GB, coinvolgimento sistemico ecc); l’immunofenotipo (B/T) e il livello di differenziamento delle cellule leucemiche; la presenza di determinate alterazioni (es BCR-ABL1); il monitoraggio della MMR ecc.

Il trattamento di una LAL è tipicamente suddiviso in diverse fasi: induzione, consolidamento, mantenimento e profilassi del SNC. Sebbene negli ultimi anni si siano ottenuti notevoli progressi con l’intensificazione della chemioterapia, gli attuali programmi nell’adulto permettono di ottenere percentuali di RC in circa l’80-90% dei casi, mentre la possibilità di sopravvivenza libera da malattia rimane ancora largamente insoddisfacente: 35-40% a 5 anni. La prognosi peggiora con il progredire dell’età. Diversa è la situazione per i bambini nei quali la percentuale di RC si attesta oltre il 95% e la sopravvivenza libera da malattia è intorno all’80-85% a 5 anni.

In linea generale, la terapia di induzione include vincristina, prednisone e antracicline. La terapia di consolidamento è finalizzata da una parte al controllo della MMR e dall’altra alla prevenzione della recidiva. A tal fine, si utilizzano citosina arabinoside o tetotrexato ad alti dosaggi sfruttando anche la loro capacità di passare la barriera ematoencefalica per la profilassi del SNC. La terapia di mantenimento standard è costituita dall’uso di due farmaci come la 6-mercaptopurina e il metotrexato associati a re induzioni periodiche con vincristina e prednisone per la durata complessiva di 2-3 anni. Per i pazienti ad alto rischio è necessario eseguire una intensificazione della terapia rappresentata, ad esempio, da procedure trapianto logiche sia di tipo allo genetico che autologo. La profilassi del SNC inizia già durante la fase di induzione con l’introduzione di farmaci come il metotrexato e/o la citosina arabinoside e/o il prednisone nel canale vertebrale mediante l’esecuzione di punture lombari; può poi proseguire dopo il consolidamento con la radioterapia e continuare durante il mantenimento con l’esecuzione di punture lombari. La recidiva di malattia rappresenta un evento frequente nella LAL, soprattutto nell’età adulta. Si può conseguire una seconda remissione di malattia ma, al fine di evitare la possibilità di una nuova ricaduta, è necessaria una terapia post-remissionale più aggressiva, come ad esempio il trapianto di cellule staminali allogeniche. I giovani adulti vanno trattati con l’utilizzo di protocolli pediatrici (più aggressivi di quelli utilizzati per gli adulti) in quanto numerosi studi hanno dimostrato un miglioramento dei risultati ottenuti con l’utilizzo di questa scelta terapeutica. Un altro gruppo a parte è inoltre rappresentato dalle LAL Ph+ (BCR-ABL1), un sottotipo con prognosi decisamente sfavorevole per il quale si utilizzano inibitori delle tirosin-chinasi quali ad esempio l’imatinib (Gleevec). Infine, tra le terapie mirate bisogna ricordare l’esistenza degli mAb diretti contro antigeni leucocitari (usati in combinazione con altri chemioterapici o in monoterapia) quali ad esempio il rituximab (anti-CD20), l’alentuzumab (anti-CD52) ed altri mAb bispecifici. 

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