Le
neoplasie delle cellule linfatiche spaziano dalle forme più indolenti a quelle
più aggressive dei tumori umani. Esse originano da cellule del sistema
immunitario in diversi stadi di differenziazione, con un’ampia gamma di aspetti
morfologici, immunologici e clinici.
Alcune
neoplasie delle cellule linfatiche si manifestano quasi sempre in forma
leucemica (interessamento primitivo del midollo osseo e del sangue), altre
quasi sempre in forma di linfomi (tumori solidi del sistema immunitario), altre
ancora in forma sia di linfomi sia di leucemie, potendo inoltre verificarsi un
cambiamento del quadro clinico durante il decorso della stessa malattia. Tale
cambiamento è più spesso osservato nel paziente affetto da linfoma che poi
sviluppa manifestazioni leucemiche nel corso della malattia.
Linfomi non-Hodgkin
I
linfomi non-Hodgkin sono neoplasie maligne a origine dal linfcita B, T o dalla
cellula NK a prevalente localizzazione linfonodale. Rappresentano circa il 4-5%
dei nuovi casi di cancro al mondo; la loro incidenza è risultata in aumento
negli ultimi decenni ed è più alta nella popolazione americana di razza
caucasica, seguita da quella europea e poi asiatica. Esistono dei particolari
sottotipi di linfoma che dimostrano una peculiare distribuzione geografia; ad
esempio il linfoma di Burkitt è endemico nell’Africa tropicale risultando
associato all’infezione da EBV, mentre il linfoma a cellule T di tipo nasale è
più frequente in asia. Il linfoma non-Hodgkin è più comune ne soggetti maschi,
con un’età media di insorgenza compresa in genere tra i 50 e i 70 anni (aumenta
con l’aumentare dell’età). Alcuni tipi di linfoma tuttavia sono abbastanza
frequenti nell’infanzia o nella giovinezza e sono principalmente rappresentati
dal linfoma linfoblastico e dal linfoma di Burkitt.
L’eziologia
è al momento sconosciuta. Sono stati tuttavia individuati fattori correlati
allo sviluppo dei linfomi, e sono fattori che generalmente inducono
un’alterazione del sistema immunitario.
Gli
stati di immunodeficienza congenita o acquisita possono predisporre
all’insorgenza di linfoma (es pazienti in terapia immunosoppressiva o pazienti
affetti da HIV). In particolare i pazienti trapiantati possono sviluppare
linfomi aggressivi dovuti a riattivazione di EBV mentre pazienti HIV+
sviluppano tipicamente linfomi primitivi del SNC.
Le
infezioni rappresentano un altro fattore correlato allo sviluppo dei linfomi;
infatti la stimolazione antigenica cronica da parte dell’agente patogeno può
indurre l’espansione clonale dei linfociti B. un esempio paradigmatico è
costituito dal linfoma gastrico di tipo MALT in corso di infezione da H.
pylori. Tra i virus, l’infezione da HCV è risultata correlata allo sviluppo di
malattie linfoproliferative. Le infezioni endemiche inoltre, quali l’EBV e l’infezione
da HTLV1-2 (human T-lynphotropic virus), sono responsabili rispettivamente del
linfoma di Burkitt in Africa e del linfoma/leucemia a cellule T dell’adulto in
Asia. In questi casi il virus, integrandosi nella cellula, la immortalizza
favorendo l’instaurarsi del processo di trasformazione neoplastica.
Infine
alcuni agenti chimici e fisici quali i pesticidi, il benzene, i nitriti
contenuti nella dieta, il fumo di sigaretta e le radiazioni ionizzanti sono
risultati correlati allo sviluppo di linfomi.
Il
sistema linfo-emopoietico è costituito dai linfociti B, T e NK distribuiti nei
tessuti linfatici primari o centrali (midollo osseo e timo) e nei tessuti
linfatici secondari o periferici (linfonodi, milza e tessuto linfatico
associato alle mucose, MALT). Negli organi primari si ritrovano i linfociti più
immaturi o naive ad alto potenziale proliferativo. Negli organi periferici
invece i linfociti, incontrando l’antigene, si differenziano e riducono
proporzionalmente la loro capacità proliferativa.
Il
linfonodo normale si divide in tre aree al di sotto della capsula: la zona
corticale prevalentemente costituita da linfociti B, la zona interna
paracorticale prevalentemente costituita da linfociti T e l’area del parenchima
internodulare ricca in plasmacellule. Nella zona corticale i linfociti B si
organizzano in follicoli primari (costituiti da piccoli linfociti B che non
hanno ancora incontrato l’antigene) e in follicoli secondari muniti di centro
germinativo (in cui i linfociti si differenziano in cellule memoria o
plasmacelllule in seguito all’incontro con l’antigene). I centri germinativi
contengono due tipi di linfociti B: grandi cellule (centroblasti) e piccole
cellule (centrociti). I linfociti si differenziano non solo per le
caratteristiche morfologiche, ma anche per l’espressione di diversi antigeni di
superficie e per i riarrangiamenti dei geni codificanti per le Ig e per il TCR.
