Cardiomiopatie


Le cardiomiopatie sono un gruppo di malattie nelle quali la caratteristica dominante è il diretto coinvolgimento del muscolo cardiaco. Sono un gruppo eterogeneo di patologie del miocardio associate a disfunzioni meccaniche e/o elettriche, che solitamente (ma non invariabilmente) mostrano ipertrofia o dilatazione ventricolare inappropriata, e sono dovute a una varietà di cause che frequentemente sono genetiche. Le cardiomiopatie primarie sono distinte dalle altre patologie che colpiscono il tessuto muscolare cardiaco in quanto non sono il risultato di patologie del pericardio, ipertensive, congenite, valvolari od ischemiche (queste definite cardiomiopatie secondarie). Con l’aumento della diffusione di questa condizione, contemporaneo ai miglioramenti delle tecniche diagnostiche, la cardiomiopatia è stata riconosciuta come una delle più significative cause di morbilità e mortalità nel mondo occidentale. L’incidenza e la prevalenza di cardiomiopatia sembrano essere in crescita.

Tra le cardiomiopatie secondarie ricordiamo:
·         Cardiomiopatia ischemica
o   Si presenta come una cardiomiopatia dilatativa caratterizzata da una depressione della funzionalità ventricolare non spiegabile con l’estensione dell’ostruzione coronarica o con il danno ischemico (si trova quindi a metà strada tra forme primarie e secondarie)
·         Cardiomiopatia valvolare
o   Si presenta come una disfunzione ventricolare sproporzionata rispetto all’entità della stenosi o del rigurgito valvolare (si trova quindi a metà strada tra forme primarie e secondarie)
·         Cardiomiopatia ipertensiva
o   Si presenta con ipertrofia ventricolare sinistra fino allo scompenso (dilatazione finale)
·         Cardiomiopatia infiammatoria
o   Si presentano come disfunzioni cardiache secondarie a miocardite (soprattutto ad eziologia virale)
§  I virus, dopo essere entrati nell’organismo attraverso il tratto gastroenterico o respiratorio, possono infettare altri organi grazie al possesso di specifici recettori, come il recettore cardiaco dei coxsackie-adenovirus (la miocardite virale è causa di cardiomiopatia nel 15% dei casi)
·         Cardiomiopatia metabolica
o   Include una varietà di cause come anormalità endocrine, accumulo di glicogeno, deficienze di specifiche sostanze (es ipokaliemia) e disordini nutrizionali (es beriberi, deficit di vitamina B1 detta tiamina)
·         Cardiomiopatia da patologie generali sistemiche
o   Disordini del connettivo, leucemia, malattie infiltrative (es sarcoidosi)
·         Cardiomiopatie da disordini muscolari
o   Duchenne, distrofia miotonica
·         Cardiomiopatia da disordini neuromuscolari
o   Atassia di Friedreich, lentigginosi
·         Cardiomiopatia da reazioni tossiche
o   Reazioni all’alcol, catecolamine (feocromocitoma), irradiazioni, sostanze stupefacenti e agenti chemioterapici
§  La cardiomiopatia alcolica è una forma tossica che può regredire se si interrompe l’assunzione. L’alcol ha effetti diretti sul miocita, inoltre provoca deficit nutrizionali come deficit di tiamina (quadro simile al beriberi) che causa danni miocardici e contiene spesso additivi chimici tossici per i miociti. L’ingestione di alcol causa una depressione acuta del miocardio, che cronicizza in caso di assunzione prolungata ma che può, come già detto, regredire. Il quadro patologico ricorda quello della cardiomiopatia dilatativa (DCM)
·         Cardiomiopatia periparto
o   Gruppo eterogeneo che si sviluppa poco prima e poco dopo il parto (sembrano implicati i meccanismi dell’infiammazione)
·         Cardiomiopatia da stress
o   Detta sindrome del ballooning apicale o cardiomiopatia tako-tsubo, si verifica tipicamente in donne anziane dopo uno stress emotivo o fisico intenso ed improvviso. Il ventricolo mostra una dilatazione globale con contrazione basale, assumendo la forma di una giara a collo stretto (tako-tsubo) usata in giappone per catturare i polipi
·         Cardiomiopatia ventricolare destra aritmogenica (ARVD/C)
