Farmacologia antitrombotica

I farmaci antitrombotici possono intervenire a livello di tre differenti tappe del meccanismo emostatico:
·         Aggregazione piastrinica (farmaci antiaggreganti)
·         Cascata coagulativa (farmaci anticoagulanti)
·         Fibrinolisi (farmaci fibrinolitici)

Farmaci anticoagulanti
I farmaci anticoagulanti vengono distinti in anticoagulanti parenterali (eparina) ed anticoagulanti orali (warfarin). L’eparina viene usata prevalentemente in acuto (in alcuni casi utilizzata anche a scopo profilattico), il warfarin è invece utilizzato per le terapie prolungate (gli anticoagulanti orali raggiungono lo steady state in 3-5 giorni, spesso si utilizza quindi eparina o derivati per 5 giorni permettendo al warfarin di raggiungere pienamente i suoi effetti terapeutici).
Gli anticoagulanti sono una classe di farmaci molto diffusa, in quanto vengono utilizzati per prevenire:
·         Trombosi venose profonde
·         Emboli polmonari
·         Trombosi/embolismi in pazienti con fibrillazione atriale (sono farmaci utilizzati a vita in pazienti con storia di fibrillazione atriale)
·         Trombosi su valvole cardiache protesiche
·         Coagulazione nella circolazione extracorporea (dialisi)

Eparina: l’eparina è un glicosaminoglicano che si trova nei granuli secretori delle mastcellule (l’eparina viene comunemente estratta dalla mucosa intestinale di suino, ricca di mastociti) ed i suoi derivati comprendono le preparazioni di eparina a basso peso molecolare (low-molecular-weight heparin; LMWH) e il fondaparinux. In commercio vi sono numerose preparazioni LMWH (dalteparina, nadroparina, enoxaparina, tinzaparina), tutte costituite da frammenti di eparina con peso molecolare tra 1 e 10 kDa (in media 5 kDa). A differenza di eparina e LMWH, che sono derivati biologici, il fondaparinux è un penta saccaride sintetico analogo di una sequenza naturale.
Eparina, LMWH e fondaparinux non hanno attività coagulante intrinseca (sono anticoagulanti indiretti, antitrombina III-mediati). Questi agenti si legano all’antitrombina e accelerano la velocità con cui essa inibisce varie proteasi della coagulazione. L’antitrombina inibisce alcuni fattori attivi della coagulazione agendo da “substrato suicida”: una volta che una proteasi attacca uno specifico legame peptidico nel sito reattivo dell’antitrombina, resta imprigionata come complesso stabile. Quando l’eparina lega l’antitrombina (il sito di legame per l’antitrombina sull’eparina è una sequenza pentasacccaridica), il legame induce una modificazione conformazionale dell’antitrombina che rende il suo sito reattivo più accessibile alle proteasi, aumentando il tasso di inibizione del fattore Xa ma non quello della trombina. Per aumentare l’entità dell’inibizione della trombina da parte dell’antitrombina, l’eparina funge da supporto catalitico cui si legano sia l’inibitore (antitrombina) sia la proteasi (trombina). Solo le molecole di eparina composte da almeno 18 unità monosaccaridi che (PM>5400 kDa) hanno lunghezza sufficiente a legare simultaneamente trombina e antitrombina (quindi fondaparinux e molte LMWH hanno solo attività anti-fattore Xa perché troppo corti).
L’eparina, le LMWH e il fondaparinux agiscono in modo catalitico: dopo essersi legati all’antitrombina e aver promosso la formazione di complessi covalenti tra antitrombina e le proteasi target (quindi con il fattore Xa e/o la trombina) si dissociano e vanno a catalizzare altre molecole di antitrombina.
L’eparina svolge anche un’azione “chiarificante”, provocando la liberazione in circolo di lipasi lipoproteica. La chiarificazione del plasma può avvenire a concentrazioni di eparina inferiori a quelle necessarie a produrre un effetto anticoagulante ed una volta cessata la somministrazione può manifestarsi un’iperlipidemia di rimbalzo.
Dal punto di vista farmacocinetico, l’eparina, le LMWH e il fondaparinux non sono assorbiti dalla mucosa intestinale e perciò devono essere somministrati per via parenterale. La somministrazione di eparina avviene attraverso infusione endovenosa continua con frequente monitoraggio dell’aPTT (per assicurarsi che sia stato raggiunto un livello terapeutico di anticoagulazione); quella di LMWH e fondaparinux avviene invece mediante iniezione sottocutanea una o due volte al giorno a dosi fisse o dipendenti dal peso, senza bisogno del monitoraggio della coagulazione (LMWH e fondaparinux, non richiedendo un controllo laboratoristico e potendo essere somministrati a domicilio dai pazienti stessi, possiedono quindi grandi vantaggi pratici). L’emivita dell’eparina nel plasma dipende dalla dose somministrata ma è minore di quelle di LMWH e fondaparinux. L’eparina è degradata ed eliminata soprattutto a opera del sistema reticoloendoteliale; LMWH e fondaparinux (essendo più corti) sono invece eliminati quasi esclusivamente dai reni (si possono accumulare in caso di insufficienza renale portando ad emorragia).
I principali effetti avversi comprendono emorragia (lievi emorragie possono essere controllate sospendendo la somministrazione; in casi più gravi si può somministrare la protamina, una miscela di polipeptidi basici isolati dallo sperma di salmone che lega le molecole di eparina a catena lunga inattivandole) e trombocitopenia.
L’unica controindicazione importante alla somministrazione di eparina è l’ipertensione grave.