I
linfomi possono originare sia dai linfociti B (85% dei casi) che dai linfociti
T e dalle cellule NK (15% dei casi). In base alla sottopopolazione linfocitaria
e allo stadio maturativo in cui insorge il processo neoplastico si avrà un
differente tipo di linfoma identificato dall’insieme delle caratteristiche
morfologiche, immunofenotipiche e molecolari a cui può corrispondere un
particolare quadro clinico. In alcuni casi l’espressione degli antigeni di
superficie è peculiare come nel linfoma mantellare ove si ha la coespressione
del CD20 e del CD5. Inoltre nei linfomi possono essere presenti traslocazioni e
riarrangiamenti genici caratteristici identificabili mediante PCR e FISH. Le
traslocazioni cromosomiche e i riarrangiamenti genici possono anche essere
utilizzati come marcatori molecolari tumore-specifici (ad esempio la t(14;18)
del linfoma follicolare) e ciò è utile sia per la diagnostica che per lo studio
di piccolissime quantità di malattia. I marcatori molecolari possono essere
utilizzati quindi anche per determinare la presenza della malattia minima
residua o l’avvenuto ottenimento della cosiddetta remissione molecolare di
malattia, indice di elevatissima probabilità di guarigione.
Quadro
clinico: i linfomi si manifestano comunemente con tumefazioni linfonodali alle
stazioni linfoghiandolari superficiali, di consistenza duro-elastica, poco
mobili sui piani superficiali e profondi, non dolenti né dolorabili alla
palpazione. Mentre i linfomi di Hodgkin hanno una diffusione per contiguità, i
linfomi non-Hodgkin possono insorgere in stazioni linfonodali distanti fra
loro. Nel caso di linfomi aggressivi la crescita è rapida e quindi può essere
facilmente notata dal paziente che si presenterà con grosse masse linfonodali
in una o più sedi. Nel caso di linfoma a decorso clinico indolente, invece,
all’esame obiettivo si noteranno più spesso numerose stazioni linfonodali
coinvolte in quanto la lenta crescita tumorale spesso non permette al paziente
di recarsi dal medico se non in stadio avanzato. Se vengono coinvolti gli
organi extralinfonodali del sistema emopoietico (ad esempio la milza o l’anello
di Waldayer) all’esame obiettivo si potrà inoltre apprezzare splenomegalia,
ipertrofia tonsillare o asimmetria del velo pendulo all’esame del cavo orale.
Infine, l’esame obiettivo dovrà essere completato in modo da evidenziare
eventuali versamenti pleurici, tumefazioni dei tessuti molli, epatomegalia,
sintomi e segni neurologici o localizzazioni cutanee. I pazienti possono
inoltre riferire dei sintomi (più comuni tra i pazienti affetti da linfoma di
Hodgkin o dal linfoma non-Hodgkin di istologia aggressiva) sistemici che
vengono denominati sintomi B: febbre serotina superiore a 38°C (in assenza di
infezioni in atto), sudorazioni profuse notturne, calo ponderale superiore al
10% in un tempo inferiore ai 6 mesi e prurito.
Diagnosi:
gli esami ematici essenziali da richiedere nel sospetto di malattia
linfoproliferativa includono emocromo, LDH e β2-microglobulina (indici del
grado di aggressività), elettroforesi delle proteine sieriche, uricemia,
creatinina, azotemia, VES, PCR, ferritina, cupremia, enzimi epatici e test di
Coombs diretto e indiretto. La diagnosi di certezza di linfoma non-Hodgkin
viene effettuata solo mediante biopsia di un linfonodo coinvolto dalla
malattia. L’esame citologico su agoaspirato non è sufficiente per definire il
sottotipo di linfoma (serve quindi assolutamente l’istologico su preparato
bioptico).
Una
volta ottenuta la diagnosi è necessario eseguire la stadiazione della malattia
mediante:
·
TC collo, torace
e pelvi con e senza mdc al fine di valutare tutte le stazioni linfonodali e gli
organi coinvolti; nel caso di sintomi o segni neurologici occorre eseguire
anche la RNM dell’encefalo
·
Biopsia
osteomidollare, utile al fine di valutare la localizzazione midollare di
malattia
·
Agoaspirato del
sangue midollare, utile per l’identificazione di traslocazioni cromosomiche e riarangiamenti
genici mediante FISH e/o PCR, oltre che per eseguire l’esame immunofenotipico
·
Visita in ORL
(esame fibroscopico dell’anello di Waldeyer)
·
Rachicentesi per
esame chimico-fisico e citologico del liquor in tutti i casi a rischio di
interessamento del SNC (in caso di malattia midollare, linfonodi paravertebrali
localizzazione all’anello di Waldeyer, al testicolo, alle vertebre,
all’encefalo e nei pazienti con linfoma a cellule T)
·
PET total body (è
più sensibile rispetto alla TC)
Le
indagini descritte conducono all’identificazione dello stadio della malattia,
come definito dalla classificazione di Ann Arbor (4 stadi a seconda degli
organi e delle sedi interessati da malattia), che costituisce un fattore
prognostico ed è essenziale per identificare il miglior percorso terapeutico
per il paziente (in genere le forme localizzate, stadio 1, vengono trattate in
modo meno intensivo delle forme avanzate, stadio 4).