o   Forma non rara (autosomica dominante) ed associata a gravissime aritmie (è la più aritmogenica delle cardiomiopatie), caratterizzata da perdita di miociti (per apoptosi) a livello del ventricolo dx e rimpiazzo con tessuto fibro-adiposo. Questa condizione causa tachiaritmie ventricolari da rientro che originano soprattutto a livello del tratto di efflusso del ventricolo destro. Il quadro ECG è quello del blocco di branca sx (perché l’impulso parte da destra). Il rischio è che la tachiaritmia si trasformi in fibrillazione ventricolare con possibile morte improvvisa. In 1/3 dei casi viene trasmessa geneticamente per via autosomica. La risonanza magnetica è il gold standard diagnostico per questa patologia (le pareti appaiono più biancastre per la presenza di tessuto fibro-adiposo)
·         Non compattazione del ventricolo sx
o   È una cardiomiopatia dovuta ad un disordine congenito eterogeneo, caratterizzata da un’alterata struttura della parete miocardica. Si ritiene sia dovuta ad un arresto della compattazione intrauterina delle fibre miocardiche in assenza di qualsiasi altra patologia strutturale cardiaca

Classicamente le cardiomiopatie sono classificate con una triade: cardiomiopatia dilatativa, restrittiva ed ipertrofica. Le cardiomiopatie dilatativa e ipertrofica possono essere distinte sulla base dello spessore parietale e delle dimensioni cavitarie del ventricolo sinistro; la cardiomiopatia restrittiva può presentare uno spessore parietale del ventricolo sinistro variabilmente aumentato e dimensioni cavitarie da ridotte a lievemente aumentate, con pronunciata dilatazione atriale. La cardiomiopatia restrittiva è attualmente definita più sulla base di una funzione diastolica anormale, la quale è presente anche nelle cardiomiopatie dilatativa e ipertrofica, ma inizialmente meno spiccata. La cardiomiopatia restrittiva può sovrapporsi alle altre due tipologie di cardiomiopatia sia nella presentazione che, grossolanamente, nella morfologia, nonché nell’eziologia. I primi sintomi di tutte le cardiomiopatie sono spesso correlati all’intolleranza allo sforzo, con fame d’aria o affaticabilità, solitamente dovute alla riserva cardiaca inadeguata durante l’esercizio. Tutte e tre i tipi di cardiomiopatia possono essere associati a insufficienza della valvole atrioventricolari, dolore toracico, tachiaritmie atriali e ventricolari, eventi embolici e insufficienza cardiaca congestizia (sindrome conseguente alla ritenzione dei fluidi comune anche ad altre patologie cardiache associate a elevate pressioni di riempimento). La prevalenza stimata di un’eziologia genetica (ereditarietà nella maggior parte dei casi a carattere autosomico dominante) continua ad aumentare, con la crescente consapevolezza dell’importanza dell’anamnesi familiare e con la disponibilità dei test genetici (i difetti genetici meglio caratterizzati sono quelli delle proteine sarcomeriche, miosina, actina e troponina; mutazioni della desmina sono correlate con l’insorgenza di cardiomiopatia dilatativa e mutazioni della distrofina con le distrofie muscolari di Duchenne e di Becker)
·         Cardiomiopatia dilatativa (DCM)
o   È la più comune cardiomiopatia (60% con incidenza di 5-8/10000 in aumento) ed è caratterizzata da dilatazione ventricolare (ventricolo globoso) e perdita della funzione contrattile (può essere interessato anche il ventricolo destro). I sintomi sono quelli tipici dello scompenso congestizio del cuore (che non riesce a mantenere una normale gittata) e compaiono spesso tardivamente (soprattutto se la malattia evolve lentamente nel tempo). La compromissione del ventricolo dx è un fattore prognostico estremamente sfavorevole. Il cuore (definito bovino) si presenta ingrandito di 2-3 volte, con un peso che supera del 25-50% il peso normale, ed è ben visibile all’ecocardiogramma ed all’RX. Nelle camere cardiache dilatate possono svilupparsi trombi murali che possono eventualmente embolizzare (i pazienti vengono trattati con anticoagulanti). Alla biopsia (si inserisce un catetere nella giugulare destra poi in cava superiore e quindi atrio e ventricolo dx asportando una porzione del setto interventricolare o dell’apice) l’endomiocardio presenta miociti ipertrofici con nuclei ipercromatici e di forma irregolare. Sono presenti cellule interstiziali (bisogna fare diagnosi differenziale con la miocardite)
