Le
microangiopatie trombotiche sono condizioni morbose caratterizzate
dall’occlusione trombotica della microcircolazione (arteriole e capillari) con
segni di sofferenza ischemica a carico di vari organi. In alcune di queste condizioni
i trombi sono prevalentemente costituiti da fibrina, in altre da piastrine, più
spesso sono a composizione mista. Non sono naturalmente da confondere con le
vasculiti, in cui l’interessamento patologico primario è a carico della parete
del vaso, non del lume. Tra le microangiopatie trombotiche sono comprese la
porpora trombotica trombocitopenica (PTT), la sindrome emolitico-uremica (SEU),
la coagulazione intravascolare disseminata (CID), la sindrome HELLP, la
pre-eclampsia e l’eclampsia, la sindrome da anticorpi antifosfolipidi
cosiddetta catastrofica.
Porpora trombotica trombocitopenica
(PTT)
La
PTT è una malattia rara, caratterizzata da esordio acuto e decorso fulminante e
potenzialmente fatale. L’incidenza annuale è pari a 4-11 casi per milione di
abitanti, con prevalenza nella razza nera e nel sesso femminile, e picco di
incidenza nella terza-quarta decade. Nella maggior parte dei casi (60-70%) la
PTT si manifesta con un singolo, sporadico episodio acuto; tuttavia un terzo
circa dei soggetti che sopravvivono al primo episodio acuto presenta una
recidiva (più frequentemente, ma non sempre, entro 6 mesi), sviluppando la
forma cronica ricorrente della malattia.
Esistono
due forme differenti di PTT: congenita e acquisita.
La
PTT congenita è causata da mutazioni a carico del gene ADAMTS13, codificante
per la proteina ADAMTS13, un enzima di clivaggio del VWF deputato alla
degradazione delle forme trombogeniche a elevato peso molecolare (infatti i
pazienti affetti da PTT contengono spesso forme trombogeniche a elevato peso
molecolare del VWF). I casi congeniti sono estremamente rari e rappresentano
una piccola percentuale (5%) di tutti i casi di PTT. Ad oggi sono state
identificate oltre 100 mutazioni, di cui la maggior parte sono mutazioni
missenso, in grado di causare difetti di secrezione della proteina ADAMTS13. Il
risultato finale comune a tutte le mutazioni è una marcata riduzione o assenza
dei livelli circolanti di tale enzima. Pertanto, la forma congenita di PTT
dovrebbe essere sospettata ogni qualvolta ci si trovi di fronte a pazienti
affetti da PTT che presentino una carenza grave di ADAMTS13 (per convenzione,
livelli di attività <10%) in assenza di anticorpi anti-ADAMTS13. Il difetto
genetico è trasmesso con modalità autosomica recessiva e, sebbene possa
manifestarsi sin dalla nascita o nel corso dell’infanzia, il 20% dei casi
esordisce in età adulta.
La
PTT acquisita è causata da una carenza dell’attività di ADAMTS13 ascrivibile a
due meccanismi patogenetici
·
La proteasi è
inattivata e/o rimossa dal plasma ad opera di autoanticorpi anti-ADAMTS13
·
La presenza di
una massiva stimolazione endoteliale causa il rilascio di forme trombogeniche
di VWF a elevato peso molecolare, in quantità tali da eccedere le capacità di
degradazione di ADAMTS13, presente in quantità normale o solo moderatamente
ridotta (carenza relativa)
Solitamente
nella PTT acquisita si può riconoscere un fattore scatenante (trigger); sulla
base dell’assenza o presenza di quest’ultimo, la PTT acquisita può essere
ulteriormente distinta in due categorie: le forme idiopatiche e quelle
secondarie. Le forme secondarie possono essere associate a diverse condizioni
come malattie autoimmuni (LES, artrite reumatoide, tiroidite di Hashimoto),
neoplasie, infezioni (principalmente virali, tra cui HIV), alcuni farmaci,
interventi chirurgici, gravidanza.
L’esordio
di malattia è spesso caratterizzato da sintomi prodromici aspecifici quali
febbre, diarrea, vomito, dolori addominali. Il sospetto clinico di PTT si basa
sulla presenza dei seguenti sintomi:
·
Sintomi
emorragici (petecchie, ecchimosi, porpora, epistassi) dovuti a piastrinopenia
da consumo
·
Manifestazioni
trombotiche, in particolare a carico del SNC (coma, convulsioni, deficit
motori, cefalea, disturbi del visus, alterazioni dello stato mentale)
La
diagnosi clinica deve essere confermata dal riscontro laboratoristico di:
·
Piastrinopenia
(<50000/mm3) da consumo (provocata da un’aumentata aggregazione
intravascolare)
·
Anemia emolitica
microangiopatica (legata alla distruzione meccanica dei globuli rossi nel
microcircolo parzialmente ostruito dai trombi)
o
Ematocrito
<20%; Hb <10 g/dL; aumento della bilirubina indiretta; elevati livelli di
LDH; aptoglobina ridotta o indosabile; reticolocitosi; presenza di schistociti
nello striscio di sangue periferico; test di Coombs diretto e indiretto
negativi
Nella
fase acuta, il dosaggio di ADAMTS13 e la ricerca di anticorpi anti-ADAMTS13 non
sono necessari per porre diagnosi di PTT ma sono raccomandati, in virtù del
loro valore prognostico: livelli indosabili di ADAMTS13 e presenza di anticorpi
anti-ADAMTS13 in fase acuta sono associati a un maggior rischio di recidiva.