Prognosi:
i linfomi costituiscono un gruppo abbastanza eterogeneo di neoplasie non solo
dal punto di vista istologico, ma anche dal punto di vista prognostico. In
primo luogo occorre distinguere tra i linfomi aggressivi e quelli indolenti. I
linfomi aggressivi possono rispondere rapidamente al trattamento, ma
altrettanto rapidamente recidivare; solitamente la recidiva avviene entro i
primi 2 anni dal termine della terapia, mentre raramente avviene dopo i 5 anni.
Tra i linfomi aggressivi esistono poi molte differenze; i linfomi a grandi
cellule B ad esempio (i più frequenti linfomi di tipo aggressivo) hanno una
probabilità di guarire pari al 50-60%, mentre i linfomi aggressivi a cellule T
guariscono nel 15-20% dei casi. I linfomi indolenti sono invece molto chemio e
radiosensibili, ma tendono spesso a recidivare anche a distanza di molti anni.
L’international
prognostic index (IPI) è utilizzato in tutto il mondo per definire il rischio e
la prognosi di questi pazienti, ed è effettuato considerando l’istologia, lo
stadio di malattia, il valore di LDH, la presenza di localizzazioni
extranodali, l’età del paziente e le condizioni cliniche generali. Alcuni
fattori non inclusi nell’IPI possono tuttavia rivestire un ruolo prognostico,
come le localizzazioni di malattia con diametro superiore ai 7 cm (bulky), le
localizzazioni al SNC, la rapidità di risposta alla terapia e l’intervallo
libero di malattia prima della recidiva (la prognosi è peggiore per i pazienti
che recidivano entro un anno dal trattamento).
Per
quanto riguarda il trattamento, i linfomi sono malattie chemio e
radiosensibili; questo significa che una quota di pazienti può essere curata
definitivamente dalla malattia. Negli stadi iniziali il trattamento si basa
sull’utilizzo di cicli abbreviati di chemioterapia seguiti da radioterapia.
Negli stadi 1 dei linfomi indolenti è possibile effettuare la sola
radioterapia. Negli stadi avanzati l’approccio è diversificato. I linfomi
aggressivi devono essere sottoposti in tempi brevi a chemio-immunoterapia in
considerazione della rapida crescita tumorale. I linfomi indolenti invece
possono essere mantenuti in osservazione sino alla comparsa di segni e sintomi
di progressione di malattia.
·
Linfomi a cellule
B
o
Linfomi a cellule
B indolenti
§ Linfoma follicolare à è il più comune linfoma a decorso clinico indolente.
L’età media di insorgenza è di 60 anni, senza predilezione per il sesso. Il
linfocita di origine è il linfocita B maturo del centro germinativo. La
struttura del linfonodo organizzato in follicoli è conservata anche nel
linfonodo patologico sebbene un pattern di crescita diffuso sia parzialmente
presente (si dividono una forma follicolare, con oltre il 75% di tumore a
crescita follicolare; follicolare e diffusa in cui la componente follicolare
varia dal 25 al 75% ed infine una forma prevalentemente diffusa, in cui la
componente follicolare è meno del 25%). La percentuale di centroblasti per
campo all’esame microscopico definisce il grado istologico del linfoma
follicolare: più i follicoli patologici presentano centroblasti più il grado è
elevato ed il decorso clinico è aggressivo. Gli antigeni di superficie
caratteristici sono CD10, CD19 e CD20 (per questo si può utilizzare l’mAb anti
CD20 rituximab). Nel 90% dei casi è possibile determinare l’espressione della
proteina bcl-2 (responsabile dell’aumento dell’inibizione dell’apoptosi), che
risulta invece assente nei follicoli reattivi normali. La maggior parte dei
pazienti si presenta in stadio avanzato (perché il decorso è indolente), la
sopravvivenza media varia da 3 a 8 anni
§ Linfoma marginale à comprende un gruppo eterogeneo di linfomi a
localizzazione linfonodale, extralinfonodale o splenica. È il linfoma che
tipicamente insorge nel tessuto linfatico associato alle mucose dando origine
al cosiddetto maltoma. Le caratteristiche istologiche rispecchiano quelle del
tessuto MALT: piccoli linfociti maturi frammisti a linfociti con aspetto
monocitoide e una quota variabile di plasmacellule ed eosinofili. Le cellule
tumorali linfonodali si localizzano nella zona marginale del follicolo e nella