§  Eziologia: le cause sono poco conosciute (ci sono 75 patologie cardiache che possono dare le manifestazioni cliniche della DCM es malattie coronariche e/o ipertensive possono interagire dando il quadro della DCM secondaria); per quanto riguarda la forma idiopatica (che rappresenta circa ¼ dei casi di cardiomiopatie dilatative, mentre gran parte delle rimanenti sono secondarie e causate dalle sequele di patologie coronariche o ipertensive) sembrano interagire fattori genetici (mutazioni a carico della distrofina e/o del complesso delle glicoproteine associate alla distrofina e ad altre proteine) e familiarità, ma anche pregressi insulti citotossici come miocarditi virali (anche subcliniche. Solo circa il 15% dei pazienti con miocardite, però, va incontro a cardiomiopatia dilatativa; la stragrande maggioranza guarisce. In alcuni pazienti con le caratteristiche cliniche di cardiomiopatia, una biopsia dell’endomiocardio rivela evidenze di una miocardite infiammatoria come la cellularità interstiziale. Altre evidenze che inducono a pensare che la cardiomiopatia dilatativa sia un disordine post-virale includono la presenza di un titolo anticorpale contro i virus molto alto, riscontro di sequenze RNA virus-specifiche e particole simil-virali nel muscolo di questi soggetti), anormalità del sistema immunitario (si innescano processi autoanticorpali, forse causati da polimorfismi HLA, contro i recettori βadrenergici, laminina, catene pesanti della miosina ed altre strutture del miocita) e l’esposizione a tossine. Alcuni miociti possono morire durante l’insulto iniziale, mentre altri sopravvivono solo per andare incontro più tardi all’apoptosi. Mentre i restanti cardiomiociti vanno incontro a ipertrofia per adattarsi al maggiore stress di parete, fattori locali e circolanti stimolano risposte inappropriate che contribuiscono alla progressione della malattia, anche in assenza dei fattori che avevano determinato il danno primitivo. Il rimodellamento dinamico del sostegno interstiziale influenza la funzione diastolica e il grado di dilatazione ventricolare. È frequente lo sviluppo di insufficienza mitralica, poiché l’apparato valvolare è distorto dalla dilatazione ventricolare
§  Storia clinica e prognosi: molti pazienti hanno minimi/assenti sintomi e la progressione della patologia non è chiara. Sono stati identificati una varietà di predittori clinici in pazienti ad alto rischio di morte per cardiomiopatia dilatativa, i quali includono la presenza di un galoppo protodiastolico (terzo tono), aritmie ventricolari (molti di questi pazienti muoiono a causa di queste aritmie ventricolari), età avanzata ed una biopsia che mostri gravi alterazioni del muscolo cardiaco. Il rilievo predittivo di ognuna di queste singole caratteristiche tuttavia non è alto e risulta difficile predire con accuratezza l’eventuale decorso clinico e l’outcome di un paziente specifico. La dilatazione e la disfunzione ventricolare tendono comunque ad essere correlate con una prognosi infausta, in particolare se, oltre il sinistro, anche il ventricolo destro risulta dilatato e disfunzionale (la compromissione ventricolare dx è un segno prognostico estremamente sfavorevole)
§  Sintomi: si sviluppano lentamente. Alcuni pazienti sono asintomatici nonostante abbiano dilatazione da mesi/anni ed una parte dei pazienti sviluppa sintomi in seguito ad infezioni (polmonite, miocardite virale ecc). Risulta importante ai fini diagnostici chiedere attentamente al paziente ed alla famiglia circa l’eventuale abuso di alcol, in quanto questo potrebbe aver portato alla patologia dilatativa (smettendo di bere si verifica un notevole miglioramento clinico). I principali sintomi sono legati allo scompenso ventricolare e comprendono astenia, debolezza, impossibilità di compiere alcuno forzo (dovuti alla riduzione della gittata cardiaca); scompenso del cuore di destra (più tardivo, ma associato a prognosi molto sfavorevole); dolore precordiale (bisogna indagare che non ci sia una patologia coronarica sottostante. La riduzione della riserva vasodilatativa del microcircolo coronarico in questi soggetti può causare ischemia subendocardica anche con coronarie perfettamente normali e giocare un ruolo nella genesi del dolore precordiale); dolore toracico (secondario ad embolia polmonare); dolore addominale (secondario alla congestione epatica e all’epatomegalia/ascite)