Warfarin: il warfarin (Coumadin) è un anticoagulante orale antagonista della vitamina K. I fattori della coagulazione II, VII, IX e X e le proteine C ed S sono biologicamente inattivi fintanto che non siano carbossilasi da 9 a 13 residui di glutamato all’estremità amino-terminale; solo così si vengono a creare i residui di γ-carbossiglutamato in grado di legare il Ca2+. Perché questa reazione possa avvenire sono necessari CO2, O2 e vitamina K in forma ridotta (che poi verrà ossidata). Per sostenere la reazione di carbossilazione deve essere rigenerata vitamina K ridotta ad opera dell’enzima VKOR (vitamina K epossido-riduttasi), enzima inibito da dosi terapeutiche di warfarin.
Gli anticoagulanti orali (inibitori della vitamina K) non hanno effetto sull’attività delle molecole completamente carbossilate in circolo; pertanto, il tempo necessario perche l’attività di ciascun fattore nel plasma raggiunga un nuovo stato stazionario, dopo che la terapia è stata iniziata o corretta, dipende dalla sua clearance individuale (a causa della lunga emivita di alcuni fattori della coagulazione, l’effetto antitrombotico pieno viene raggiunto solo parecchi giorni dopo l’inizio della terapia).
Dal punto di vista farmacocinetico, la biodisponibilità del warfarin è pressoché completa quando somministrato per via orale, endovenosa o rettale (la presenza di cibo nell’apparato digerente può ridurre la velocità di assorbimento). Il farmaco si lega quasi completamente alle proteine plasmatiche (binding del 97-99%). Nel plasma fetale la concentrazione di avvicina ai valori materni, ma nel latte non si trova warfarin attivo. Pertanto, il warfarin può essere somministrato alle madri che allattano senza alcun rischio per il neonato. Il metabolismo è epatico e l’eliminazione avviene prevalentemente per via biliare. L’emivita media è di circa 40 ore.
Esiste una variabilità genetica nella risposta al warfarin, mediata principalmente dai polimorfismi nei geni CYP2C9 (mutazioni che riducono l’attività di questo enzima sono associate a maggiori concentrazioni di farmaco) e VKORC1 (varianti alleliche di questo gene aumentano il rischio emorragico). Nei pazienti con queste varianti genetiche devono essere utilizzate dosi d’attacco inferiori di farmaco.
  Limiti attuali della terapia con warfarin:
·         Stretta finestra terapeutica
·         Considerevole variabilità interindividuale di efficacia (motivo per cui i pazienti, una volta al mese per tutta la vita, devono recarsi nei centri TAO, ossia centri terapia anticoagulante orale nei quali si aggiusta la posologia del farmaco in base all’INR)
·         Interazione farmacologiche e altre interazioni
o   Ridotto assorbimento se viene somministrata colestiramina (resina a scambio ionico usata per chelare gli acidi biliari), farmaco in grado di legare il warfarin
o   Alterazioni della quota di farmaco libero in caso di variazioni proteiche
o   Aumentata clearance del farmaco da parte di barbiturici, carbamazepina o rifampicina (inducono l’enzima CYP2C9 aumentando il metabolismo del farmaco)
o   Aumentato rischio di emorragia in caso di somministrazione di amiodarone, isoniazide, metronidazolo, clopidogrel o zafirlukast (inibiscono CYP2C9 riducendo il metabolismo del farmaco)
o   Riduzione dell’effetto farmacologico in seguito ad assunzione di cibi/integratori ricchi di vitamina K
§  Attenzione, in pazienti sotto controllo con warfarin, riduzioni dei livelli di vitamina K (per somministrazione di antibiotici, adeguato apporto dietetico ecc) possono aumentare il PT
o   Riduzione dell’effetto farmacologico in seguito all’aumento dei livelli dei fattori della coagulazione durante la gravidanza
I principali effetti indesiderati degli anticoagulanti orali comprendono
·         Emorragie (somministrare vitamina K in caso di INR >5)
·         Difetti congeniti (il farmaco supera la barriera feto-placentare; in gravidanza usare eparina)
·         Necrosi cutanea