regione interfollicolare, mentre nei tessuti epiteliali formano le cosiddette
lesioni linfoepiteliali. I linfociti tumorali esprimono solitamente gli
antigeni CD19, CD20, CD22 e CD79a. Il linfoma marginale nodale è raro; quello
marginale extranodale di tipo MALT è invece più frequente, soprattutto quello a
localizzazione gastrica dovuto a infezione da H. pylori (la terapia eradicante
con antibiotici e antiacidi si è dimostrata in grado di far regredire il
linfoma in oltre il 90% dei casi). Il maltoma degli annessi oculari è invece
correlato all’infezione da Chlamidia psittacii. Il linfoma marginale
extranodale è anche associato a malattie autoimmuni quali la sindrome di
Sjogren e la tiroidite di Hashimoto (in questi casi è frequente il riscontro di
linfomi della parotide e della tiroide). Esiste poi il linfoma marginale
splenico con e senza linfociti villosi, caratterizzato dall’infiltrazione della
milza; può essere presente la localizzazione midollare con o senza coinvolgimento
del sangue periferico (nel caso di localizzazione nel circolo periferico i
linfociti appaiono con caratteristiche propaggini citoplasmatiche e vengono
detti linfociti villosi)
§ Linfoma linfocitico à variante linfonodale della leucemia linfatica cronica
§ Linfoma linfoplasmocitico à linfoma indolente caratterizzato da piccoli linfociti
a differenziazione plasmocitica in grado spesso di dare una sindrome nota come
macroglobulinemia di Wandelstrom
o
Linfomi a cellule
B aggressivi
§ Linfoma diffuso a grandi cellule B à è l’istotipo aggressivo più comune nei paesi
occidentali. L’età media di insorgenza è di circa 60 anni, con lieve prevalenza
nel sesso maschile. La cellula di origine è il centroblasto del centro
germinativo che trasformandosi cresce al di fuori del follicolo sovvertendo la
natura del linfonodo. La crescita è infatti diffusa all’interno del linfonodo,
e i linfociti sono di grosse dimensioni, esprimenti CD19, CD20, CD22, CD79a ed
in misura variabile bcl-2, bcl-6 e CD10. Nel 5-15% dei casi può essere presente
il riarrangiamento di c-myc che correla con una prognosi molto severa. Si
dividono due tipologie di linfoma diffuso a grandi cellule B: quello con
espressione genica simile alle cellule del centro germinativo (germinal center
B-cell, GCB) e quello con espressione genica simile al linfocita B attivato
post-centro germinativo (activated B-cell, ABC); quest’ultimo è stato correlato
a una peggior prognosi. Per la sua rapida crescita spesso il linfoma diffuso a
grandi cellule B è diagnosticato negli stadi iniziali con la comparsa di grosse
masse linfonodali. La localizzazione extranodale è presente in circa il 40% dei
linfomi in stadio avanzato ed è inusuale in quelli in stadio iniziale. Si
associano abbastanza spesso i sintomi B. sebbene di rado, è possibile
riscontrare la localizzazione al SNC in forma di llocalizzazione liquorale o
con masse encefaliche (bisogna quindi effettuare RMN encefalica e rachicentesi
per la stadiazione). Sottotipi particolari di linfoma diffuso a grandi cellule
B sono il linfoma primitivo del mediastino (raro, si manifesta prevalentemente
nelle donne con età media di 40 anni; si presenta come linfoma diffuso a grandi
cellule con aree di sclerosi ed esprime spesso il CD30, a differenza del
linfoma diffuso a grandi cellule classico. La localizzazione tipica è quella
mediastinica con massa bulky a verosimile origine timica, che spesso comporta
una compromissione delle vie aeree e sindrome della vena cava superiore), i
linfomi delle cavità sierose (insorgono prevalentemente in maschi immunodepressi
per infezione da HIV o trapianto d’organo) ed i linfomi anaplastici (molto
rari, si presentano con grandi cellule ad aspetto pleomorfo)
§ Linfoma mantellare à linfoma con età media di insorgenza compresa tra 50 e
60 anni con predilezione per il sesso maschile. Deriva dalle cellule della zona
mantellare perifollicolare. I linfociti sono piccoli con nucleo talora clivato
tranne che in una particolare forma aggressiva, la cosiddetta variante
blastica, in cui le cellule sono di dimensioni maggiori con un elevato indice