§  Esame obiettivo: itto spostato a sx (riflette la dilatazione del ventricolo sx); 3° e 4° tono possono essere presenti; soffi sistolici (dovuti ad insufficienza della mitrale causata dalla dilatazione dell’annulus mitralico e meno comunemente a rigurgito della tricuspide); la pressione sistolica è normale o leggermente inferiore (90 mmHg); bassa pressione differenziale; giugulari distese; edemi periferici, epatomegalia ed ascite
§  Esami strumentali
Ø  RX: evidente cardiomegalia (rapporto cardiotoracico > 0,55; misurato tracciando la linea mediana del cuore e facendo partire da questa rette orizzontali fino ai punti più sporgenti del perimetro cardiaco, sommando queste due rette e dividendole per il diametro toracico alla base del cuore)
Ø  ECG: tachicardia sinusale (tachicardia per compensare la ridotta gittata) con possibili aritmie atriali (flutter e fibrillazione) e ventricolari (tachicardia e fibrillazione); piccola progressione dell’onda R (perché l’enorme massa di sangue che ristagna nel ventricolo riduce i voltaggi e perché si verifica un assottigliamento della muscolatura); solitamente nelle fasi conclamate è presente il blocco di branca sinistra (per lo stiramento della parete); possibili onde Q se la malattia si associa a fibrosi endomiocardica (anche in assenza di malattia coronarica); sottoslivellamento del tratto ST (con onda T negativa) come segno di sovraccarico e possibile aumento dell’onda P (dilatazione atriale sx)
Ø  Ecografia: vengono applicate sia l’eco bidimensionale, sia eco-doppler, per definire il grado di disfunzione (ipomobilità) del ventricolo sinistro e per escludere concomitanti malattie valvolari o pericarditi. In aggiunta, è utile per esaminare tutte le quattro valvole cardiache e per discriminare tra anormalità funzionali o strutturali, l’eco permette la valutazione della grandezza della cavità ventricolare e lo spessore delle pareti della stessa. Un versamento pericardico potrebbe essere evidenziabile. L’eco-doppler è utile per delineare la severità del rigurgito mitralico (e/o tricuspidale). Si può fare l’eco con dobutamina per distinguere tra disfunzione regionale e globale (e quindi escludere patologia coronarica)
Ø  Scintigrafia: utile per distinguere tra dilatazione ventricolare causata da cardiomiopatia dilatativa o da CAD
Ø  MSCT (multi slide city scan): tecnica non invasiva molto usata (ha rimpiazzato la scintigrafia) per valutare lo stato coronarico
Ø  TC e RMN possono essere d’aiuto
Ø  Cateterismo cardiaco ed angiografia: i picchi delle pressioni arteriose telediastolica ventricolare sinistra, atriale sinistra e polmonare, di solito, sono elevati; gradi modesti di ipertensione arteriosa polmonare sono comuni; la ventricolografia sinistra dimostra l'allargamento di questa camera, in genere con la riduzione diffusa dei movimenti murali; disturbi prominenti della motilità parietale localizzata sono più caratteristici di cardiopatia ischemica, mentre la disfunzione globale diffusa e più tipica di cardiomiopatia dilatativa; la frazione di eiezione è ridotta ed il volume telesistolico è aumentato a seguito della compromissione della contrattilità ventricolare sinistra; lieve insufficienza mitralica è spesso presente; la coronarografia in genere rivela normali vasi
§  Trattamento: la terapia è quella dello scompenso cardiaco. Il paziente deve fare attività fisica (una volta li si lasciava a riposo). Nelle forme più avanzate l’unica strategia terapeutica è il trapianto cardiaco
·         Cardiomiopatia ipertrofica (CMPI)