Il
trattamento della PTT è volto alla supplementazione della proteasi carente
(ADAMTS13), in associazione alla rimozione degli autoanticorpi e alla riduzione
della loro produzione nella forma acquisita. Nella PTT congenita, la terapia
dell’episodio acuto consta di infusioni di plasma; in fase di remissione, in
casi selezionati (forme croniche-recidivanti) viene attuato un trattamento
sostitutivo, come profilassi degli episodi ricorrenti, con somministrazione di
plasma a intervalli regolari. Nella PTT acquisita la terapia con
plasma-exchange (PEX) ha ridotto significativamente la mortalità. L’utilizzo di
corticosteroidi somministrati in parallelo alla PEX è pressochè costante nel
trattamento acuto della PTT immunomediata.
Sindrome emolitico-uremica (SEU)
La
SEU è una malattia rara con un’incidenza di 2 casi per 10000 persone per anno,
con un picco nei bambini con meno di 5 anni di età. Può essere classificata in
due sottotipi:
·
SEU tipica à è una patologia acquisita che si manifesta
prevalentemente nei bambini di età compresa tra 6 mesi e 5 anni (rara negli
adulti) preceduta da un’infezione gastrointestinale con diarrea muco-emorragica
·
SEU atipica
(SEUa) à rappresenta il 5% delle SEU nei bambini e la forma
più frequente di SEU negli adulti. Sia nelle forme familiari che nelle forme
sporadiche sono state documentate anomalie genetiche nelle proteine del sistema
del complemento. La forma familiare è più rara ed è stata descritta più
frequentemente nei bambini, a differenza della SEUa sporadica
SEU
tipica
L’esordio
della SEU tipica è preceduto di qualche giorno da diarrea emorragica con
successivo sviluppo di insufficienza renale grave con oligo/anuria, ittero e
manifestazioni emorragiche quali petecchie e porpora. Il coinvolgimento del SNC
è raro. I principali agenti eziologici responsabili dell’infezione
gastroenterica che precede la SEU sono l’Escherichia coli e la Shigella
dysenteriae. Questi agenti infettivi producono una enterotossina detta
verotossina o tossina shiga, che viene assorbita dal tratto gastrointestinale e
si lega al recettore Gb3 degli sfingolipidi di membrana, particolarmente
espresso a livello dell’endotelio dei capillari glomerulari dei neonati e dei
bambini. Il legame della verotossina al recettore ha un effetto citotossico
sulle cellule endoteliali glomerulari, con condeguente rigonfiamento e
desquamazione dell’endotelio e formazione di microtrombi a livellorenale. Tra
le forme di SEU secondarie a infezione, ricordiamo anche le forme associate a
Streptococcus pneumoniae.
La
diagnosi della SEU tipica si basa sul riscontro di anemia emolitica
microangiopatica; piastrinopenia; insufficienza renale acuta; spesso associata
ad ipertensione arteriosa; infezione da E. coli o S. dysenteriae (identificate
tramite coprocoltura o dosaggio della enterotossina).
Per
quanto riguarda la terapia, durante la fase prodromica caratterizzata da
diarrea è sconsigliata la somministrazione di agenti che inibiscono la motilità
intestinale, in quanto favoriscono la permanenza della tossina a livello del
lume intestinale e il suo assorbimento nel circolo. L’utilizzo di antibiotici è
controverso. Almeno il 50% dei pazienti ha bisogno della dialisi; l’inizio
precoce del trattamento dialitico è fondamentale ai fini della riduzione della
mortalità e delle sequele.