mitotico. Le cellule neoplastiche esprimono l’antigene CD19, CD20 e CD5, mentre
la negatività del CD23 le differenzia dalle cellule caratterizzanti la leucemia
linfatica cronica. Nella maggior parte dei pazienti è possibile identificare la
traslocazione (11;14) che determina una overespressione del gene bcl-1. Il
linfoma mantellare si manifesta con linfoadenopatie disseminate anche di grandi
dimensioni e con aggressività clinica intermedia. La localizzazione midollare è
frequente e la leucemizzazione può essere presente nel 20-40% dei casi; anche
la splenomegalia è comune. La localizzazione gastroenterica è peculiare di
questo tipo di linfoma; le forme di localizzazione multifocale al colon e
all’intestino tenue si definiscono con il termine di poliposi linfomatoide. Per
tale motivo tra gli esami di stadiazione spesso occorre includere esami
endoscopici. Recentemente è stata identificata una forma indolente di linfoma
mantellare. Per i rimanenti pazienti la prognosi è invece generalmente sfavorevole
(la sopravvivenza media p di circa 3-4 anni)
§ Linfoma linfoblastico à forma molto rara, più frequente nel bambino e nei
giovani (picco di incidenza nella seconda decade di vita). Rappresenta la forma
linfonodale della leucemia linfoblastica acuta a cellule B che è di gran lunga
più frequente. Nella classificazione WHO è definito come neoplasia dei
precursori delle cellule B, ovvero il linfoblasto. All’esame istologico il
linfoblasto appare come un piccolo linfocita con nucleo rotondo, cromatina lassa,
nucleoli poco evidenti e scarso citoplasma. Il linfoblasto B non si differenzia
da quello a origine dalle cellule T, che è molto più comune tra i linfomi
linfoblastici. È quindi fondamentale l’analisi immunofenotipica che evidenzia
la positività per l’enzima Tdt e per gli antigeni CD19, CD22 e CD79a. l’assenza
di Ig di superficie citoplasmatiche differenzia queste cellule dai linfociti B
maturi. Il linfoma linfoblastico ha un’aggressività clinica paragonabile a
quella delle leucemie e richiede quindi un intervento terapeutico tempestivo.
Si manifesta con grosse masse linfonodali (bulky), più comunemente a livello
mediastinico
§ Linfoma di Burkitt à linfoma aggressivo che si manifesta in forma
sporadica nei paesi occidentali rappresentando 1/3 dei linfomi pediatrici, in
associazione all’infezione da HIV, o come forma endemica nei paesi africani.
Complessivamente è più comune nel bambino e nel giovane adulto, con rapporto
M:F di 2-3:1. Si associa all’infezione latente da EBV in tutte le forme
endemiche e nel 15-25% delle forme HIV correlate e delle forme sporadiche. Il
virus infetta i linfociti B e li immortalizza; questo fenomeno aumenta la
sopravvivenza cellulare favorendo la trasformazione neoplastica; in
particolare, nella forma endemica, la proliferazione linfocitica è anche
favorita dall’infezione malarica. I linfociti del linfoma di Burkitt sono di
grandezza media con nuclei rotondi, nucleoli multipli e citoplasma basofilo con
vacuoli. Questi linfociti presentano sia un elevato indice proliferativo, sia
un aumentato indice apoptotico; la presenza di macrofagi che fagocitano i corpi
apoptotici conferisce il tipico aspetto a cielo stellato (starry-sky). La
traslocazione (8;14) è solitamente responsabile dell’overespressione del gene
c-myc. Spesso il linfoma di Burkitt si manifesta con grosse masse extranodali.
La forma endemica si presenta più comunemente con grosse masse del distretto
cervico-facciale, in particolare a livello mandibolare. Nella forma sporadica
sono frequenti localizzazioni all’ileo e al peritoneo. Inoltre possono essere
presenti masse a livello degli organi addominali (reni, surreni e ovaie) e ai
testicoli. La localizzazione midollare e la leucemizzazione sono rare. Se non
trattato, il linfoma di Burkitt può essere fatale in poche settimane
·
Linfomi a cellule
T e NK
o
Sono considerate
patologie rare. Vengono divise in linfomi derivati da linfociti timici immaturi
(ovvero il linfoma linfoblastico a cellule T, TdT positivo) e quelli derivati
dal linfocita T maturo (ovvero linfomi a cellule T periferiche, TdT negativi).