o   Inappropriata ipertrofia del ventricolo sinistro spesso con un asimmetrico coinvolgimento del setto interventricolare (si dice asimmetrica se coinvolge il setto più che la parete libera del ventricolo). La funzione contrattile viene conservata fino agli stadi finali della malattia (finchè non interviene la dilatazione). Circa 1/3 dei pazienti asintomatici dimostrano un gradiente intraventricolare a riposo che impedisce l’efflusso durante la sistole e peggiora con l’aumento della contrattilità. Questa condizione è stata in precedenza chiamata cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva (HOCM), distinta dalla cardiomiopatia ipertrofica non ostruttiva. La CMPI ostruttiva (in inglese HOCM) è una cardiopatia geneticamente trasmessa con carattere autosomico dominante a penetranza variabile caratterizzata da severa (ed afinalistica) ipertrofia della parete/setto del ventricolo sinistro o destro e riduzione della cavità ventricolare. Caratteristiche:
§  Marcato aumento della massa miocardica e piccole cavità ventricolari; dilatazione atriale ed ipertrofia, riflesso dell’alta resistenza al riempimento delle camere ventricolari causata da disfunzione diastolica
§  Il pattern e l’estensione dell’ipertrofia ventricolare sx sono molto variabili da paziente a paziente e le caratteristiche sono eterogenee nei vari quadri, con un’enorme eterogenicità di localizzazione. Alcuni pazienti con cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva hanno ipertrofia in localizzazione inusuali, come la porzione posteriore del setto, la parete postero-basale e la regione medio ventricolare (divide il ventricolo sinistro in due cavità una basale ed una apicale, quest’ultima tende col tempo a dilatarsi e divenire disfunzionale)
§  La cardiomiopatia ipertrofica familiare si trasmette con ereditarietà mendeliana autosomica dominante almeno nel 50% dei casi. La prevalenza di HCM familiare è di circa 1:500 per la popolazione generale. Si pensa che alcune di queste forme siano dovute a mutazioni spontanee. Si associano ad HCM almeno 8 geni differenti, tutti codificanti per polipeptidi sarcomerici (troponina T 15%, catene pesanti della βmiosina 35%, proteina C legante la miosina ecc). Sono state scoperte finora più di 125 differenti mutazioni, ma è chiaro che tutti i difetti genetici non siano ancora stati identificati. L’HCM familiare è una malattia in generale molto eterogenea; tuttavia, l’eterogeneità genetica non sembra sufficiente a spiegare la variabilità clinica
§  A livello istologico si evidenzia una completa disorganizzazione miofibrillare con fibrosi (a volte così diffusa da provocare cicatrici macroscopiche) ed aumento della matrice. Queste sono basi anatomopatologiche per l’instaurarsi di circuiti di rientro talvolta fatali
§  Presentazione clinica: quasi il 75% dei pazienti è asintomatico (pazienti più a rischio di morte improvvisa), un 20% presenta un’ostruzione (del tratto di efflusso del ventricolo sx) moderata con sintomi lievi ed un 5% sintomi evidenti per grave ostruzione. Sia nell’ipertrofia simmetrica (coinvolto il setto interventricolare e la parete cardiaca) che asimmetrica (coinvolto maggiormente il setto) l’ostruzione può essere latente (provocabile con lo sforzo o farmacologicamente), labile (spontaneamente variabile a seconda dello stress e quindi rilascio di catecolamine) o persistente (ostruzione a riposo). La malattia colpisce maggiormente i pazienti tra i 30 e 40 anni (ma è presente anche nei bambini). Quando presente in individui anziani si riscontra solitamente un grado più lieve di ipertrofia (e progressione più lenta), ed una sintomatologia che si palesa più tardivamente. I sintomi (molti sono asintomatici o paucisintomatici e vengono scoperti a causa dei controlli effettuati a seguito della stessa diagnosi a carico di un famigliare; spesso il primo sintomo è la morte improvvisa) sono generalmente correlati all’entità dell’ipertrofia (ma questa legge non è sempre rispettata, ci sono pazienti con sintomi gravi nonostante un’ipertrofia modesta e viceversa) e comprendono
Ø  Dispnea (90%, dovuta all’aumento della pressione telediastolica del ventricolo sx che si trasmette al circolo polmonare)
Ø  Angina (dovuta sia all’ostruzione all’efflusso ma anche ai quadri micro circolatori coronarici menzionati in precedenza)
Ø  Affaticamento, pre-sincope e sincope (perché la limitazione all’efflusso può portare a ipotensione grave)
Ø  Aritmie (danno palpitazione)
Ø  Morte, soprattutto improvvisa (se non avviene, la situazione può cronicizzare dando un quadro di cardiomiopatia ipocinetica)