Due antagonisti della vitamina K, molto meno usati del warfarin, sono il fenrocumone e l’acenocumarolo.

Nuovi anticoagulanti orali, il dabigatran (blocca irreversibilmente il sito attivo dalla trombina, fattoe IIa; è già stato approvato per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con fibrillazione atriale e per la prevenzione di episodi trombo embolici in pazienti sottoposti a chirurgia sostitutiva dell’anca o del ginocchio), il rivaroxaban e l’apixaban (inibitori del fattore Xa) soppianteranno la terapia con warfarin nei prossimi anni (non sono antagonisti della vitamina K e quindi sono più controllabili).



Farmaci fibrinolitici
I farmaci trombolitici sono rappresentati dall’attivatore rissutale del plasminogeno (t-PA), efficace nella lisi dei trombi in corso di trattamento per infarto miocardico acuto o per ictus. Esistono un t-PA prodotto con la tecnologia del DNA ricombinante (alteplasi) e varianti ricombinanti mutate del t-PA (reteplase e tenecteplase) che differiscono dal t-PA nativo per le emivite plasmatiche più lunghe. La tossicità principale di tutti i trombo litici è costituita dalle manifestazioni emorragiche.
Anche la streptochinasi (proteina prodotta dallo streptococco β-emolitico) è in grado di attivare il plasminogeno a plasmina.