Questi ultimi vengono poi suddivisi in linfomi a localizzazione nodale,
extranodale e cutanea. Fatta eccezione per i linfomi cutanei e i linfomi
anaplastici alk positivi, i linfomi a cellule T o NK presentano un decorso
clinico particolarmente aggressivo e prognosi peggiore rispetto ai linfomi a
cellule B
§ Linfoma linfoblastico a cellule T à è il linfoma derivante dai precursori dei linfociti T
ed è più frequente rispetto al linfoma linfoblastico a cellule B, di cui ne
ricalca le caratteristiche cliniche di elevata aggressività. È frequente nei
bambini e nei giovani adulti con predilezione per il sesso maschile. Solo
l’analisi immunofenotipica può distinguerlo dal linfoma linfoblastico B:
entrambi sono tipicamente TdT+ma il linfoma linfoblastico T esprime antigeni
T-associati come CD3, CD5, CD7, CD4 e/o CD8
§ Linfomi a cellule T periferiche non altrimenti
specificati (NOS) à sono linfomi ad
andamento clinico aggressivo simili ai linfomi a grandi cellule B; l’età
mediana di insorgenza è di circa 60 anni. L’aspetto morfologico e
immunofenotipico è variabile, l’esordio clinico è aggressivo, la localizzazione
extranodale comune
§ Linfoma anaplastico a grandi cellule T o null à può insorgere in tutte le età (ma le forme alk+ sono
più comuni nei giovani con età >20 anni) ed è caratterizzato da alcune
peculiarità: grandi cellule ad aspetto pleomorfo con abbondante citoplasma,
multinucleate, esprimenti l’antigene CD30, con fenotipo T o null, EMA+, e nel
20-50% dei casi possono presentare la traslocazione t(2;5) che induce la
formazione di una proteina di fusione tra NPM (nucleofosmina) e la
tirosinchinasi alk. La proteina di fusione consente l’espressione della
proteina alk che conferisce una migliore prognosi
§ Linfoma angioimmunoblastico à è uno dei sottotipi più comuni. All’istologia
presenta caratteristiche peculiari, quali l’aumento della vascolarizzazione, la
presenza di depositi intracellulari di materiale amorfo acidofilo PAS+ e di un
infiltrato polimorfo perivascolare di plasmacellule, cellule dendritiche,
linfociti T e B reattivi, frammisti a cellule tumorali, usualmente CD4+. I
sintomi B sono molto comuni e si associano a linfadenopatie superficiali,
epatosplenomegalia, eruzioni cutanee e fenomeni autoimmuni tipo l’anemia
emolitica. Agli esami di laboratorio si riscontra un aumento degli indici
infiammatori e spesso una ipergammaglobulinemia policlonale
§ Linfoma a cellule T o NK di tipo nasale à è più comune nei paesi asiatici. Deriva più
frequentemente dalle cellule NK che dimostrano un immunofenotipo solitamente
CD2+, CD56+ e solo nel 10% dei casi CD3+. In quasi la totalità dei casi è
presente il genoma di EBV nelle cellule tumorali. La crescita tumorale è
angioinvasiva con occlusione dei vasi e necrosi tessutale. Le sedi coinvolte
sono quelle della regione naso-palatina con lesioni destruenti, ma non sono
infrequenti altre localizzazioni extranodali (cute, orbite, SNC, testicoli). Il
decorso clinico è particolarmente aggressivo e la prognosi infausta
§ Linfoma intestinale con o senza enteropatia à insorge più frequentemente nei pazienti portatori di
malattia celiaca, ma può manifestarsi anche in soggetti con anamnesi silente.
Il linfoma si localizza prevalentemente nel tenue, con lesioni che si
manifestano spesso in fase tardiva causando occlusione o perforazione
intestinale
§ Linfoma epatosplenico a cellule T-γδ à insorge tipicamente nel giovane maschio. La
localizzazione è solitamente epatica, splenica con tipica distribuzione
intrasinusoidale e midollare, condizionante grave piastrinopenia
§ Micosi fungoide à è prevalente nei maschi con età compresa tra i 40 e i 60 anni. Le
cellule tumorali hanno un aspetto cerebriforme e solitamente un fenotipo tipico
del linfocita T di memoria. Lo stadio iniziale può durare anni e si presenta
con chiazze cutanee confinate all’epidermide spesso confuse con eczema ad
andamento cronico recidivante; lo stadio successivo è caratterizzato dalla
comparsa di placche eritematose più rilevate e pruriginose localizzate
nell’epidermide e nel derma superficiale; nello stadio più avanzato, infine, le
placche evolvono in noduli che invadono il derma a tutto spessore e possono
ulcerarsi complicandosi con infezione, le cellule possono assumere aspetto
blastico e perdere quello cerebriforme. Nello stadio avanzato il linfoma può
inoltre estendersi ai linfonodi regionali ed infine ai visceri, oltre a potersi
riscontrare cellule tumorali nel sangue periferico (andando così a configurare
un quadro clinico di transizione con la sindrome di Sezary. Il decorso clinico
è indolente soprattutto nelle prime fasi, con remissioni durature e
sopravvivenza media di circa 8-9 anni
§ Sindrome di Sezary à è caratterizzata da linfadenopatia generalizzata,
leucemizzazione nel sangue periferico da parte di linfociti T di piccola taglia
ed eritrodermia con intenso prurito. Riscontri comuni sono esfoliazione, edema
e lichenificazione della cute, alopecia, distrofia ungueale, ipercheratosi
palmoplantare. La dimostrazione delle cellule di Sezary (linfociti T con nuclei
cerebriformi) nella cute, nei linfonodi e nel sangue periferico è diagnostica.