Ø  Scompenso congestizio (nelle fasi tardive)
§  L’ostruzione all’efflusso è presente soprattutto nelle forme asimmetriche, in cui c’è una sproporzionata ipertrofia del setto interventricolare, dislocazione anteriore dei muscoli papillari, e dei lembi mitralici con elongazione degli stessi e perdita della coaptazione dei lembi mitralici. Si crea quindi nella fase di eiezione (sistole ventricolare) un effetto venturi che attira il lembo anteriore della mitrale verso il setto interventricolare (SAM, systolic anterior movement) riducendo ulteriormente lo spazio per l’eiezione del sangue attraverso il tratto di efflusso del ventricolo sx. Il tempo d’inizio e la durata del contatto lembo-setto determina l’entità del gradiente (più precoce il contatto in sistole maggiore risulta il gradiente). Nel 20% dei pazienti inoltre, vi sono altre patologie associate (che limitano ulteriormente l’efflusso): impianto anomalo dei muscoli papillari, prolasso della valvola mitrale, fibrosi del lembo anteriore mitralico e calcificazioni mitraliche
§  Esame obiettivo
Ø  Auscultazione: solitamente il 1° tono  è normale ma spesso preceduto da un 4° tono (prodotto dall’enorme sforzo di contrazione atriale per riempire il ventricolo che è molto irrigidito); il 2° tono è normalmente splittato (quando il gradiente è molto elevato tuttavia ci può essere uno slittamento paradosso, in quanto l’eiezione del ventricolo sinistro dura più tempo e la valvola aortica si chiude dopo quella polmonare). Questi pazienti hanno sempre un soffio sistolico che a volte è estremamente rude (dovuto all’ostruzione all’efflusso) che si riduce quando il paziente si inginocchia o stringe le mani (lo squatting aumenta il volume ventricolare in quanto aumenta le resistenze all’eiezione del ventricolo sx e quindi migliora l’eiezione attraverso l’ostruzione). Quando il paziente si rialza (o durante la manovra di Valsalva), al contrario, la pressione aortica cade, il ritorno venoso diminuisce e il volume ventricolare sinistro si riduce e l’ostruzione peggiora ulteriormente, rendendo evidente il soffio
§  RX: riscontri variabili, la silhouette cardiaca potrebbe presentarsi da normale a marcatamente aumentata (a seconda dell’ipertrofia). Frequente è la dilatazione dell’atrio sx, specialmente se c’è insufficienza mitralica; calcificazioni della valvola aortica sono poco comuni, più comuni invece quelle della valvola mitrale (per il contatto con il setto interventricolare)
§  ECG: nelle forme conclamate è sempre anormale. ECG perfettamente normali si hanno solo nel 15-25% dei casi (di solito con ipertrofia localizzata del ventricolo sx). Le più comuni alterazioni riguardano il tratto ST (sottoslivellamento) e T (negativa); seguite da evidenze di ipertrofia ventricolare sx (si registrano enormi voltaggi del QRS, perchè la massa muscolare è molto incrementata). Possono esserci onde Q, molto comuni e segno di fibrosi, che di solito interessano le derivazioni diaframmatiche (DII, DIII e aVF) o le precordiali (20-50% dei casi)
§  Ecografia: ci permette di misurare l’ipertrofia settale, il gradiente che si genera durante la sistole ventricolare e anche l’ipercontrattilità ventricolare
§  RMN: molto utile per valutare il grado di ipertrofia
§  Caterizzazione: la ventricolografia mostra l’ipertrofia, la motilità dei lembi mitralici e l’eventuale rigurgito
§  Storia naturale: in molti pazienti i sintomi sono assenti o minimi, rimanendo stabili anche per 5-10 anni. La mortalità annuale è del 3% negli adulti. Il rischio di morte improvvisa è più elevato (può arrivare 6% annuo circa) nei bambini ed è correlato al grado di ipertrofia del ventricolo sinistro. Il deterioramento clinico (escludendo morte improvvisa) è generalmente lento e la progressione di HCM fino alla dilatazione del ventricolo sx è presente nel 10-15% dei pazienti. L’estensione dell’ipertrofia ventricolare sx negli adulti di solito si stabilizza nel tempo, nonostante nella maggior parte dei bambini il grado di ipertrofia generalmente aumenti in maniera importante