SEU
atipica
La
SEUa costituisce il 5-10% dei casi di SEU. Numerosi studi hanno confermato il
legame tra le anormalità genetiche delle proteine del sistema del complemento e
le forme sporadiche e familiari di SEUa. Sono state descritte mutazioni in geni
che codificano le proteine regolatorie del complemento, così come mutazioni
delle proteine della via alternativa di attivazione del complemento (che può
essere anche bersaglio di autoanticorpi). Che viene così resa costitutivamente
attiva. L’ereditarietà della SEUa di solito segue un pattern autosomico
dominante con penetranza variabile. Caratteristico della forma familiare di
SEUa è che il 50% degli individui non manifesterà la malattia nonostante sia
portatore di una mutazione; si ritiene pertanto che altri fattori siano
coinvolti nello sviluppo della malattia: per prima cosa, nella maggior parte
dei pazienti è possibile individuare un trigger scatenante e, in secoondo
luogo, ulteriori varianti genetiche possono aumentare il rischio di sviluppare
la malattia.
La
determinazione dei livelli plasmatici delle proteine del complemento o lo
studio della loro funzione nel plasma non è sufficiente per la diagnosi e sono
necessarie le analisi genetiche. Siccome le mutazioni genetiche e le piccole
delezioni rappresentano più del 95% delle anormalità genetiche, il
sequenziamento diretto è ora diventato il metodo di scelta per lo screening
delle mutazioni.
La
SEUa ha una prognosi sfavorevole; nel 50% dei casi l’insufficienza renale
progredisce fino allo stadio terminale oppure sono presenti danni cerebrali
irreversibili e il 25% dei pazienti muore durante l’episodio acuto di malattia.
La
terapia iniziale nella SEUa in fase acuta è rappresentata dalla plasmaferesi.
Tale terapia deve essere iniziata entro 24 ore dalla presentazione, in
parallelo con terapia conservativa (dialisi e terapia medica).
CID
Nella
CID si ha la coesistenza di una coagulazione intravasale patologica (con
consumo di fibrinogeno, piastrine e altri fattori della coagulazione) e di
un’esaltata fibrinolisi a livello della microcircolazione periferica. Il
risultato è un grave difetto emocoagulativo aggravato dall’azione
anticoagulante dei prodotti di degradazione della fibrina e del fibrinogeno. La
diagnosi di CID è basata sul riscontro di piastrinopenia, PTT e aPTT allungati,
aumento del D-dimero, diminuzione del fibrinogeno e dei fattori della
coagulazione V e VIII.
Dal
punto di vista laboratoristico, la CID si distingue dalla PTT per incremento
spiccato dei prodotti di degradazione del fibrinogeno e/o del D-dimero,
ipofibrinogenemia e prolungamento del PT e aPTT; dal punto di vista
anatomo-patologico, nella CID i trombi sono ricchi di fibrina.
Pre-eclampsia e eclampsia
La
pre-eclampsia è il più comune disordine medico nel contesto gravidico: si
sviluppa nel 5-8% delle donne gravide, generalmente nelle primigravide e nelle
donne con ipertensione o affezioni vascolari preesistenti. La pre-eclampsia è
definita dalla presenza di ipertensione arteriosa di nuova insorgenza che
compaia dopo la 20° settimana di gestazione associata a proteinuria in una
donna che in precedenza avesse pressione arteriosa normale e proteinuria
assente. La presenza di disfunzioni neurologiche (cefalea grave, disturbi del
visus, sino a clonie generalizzate) definisce l’eclampsia, in associazione o
meno alla proteinuria. L’eziologia è sconosciuta, tuttavia i meccanismi
patologici sottesi a questa sindrome riflettono un’inadeguata placentazione che
si verifica precocemente durante la gravidanza, determinando alterazioni che
conducono a una progressiva ischemia dell’unità feto-placentare man mano che la
gestazione progredisce. L’insufficienza placentare porta infine a ritardo di
crescita intrauterino. I dati di laboratorio possono mostrare una lieve
piastrinopenia e, talora, presenza di schistociti; l’emolisi è rara e
solitamente lieve, i livelli di antitrombina sono molto ridotti.
Il
parto (con l’espulsione della placenta) rimane l’unico trattamento risolutivo
per questa patologia.
Sindrome HELLP
La
sindrome HELLP (hemolysis, elevated liver enzymes and low platelet count) è una
delle complicanze più gravi della gravidanza: i criteri diagnostici includono
l’anemia emolitica microangiopatica con piastrinopenia (<100000/mm3),
associata ad incremento di LDH e di AST/ALT. In genere, quando la conta
piastrinica è inferiore a 50000/mm3 la sindrome HELLP si definisce
grave. Anche in questo caso la terapia è l’espletamento del parto. Si
manifestano ipertensione arteriosa ed aumento del D-dimero.
Sindrome da anticorpi antifosfolipidi
catastrofica
Si
manifesta con trombosi microvacolare, anemia emolitica e grave sintomatologia
ischemica a carico del SNC e di altri organi, analogamente alla PTT. È
un’evenienza rara ma gravissima in cui i test di laboratorio si rivelano
fondamentali per la diagnosi, mostrando la positività di autoanticorpi
specifici, l’incremento del D-dimero e la riduzione dei valori di fibrinogeno.
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