La sopravvivenza mediana va dai 2 ai 4 anni
Linfoma di Hodgkin
Il
linfoma di Hodgkin è una neoplasia maligna del linfocita B caratterizzata dalla
presenza della cellula di Reed-Sternberg in un ricco infiltrato infiammatorio.
Costituisce circa il 30% dei linfomi maligni, con un’incidenza pari a circa
2,5-5 casi per 100000 abitanti per anno, con lieve predilezione per il sesso
maschile (è inoltre più frequente negli USA, seguiti da Europa e Asia).
L’incidenza risulta essere bimodale, dimostrando un picco verso la fine della
seconda decade, e successivamente un aumento progressivo con l’aumentare
dell’età a partire dai 40-45 anni. Complessivamente la maggior parte dei casi
si manifesta tuttavia nell’adulto tra la seconda e la quarta decade, mentre nel
bambino e nell’anziano la malattia è rara.
La
cellula patognomonica del linfoma di Hodgkin e la cui identificazione è un
requisito necessario per la diagnosi è la cosiddetta cellula di Reed-Sternberg
(R-S), cellula gigante con ampio citoplasma, poli o mononucleata e con nuclei
plurilobato, multipli nucleoli e inclusi nucleari eosinofili. Questa cellula
non esprime i marcatori classici dei linfociti ma CD30, CD15, CD25 (recettore
per IL-2), CD71 (recettore per la transferrina) e gli antigeni di
istocompatibilità HLA di classe II.
Uno
dei più probabili responsabili della trasformazione di queste cellule è EBV, la
cui configurazione è identica in tutte le cellule di R-S di un paziente
dimostrando che l’infezione precede la trasformazione neoplastica. L’infezione
è più frequentemente evidenziata nel linfoma di Hodgkin a cellularità mista e
comporta l’espressione di una proteina ad azione trasformante propria dell’EBV
ovvero LMP-1 (latent membrane protein-1). Sia nei casi EBV+ che nei casi EBV-,
tuttavia, esiste un’attivazione del fattore trascrizionale NF-Kb (che sembra
essere dovuta, almeno in parte, ad un’amplificazione dell’oncogene c-REL) che è
implicato nell’apoptosi, nella proliferazione cellulare e nell’infiammazione,
supponendo il ruolo centrale di questo pathway nello sviluppo del linfoma. Le
cellule di R-S inoltre secernono una serie di citochine, chemochine e fattori
di crescita responsabili della formazione di quel microambiente costituito
prevalentemente da eosinofili e linfociti T che provvedono a loro volta alla
sopravvivenza delle cellule di R-S stesse (le cellule di R-S costituiscono meno
dell’1% della popolazione cellulare, mentre il resto del microambiente è
costituito da abbondante infiltrato infiammatorio). È stato infine dimostrato
un rischio aumentato di sviluppo di linfoma di Hodgkin tra i soggetti HIV+.
Dal
punto di vista istologico esistono 3 istotipi di linfoma di Hodgkin:
·
Linfoma di
Hodgkin classico
o
Linfoma di
Hodgkin a sclerosi nodulare à rappresenta l’istotipo di gran lunga più frequente (60-80% dei
casi). Istologicamente sono presentu fibre collagene birifrangenti che separano
i noduli cellulari contenenti plasmacellule, neutrofili, eosinofili e cellule
di R-S. l’EBV è solitamente negativo. Questa classe viene a sua volta
ulteriormente divisa in una sottoclasse a cellularità mista (dove prevalgono
plasmacellule, istiociti, eosinofili e soprattutto neutrofili) ed una
sottoclasse a deplezione linfocitaria (nella quale è scarsa la componente
linfoide). Clinicamente si presenta spesso in stadio iniziale con
linfadenopatie laterocervicali, sopraclaveari e mediastiniche, che si possono
manifestare come masse bulky. La prognosi è generalmente buona per l’elevata
responsività al trattamento
o
Linfoma di
Hodgkin ricco di linfociti à variante in cui le cellule di R-S, spesso mononucleate (la
variante di cellule di R-S mononucleata è definita cellula di Hodgkin), si
distribuiscono a mantello intorno ai follicoli, la cui struttura è spesso
conservata, e sono frammiste a numerosissimi linfociti reattivi. L’EBV è
positivo nel 40% dei casi, clinicamente si manifesta spesso in stadio iniziale
a buona prognosi
o
Linfoma di
Hodgkin a cellularità mista à rappresenta il 15-30% dei casi. In questa forma è evidente
l’infiltrato infiammatorio pleiomorfo diffuso composto da linfociti
(soprattutto T), plasmacellule, granulociti, istiociti, fibroblasti ed
eosinofili, frammisti ai quali si ritrovano le cellule di R-S e le cellule di
Hodgkin, mentre i noduli e la sclerosi sono meno evidenti. L’EBV è positivo in
circa il 70% dei casi. Dal punto di vista clinico può esordire già in stadio avanzato
ma la prognosi è comunque buona
o
Linfoma di
Hodgkin a deplezione linfocitaria à variante rara, più comune nei pazienti HIV+, nei paesi in via di
sviluppo e nei soggetti di età avanzata. La componente linfocitaria e
infiammatoria è scarsa e le cellule di R-S sono numerose e frammiste a zone di
fibrosi e necrosi. Spesso è presente la positività per EBV. È la variante a
prognosi peggiore
·
Linfoma di
Hodgkin a predominanza linfocitaria nodulare
o
Si tratta di una
variante relativamente rara che può porre difficoltà diagnostiche differenziali
con il linfoma non-Hodgkin. È prevalente nei pazienti di sesso maschile con un
picco di incidenza nella terza-quarta decade. È caratterizzato dalla presenza
delle cosiddette cellule pop-corn, ovvero grandi cellule che costituiscono una
variante delle cellule di R-S, caratterizzate da citoplasma pallido, nucleo
plurilobato (da cui il nome pop-corn) con piccoli nucleoli basofili.