§  Trattamento: il trattamento è palliativo e consiste in farmaci che riducono la contrattilità (βbloccanti, calcioantagonisti) ed antiaritmici (con scarso effetto), ma molti pazienti devono sottoporsi all’impianto di ICD (implantable cardioverter defribillator). È possibile una miomectomia (asportazione di parte del miocardio) che tuttavia migliora i sintomi ma non la prognosi ed è ad oggi non utilizzato. Un’alterativa consiste nell’ablazione alcolica del setto (PTMSA), introdotta nel 1996 dal Prof. Ulrich Sigwart che aveva osservato, durante una PTCA (angioplastica coronarica percutanea) dell’arteria interventricolare coinvolgente il 1° ramo settale, una riduzione significativa del gradiente all’efflusso in un paziente con cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva. La tecnica comporta l’induzione di una necrosi settale tramite obliterazione di uno o più rami perforanti settali (si inietta l’alcol dopo aver provato con il liquido di contrasto per verificare che non ci siano rami collaterali e si gonfia un palloncino prossimale per evitare la diffusione dell’alcol in senso retrogrado). L’utilizzo dell’alcol (è doloroso infatti prima si somministra morfina) risulta fondamentale in quanto consente la trombosi non solo del ramo settale principale ma anche del microcircolo distale (prevenzione della riperfusione tramite circoli collaterali). L’effetto consiste nella riduzione immediata del gradiente che prosegue nel tempo con l’evoluzione in fibrosi della necrosi ed il rimodellamento (postnecrotico) della parete del setto interventricolare. Anche in questo caso è un intervento sintomatico che non modifica la prognosi. La mortalità è inferiore all’1% e le complicanze comprendono disturbi di conduzione (perché l’ablazione può ledere il fascio di His o le branche che da esso si dipartono) come aritmie e blocchi di branca e l’infarto miocardico anteriore (se l’alcol finisce nell’arteria interventricolare)
o   Cardiomiopatia restrittiva
§  È la forma meno comune delle tre forme cardiomiopatiche ed è caratterizzata da un’alterazione del riempimento diastolico del ventricolo sinistro e, talvolta, fibrosi dell’endocardio (che, riducendo la compliance del ventricolo, disturba ulteriormente il riempimento diastolico). Si presenta spesso con sintomi relativamente più caratteristici dell’insufficienza cardiaca destra, come edemi, disturbi addominali e ascite, anche se le pressioni di riempimento sono elevate in entrambi i ventricoli. La maggior parte delle cardiomiopatie restrittive sono dovute all’infiltrazione di sostanze anomale tra i miociti, deposito di prodotti metabolici anomali o danno fibrotico
Ø  Malattie infiltrative: l’amiloidosi (più frequentemente primitiva) è la causa principale di cardiomiopatia restrittiva. L’amiloidosi familiare deriva da una mutazione autosomica dominante della transtiretina, una proteina trasportatrice della tiroxina e del retinolo. Le fibrille di amiloide infiltrano il miocardio, specialmente attorno al sistema di conduzione e ai vasi coronarici. Le tipiche manifestazioni cliniche includono blocchi di conduzione, neuropatia autonomica, coinvolgimento renale e, occasionalmente, lesioni cutanee ispessite. L’amiloidosi cardiaca viene sospettata dalle pareti ventricolari ispessite in combinazione con ECG che mostra bassi voltaggi
Ø  Disturbi del metabolismo: la malattia di Fabry (autosomica dominante) è caratterizzata dal deficit dell’enzima α-galattosidasi-A e provoca accumulo di glicolipidi limitato al tessuto cardiaco o esteso anche a cute e reni (la reintegrazione enzimatica può ridurre i depositi). Le glicogenosi portano ad accumulo di glicogeno a livello cardiaco e le mucopolisaccaridosi ad accumulo di glicosaminoglicani
Ø  Cardiomiopatia restrittiva fibrotica: la fibrosi progressiva (cardiomiopatia da irradiazioni, sclerodermia ecc) può causare malattia miocardica restrittiva senza dilatazione. Un quadro simile può essere causato anche da un’estesa fibrosi dell’endocardio, in assenza di patologia miocardica trans murale. In pazienti che non hanno vissuto nelle regioni equatoriali, questo quadro è raro, e quando osservato è in genere associato a una storia di sindrome ipereosinofila cronica (endocardite di Loffler)



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