Farmaci antiaggreganti
Esistono molti farmaci con attività di potenti inibitori della funzione piastrinica (inibiscono quindi la formazione del tappo emostatico primario). Questi agiscono mediante meccanismi differenti e, pertanto, se somministrati in combinazione agiscono sinergicamente.
·         Inibitori delle ciclossigenasi (COX)
o   Aspirina: nelle piastrine il prodotto principale della ciclossigenasi è il trombossano A2, induttore labile dell’aggregazione piastrinica e potente vasocostrittore. L’aspirina acetila irreversibilmente la COX-1, riducendo in questo modo sia la sintesi di TxA2 a livello piastrinico, sia quella di PGI2 (prostaciclina, potente vasodilatatore e, quindi, antiaggregante) a livello endoteliale. Poiché le piastrine non sono in grado di produrre nuove proteine (a differenza dell’endotelio che, al contrario, può ricominciare a produrre COX-1 e quindi prostaciclina), l’azione dell’aspirina sulla COX-1 piastrinica è permanente e dura per tutta la vita della piastrina (7-10 giorni). Pertanto, dosi (l’aspirina ha la sua massima efficacia antitrombotica a dosi molto inferiori a quelle necessarie per altre azioni del farmaco) ripetute di aspirina producono un effetto cumulativo sulla funzione piastrinica
·         Inibitori delle fosfodiesterasi
o   Dipiridamolo: farmaco che, inibendo le fosfodiesterasi, aumenta la concentrazione intrapiastrinica di cAMP (impedendo la mobilizzazione di Ca2+ e quindi bloccando i meccanismi alla base dell’aggregazione). Viene talvolta associato vantaggiosamente in terapia con acido acetilsalicilico, specialmente nei trattamenti post ictus
·         Antagonisti dei recettori piastrinici dell’ADP (P2Y1 e P2Y12)
o   Tienopiridine: tutte le tienopirinidine in commercio sono pro farmaci ed agiscono sul recettore P2Y12 (entrambi i recettori sono fondamentali per l’aggregazione piastrinica e basta l’inibizione di uno o dell’altro per bloccare l’aggregazione piastrinica)
§  Ticlopidina: presenta importanti effetti collaterali, i più comuni dei quali sono rappresentati da nausea, vomito e diarrea. Quello di maggiore importanza è costituito da una grave neutropenia. Nei primi 3 mesi di terapia sono stati descritti casi di agranulocitosi fatale associata a trombocitopenia; è quindi necessario effettuare frequentemente la conta delle cellule ematiche durante i primi mesi di terapia, optando per la sospensione immediata della stessa nel caso di una riduzione della conta cellulare. Anche la conta piastrinica dovrebbe essere attentamente monitorata, dal momento che sono stati riportati casi di trombocitopenia. Alla terapia con ticlopidina sono stati associati rari casi di sindrome emolitico-uremica con porpora trombotica trombocitopenica
§  Clopidogrel: è più potente e ha un profilo di tossicità più favorevole della ticlopidina, con minore frequenza di trombocitopenia e leucopenia. Esiste un’ampia variabilità interindividuale nella capacità del clopidogrel di inibire l’aggregazione piastrinica indotta da ADP, e alcuni pazienti sono definiti resistenti agli effetti antipiastrinici di questo farmaco. Questa variabilità riflette, almeno in parte, dei polimorfismi genetici nei citocromi coinvolti nell’attivazione metabolica del clopidogrel, tra i quali è importante soprattutto CYP2C19. Pazienti trattati con clopidogrel in possesso dell’allele CYP2C19*2 perdita-di-funzione (e in minor misura quelli con gli alleli funzione-ridotta CYP2C19*3 e CYP2C19*4) mostrano un’inibizione piastrinica ridotta rispetto a quelli con l’allele wild-type CYP2C19*1 e vanno incontro a una maggior frequenza di eventi cardiovascolari. La concomitante somministrazione di inibitori della pompa protonica, che sono inibitori del CYP2C19, insieme al clopidogrel, produce una piccola riduzione degli effetti inibitori del clopidogrel sull’aggregazione piastrinica indotta da ADP. L’osservazione che i polimorfismi genetici che alterano il metabolismo del clopidogrel influenzano gli esiti clinici, aumenta le possibilità che la determinazione del profilo farmaco genetico possa essere utile a identificare i pazienti resistenti al clopidogrel
§  Prasugrel: è la più recente tienopirinidina, anch’esso un pro farmaco con azione più rapida dei precedenti e con un’efficacia maggiore e più prevedibile. I polimorfismi del CYP2C19 sembrano essere meno importanti nel determinare l’attivazione di questo farmaco
o   Ticagrelor (Brilique): a differenza delle tienopiridine, ticagrelor esercita un blocco recettoriale di tipo reversibile. Inoltre, questo farmaco non richiede attivazione da parte del fegato, e ciò riduce il rischio di interazioni farmacologiche
·         Inibitori della glicoproteina IIb/IIIa: la glicoproteina IIb/IIIa è un’integrina di superficie piastrinica inattiva sulle piastrine non attive, subisce però una modificazione (attivante) quando le piastrine sono attivate da agonisti piastrinici come la trombina. Questa trasformazione conferisce alla glicoproteina IIb/IIIa la capacità di funzionare come un recettore per il fibrinogeno e il fattore di von Willebrand, i quali ancorano le piastrine alle superfici estranee e tra di loro. L’inibizione del legame a questo recettore blocca l’aggregazione piastrinica indotta da qualsiasi agonista

o   Abciximab: anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro il recettore IIb/IIIa. Il suo utilizzo è autorizzato nei pazienti ad alto rischio sottoposti ad angioplastica coronarica, in aggiunta ad eparina e aspirina (riduce il rischio di stenosi ma aumenta il rischio di sanguinamento)

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