L’immunofenotipo è peculiare in quanto queste cellule sono CD19+, CD20+ (per la
numerosa presenza di linfociti T e B e per la CD20 positività può essere
confuso con il linfoma diffuso a grandi cellule B), CD22+, CD45+, CD79a+, EBV-,
CD15- e CD30-. Il termine nodulare deriva dalla presenza di noduli costituiti
da piccoli linfociti e istiociti, ai cui margini si distribuiscono le cellule
pop-corn e rarissime cellule di R-S classiche. Si manifesta spesso in stadio
iniziale ed ha un andamento clinico indolente caratterizzato da recidive anche
a distanza di anni (ora ridotte dall’utilizzo di rituximab)
·
Linfoma di
Hodgkin non classificabile per quei casi non ascrivibili nei precedenti due
sottotipi
Quadro
clinico: i linfomi di Hodgkin si manifestano con linfadenopatie di consistenza
duro-elastica, adese e non dolenti. A differenza dei linfomi non-Hodgkin, il
linfoma di Hodgkin si propaga in senso centripeto e per contiguità lungo il
decorso dei vasi linfatici. Il coinvolgimento non è quasi mai simmetrico. Le
masse bulky sono frequenti a livello mediastinico e possono comportare la
comparsa della sindrome della vena cava superiore (o sindrome mediastinica)
costituita da ccongestione del volto con cefalea, edema sottocutaneo a
mantellina, tosse, dispnea, dolore toracico e cianosi. Si può associare
versamento pleurico e pericardico. L’interessamento extranodale è inusuale se
non negli stadi più avanzati. Più spesso dei linfomi non-Hodgkin è accompagnato
dai sintomi B (soprattutto se lo stadio è avanzato). Si associano astenia,
anoressia e un segno particolare è l’intolleranza all’alcol (dolore acuto
localizzato in una o più catene linfonodali ingrossate dopo pochi minuti
dall’ingestione di bevande alcoliche).
Agli
esami ematochimici è possibile evidenziare uno spiccato aumento degli indici di
flogosi. LDH e β2microglobulina possono essere elevate. All’emocromo si
evidenzia spesso l’anemia delle malattie croniche, la leucocitosi con
neutrofilia, la linfocitopenia e in rari casi eosinofilia. Come per i linfomi
non-Hodgkin, anche per la diagnosi di linfoma di Hodgkin è fondamentale la
biopsia linfonodale.
Per
la stadiazione occorre poi eseguire RX del torace, TC di collo, torace, addome
e pelvi senza e con mdc, PET total body e biopsia osteomidollare. Solo in caso
di sospetta localizzazione ossea o compressione epidurale occorre eseguire
rispettivamente scintigrafia ossea o RM del rachide. La localizzazione al SNC è
rarissima per cui non occorre eseguire la rachicentesi a scopo diagnostico,
così come è rara la localizzazione all’anello di Waldeyer, per cui l’esame
fibroscopico risulta non necessario se non sono coinvolte le stazioni
linfoghiandolari cervicali.
Per
quanto riguarda la terapia, i linfomi di Hodgkin sono malattie guaribili in
circa l’80% dei casi con l’associazione di chemioterapia e radioterapia. Circa
il 20-25% dei casi ricade dopo la terapia di prima linea. I pazienti che
ricadono entro 12 mesi dal termine della terapia di prima linea presentano una
prognosi inferiore. La terapia del linfoma di Hodgkin ricaduto consiste nella
chemioterapia ad alta dose seguita da reinfusione di cellule staminali autologhe.
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